1 Kg di spaghetti 0,50 euro, 700 grammi di passata di pomodoro meno di 0,40 euro. Possibile?

11 novembre 2018

No, non è possibile, racconta Giuseppe Li Rosi, protagonista di ‘Simenza’, al quale ci siamo rivolti per farci spiegare come fa la Grande distribuzione organizzata a vendere a prezzi così bassi due prodotti classici della Dieta Mediterranea. La spiegazione è tremenda. Ma vale la pena di leggera. Per riflettere su che cosa dobbiamo e, soprattutto, non dobbiamo portare sulle nostre tavole. Il pomodoro e il caporalato 

Ci facciamo un piatto di spaghetti al sugo di pomodoro? Magari acquistiamo tutto in un bel centro commerciale. Ma appena andiamo alla ricerca della pasta e del pomodoro, zatc!, la sorpresa: un pacco di spaghetti da un Kg lo possiamo acquistare a 0,50 euro! E quasi 700 grammi di passata di pomodoro a poco meno di 0,40 centesimi di euro. Sì, avete letto bene: mezzo euro per un kg di spaghetti e meno di mezzo euro per 700 grammi di passata di pomodoro! 

E’ un ‘affare’? Non esattamente. Perché, a nostro modesto avviso, un Kg di spaghetti non può costare mezzo euro. Così come 700 grammi di passata di pomodoro non possono costare meno di 0,40 centesimi di euro. Anche con le offerte natalizie – ma ancora non siamo a Natale – non si può arrivare a prezzo così stracciati.

Ci sbagliamo? A questo punto andiamo a chiedere ‘lumi’  Giuseppe Li Rosi, protagonista di Simenza, un’esperienza tra le più interessanti portate avanti in Sicilia nel mondo dell’agricoltura, grano compreso (QUI TROVATE UN ARTICOLO SU SIMENZA E SU LI ROSI).

“Un Kg di pasta 0,50 centesimi? Impossibile. Questo prezzo è un’offesa alla dignità del cibo. Se la debbo dire tutta, siamo davanti a un esempio di ‘mangimistica umana’. Certo, potrebbe essere un’offerta, magari vendono sotto costo. Ma, in ogni caso, è un prezzo troppo basso”.

Chiediamo a Li Rosi quanto costa produrre un Kg di pasta, ovviamente di grano duro. E siccome quelli de Il Fatto alimentare dicono che il grano duro estero costa più di quello italiano (noi non ci crediamo, ma loro lo scrivono, COME POTETE LEGGERE QUI), partiamo dal grano duro italiano.

“Se partiamo dal nostro grano duro tradizionale – ci dice Giuseppe Li Rosi – dobbiamo ricordare che si vende a 18 euro al quintale. Se consideriamo la raccolta, la molitura e la pastificazione arriviamo, tenendoci bassi, ad un costo di circa 45 centesimi di euro al Kg. Poi c’è lo sfrido del frumento, che porta i costi intorno a 55 centesimi di euro al Kg. E ancora il costo di distribuzione e il ricarico. Come si può notare, siamo ben oltre i 50 centesimi di euro al Kg”.

Vero è che la Grande distribuzione organizzata ‘strozza’ i fornitori. Ma, a rigore, nella pasta confezionata, oltre al ricarico operato dalla Grande distribuzione organizzata, ci dovrebbe essere anche il ricarico di chi produce la pasta. Se mi costa 0,55 centesimi di euro al Kg, senza considerare il costo dei trasporto, la consegno alla Grande distribuzione organizzata perdendoci? Che senso avrebbe? 

Ma se chi produce la pasta, tenendoci bassi, deve spendere 0,55 centesimi di euro al Kg, senza contare i costi di distribuzione, come fa la Grande distribuzione organizzata a vendere un Kg di pasta 0,50 centesimi di euro? Una ‘guerra’ tra centri commerciali e quindi vende sottocosto?

Dite la verità: voi riuscite a immaginare la Grande distribuzione organizzata che lavora perdendo soldi?

Forse la risposta potrebbe essere un’altra. Magari è legata al via vai di navi cariche di grano estero che arrivano in Italia.

Con Li Rosi siamo partiti dal presupposto che la pasta sia stata prodotta con grano duro tradizionale italiano, che si vende a 18 ero al quintale (che, lo ricordiamo, è già un prezzo stracciato, perché produrre un Kg di grano duro, nel Sud Italia, zona d’elezione, costa da 22 a 24 euro al Kg).

E se, invece, la pasta venisse prodotta con grano duro non italiano, ovvero con il grano duro che arriva con le navi, venduto a un prezzo inferiore – magari molto inferiore – a 18 euro al quintale? Beh, allora i conti tornerebbero…

Chiediamo a Li Rosi quanto dovrebbe costare un Kg di pasta prodotta con grani duri antichi coltivati in biologico. Perché, ci spiega lo stesso protagonista di Simenza, i grani antichi si coltivano in biologico.

“Un Kg di pasta di grani duri antichi – ci dice Li Rosi – dovrebbe costare ai consumatori tre euro e mezzo o, al massimo, 4 euro al Kg”.

Andiamo alla passata di pomodoro: quasi 700 grammi meno di 0,40 centesimi in confezione in vetro.

“Anche questo prezzo – sottolinea Li Rosi – è impossibile. Se è pomodoro italiano, ebbene, è la prova del caporalato. Perché un prezzo così basso, per il pomodoro italiano, può essere giustificato solo con il caporalato, cioè con lo sfruttamento selvaggio della manodopera. Oltre che, naturalmente, con la chimica a tutto spiano”.

La chimica non è altro che il ricorso ai pesticidi.

Che dire in conclusione di quest breve digressione su un piatto – gli spaghetti al pomodoro – che dovrebbe essere uno degli emblemi della cosiddetta Dieta Mediterranea?

“Quello che posso dire – conclude Li Rosi – è che la Grande distribuzione organizzata è un cancro. Ora questi signori sono entrati pure nel settore biologico. Speriamo che non lo sporchino”.

Foto tratta da expo2015.org

 

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