terza pagina/ Chiamami col tuo nome

20 ottobre 2018

Oggi, per la nostra rubrica culturale, vi proponiamo una recensione del film del regista palermitano, Luca Guadagnino

 

terza pagina

a cura di Dario Cangemi

Ho positivamente rivalutato l’ultimo film di Luca Guadagnino ‘Chiamami col tuo nome’ (Call me by your name).

La storia di un amore così assoluto da diventare fraterno, la bellezza che Guadagnino contempla e studia è una bellezza senz’altro idealizzata.

Lo stato affettivo, motore del film del regista palermitano (nella foto, al centro, con i due protagonisti), è il desiderio.

“La storia è semplicissima. 1983: il padre del diciassettenne Elio (Timothée Chalamet) ospita ogni estate dei borsisti nella casa di campagna in Lombardia, e quest’anno tocca all’atletico Oliver (Armie Hammer). Elio ne rimane turbato, non osa corteggiarlo, e nel frattempo scopre il sesso con una ragazza (Esther Garrel). Per un’ora non accade quasi nulla, se non piccole epifanie (la più potente, l’emergere di una statua bronzea dalle acque di un lago), vagabondaggi, in un’atmosfera quasi panica. Quando la storia d’amore e di sesso si fa esplicita, invece, i binari sono un po’ obbligati, e si perde in atmosfera”. Emiliano Morreale, La Repubblica.

Ogni attimo, ogni momento, è accompagnato da una cornice idilliaca, affascinante. Il film ha infatti luogo in una villa seicentesca nei dintorni di Crema, I ricchissimi e coltissimi ebrei trascorrono le loro giornate in una sorta di bolla aristo-dem (sigarette, liquori e spinelli liberi), parlando di Prassitele ed Eraclito e traducendo testi in Tedesco.

Le splendide note di Mystery of love cantata e prodotta da Surfjan Stevens, colonna sonora del film, rimandano ad una leggerezza malinconica, ad attimi incostanti di felicità. Che vale la pena provare.

Il desiderio, il nucleo di tutto.

Il desiderio dei corpi giovani per cui i protagonisti sono ritratti alla stregua delle statue elleniche tanto amate dal padre di Elio, archeologo.

La pena amorosa risulta alla fine essere così una fonte alla quale abbeverarsi.

‘’…ma forzarsi a non provare niente, per non provare qualcosa. Che spreco…’’

Guadagnino entra senza dubbio nell’olimpo dei grandi (per me già da ‘’A Bigger Splash’’) con un film sottile e sofisticato, mai banale nella sua apparente semplicità, delicato e sensuale, forte e malinconico.

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