Politiche del lavoro/ L’USB: qualche precisazione sui Cpi della Sicilia

19 ottobre 2018

“Restiamo sempre basiti da certe dichiarazioni che, in attesa di essere ascoltati dal Ministero, speriamo si ricompongano in esternazioni di lucida autocritica, perché il primo rischio è di apparire come una regione del terzo mondo, ma forse anche da quarto; il secondo è di fare la figura di chi non sa proprio nulla su come dirigere un Cpi ed è lì che si pone il problema vero!”

da Alessandra Canto, Costantino Guzzo e Sandro Cardinale
tutti esponenti dell’Unione Sindacale di Base (USB)
riceviamo e pubblichiamo

L’USB vuole rispondere a quest’intervista anche se non siamo riusciti ad ascoltare il video per intero perché al “se avrei…” le orecchie hanno cominciato a sanguinare e abbiamo dovuto fermarci.

Il dirigente afferma che i Cpi hanno operato secondo le norme nazionali per onorare i LEP previsti: non ci risulta! Gli ex lavoratori licenziati da anni, oltre che essere Esperti in Politiche Attive del Lavoro, in quanto disoccupati, hailoro, sono stati fruitori dei Cpi, purtroppo, da utenti.

I Cpi siciliani ciò che hanno garantito fino ad oggi e da quando gli Operatori degli Sportelli Multifunzionali non operano più nel settore è solo l’acquisizione della DID che ogni utente sviluppa online dal proprio pc. Applicare un protocollo di entrata non è adempiere a ciò che la legge inquadra come LEP. La verifica della Ricerca Attiva del lavoro, nel periodo in cui il disoccupato usufruiva degli ammortizzatori sociali, è stata fatta solo da alcuni Cpi, che poi più che di verifica si trattava di ricezione di documenti da parte dell’utente.

Sappiamo bene che recandosi in uno di questi sportelli nessun utente avrà mai un orientamento, nemmeno di primo livello.

Per non parlare di bilancio di competenze, propedeutico a valutare che tipo di percorso ogni utente ha bisogno di fare per il più efficace inserimento lavorativo.

Forse ci siamo persi qualcosa o fanno cose che non ci siamo accorti che facciano?

Piuttosto che preoccuparsi di “dove mandare a lavora il cittadino”, dovrebbe prendere in carico le problematiche da trattare con esso, tipo “cosa sa fare?”, “cosa possiamo fare come Istituzione per immetterlo nel lavoro con una più alta ed efficace potenzialità personale?”.

Hanno aiutato quanti utenti ad elaborare un curriculum vitae che metta in risalto le potenzialità personali a seconda delle candidature o una lettera di presentazione. Hanno orientato, insomma, al “sapersi candidare”? Che percorso formativo possiamo proporre per rendere l’utente più spendibile nel mondo del lavoro?

Restiamo sempre basiti da certe dichiarazioni che, in attesa di essere ascoltati dal Ministero, speriamo si ricompongano in esternazioni di lucida autocritica, perché il primo rischio è di apparire come una regione del terzo mondo, ma forse anche da quarto; il secondo è di fare la figura di chi non sa proprio nulla su come dirigere un Cpi ed è lì che si pone il problema vero!

Gli Esperti in Politiche Attive propongono a questo dirigente un corso di formazione professionale di “alfabetizzazione di base”, intanto, e successivamente, un aggiornamento sulle norme nazionali. Come ciliegina finale si propone un corso avanzato di “esperto in gestione delle risorse umane”.

Ci auguriamo vivamente che si preoccupi di dire la verità sullo stato dei fatti e non di giocare a fare il legislatore di norme relative alle assunzioni del personale che proprio non è di sua competenza.

Tanto si doveva!

QUI L’ARTICOLO SUI CENTRI PER L’IMPIEGO DEL GIORNALE DI SICILIA 

Foto tratta da democratica.com

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