Elezioni europee: più Europa o più nazionalismo?

14 ottobre 2018

Se l’Unione Europea continuerà ad essere solo l’Europa dei mercati, non andrà lontano. Ma c’è un’altra possibilità: tornare al progetto originario di una unione di popoli…

di Natale Salvo

 

Tra il 23 ed il 26 maggio del 2019 si terranno in Europa le elezioni per il rinnovo del Parlamento comune. É a tutti chiaro che si svolgeranno in un clima di aperta sfida tra eurofili ed euroscettici. Quelle che si presentano per la nona volta, potrebbero essere le ultime elezioni per questa istituzione, almeno per come la conosciamo.

Ma vogliamo veramente l’abolire l’Unione Europea?

L’Europa è lontana dall’essere perfetta, ma non è neanche quel buco nero che tutto distrugge come viene descritta da certuni.

Senza dubbio, sono evidenti i benefici ottenuti da alcuni settori e in numerose regioni grazie alle azioni politiche condotte da Bruxelles.

Senza dubbio, nulla meglio che l’Unione Europea può garantire quella pace che, al contrario, i nazionalismi hanno sempre minacciato. I conflitti in Bosnia, del 1991 e del 1995, poi in Kosovo e poi in Ucraina hanno mostrato che la polveriera è sempre là; che l’Unione Europea rappresenta il secchio d’acqua e che il nazionalismo, dalla notte dei tempi, rappresenta la scatola dei fiammiferi.

É la guerra il desiderio profondo dei popoli?

Gli errori dell’Unione Europea: poca Europa, solo Mercati.
Qui, naturalmente, non voglio escludere l’Europa, “questa” Unione Europea, da critiche.

Gli errori più evidenti dell’attuale Europa sembrano essere almeno due.

Intanto, l’Unione Europea ha sbagliato a permettere trattamenti salariali e fiscali diversi al proprio interno. Creare un mercato unico tra paesi che fanno della concorrenza anche sottocosto (dumping) tra loro non poteva che creare un confronto disastroso. I nostri fornitori di servizi sono stati saccheggiati da quelli con sede in Irlanda o Slovenia, dove le imposte sono più basse. I nostri lavoratori sono diventati disoccupati sotto la sfida di quelli polacchi o rumeni che, con la direttiva “lavoratori in trasferta” (n. 71/1996), venivano pagati secondo i salari dei paesi di provenienza e non quelli del paese ospitante.

Quindi, il secondo errore è quello d’aver abolito le barriere doganali al proprio interno senza aver rafforzato quelle esterne. Le nostre fabbriche sono crollate sotto i colpi delle importazioni dalla Cina (ma non solo da qui), dove i salari sono più bassi. Trattati come CETA – firmato col Canada nel 2017 – e TTIP, ancora in discussione con gli Stati Uniti, non fanno che indebolire il nostro mercato interno.

Questi due errori hanno evidentemente fatto precipitare una parte della popolazione nella povertà o nella precarietà, e quindi nelle braccia degli estremisti.

Socialismo o Capitalismo? Questa la scelta per l’Europa?
Si tratta, tuttavia, di azioni politiche ancora reversibili.

Il problema sta nel comprendere se chi guida oggi l’Europa voglia tornare indietro rispetto a tali direzioni e creare un’Europa dei Popoli e non solo un’area di libero scambio di merci e movimento di lavoratori.

Tali problemi ne nascondono, infatti, uno più grande e di respiro culturale prima d’ogni altra cosa.

L’Europa vuole difendere quel che resta dello Stato-Provvidenza d’origine socialista … o vuole continuare ad essere il veicolo teleguidato dagli Stati Uniti, del loro progetto capitalista ed imperialista mondiale ?

In caso di risposta negativa, è chiaro, che le prossime elezioni rappresenteranno una rivoluzione politica.

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