Alici sott’olio di Parma e grano duro Senatore Cappelli a Bologna: ‘colonizzazione’ del Sud completata!

12 ottobre 2018

Dopo il grano duro canadese, dopo il grano Senatore Cappelli ‘bolognesizzato’ (e privatizzato), dopo il pomodoro cinese, dopo le arance marocchine con la straordinaria partecipazione dell’olio d’oliva ‘extra vergine’ tunisino, ecco le alici d’Albania salate e sott’olio, ma confezionate a Parma. Sud ‘colonizzato’ anche con la salagione del pesce azzurro, alla faccia di Sciacca e di Aspra! 

Vi sembra normale, a Palermo, entrare in un supermercato, cercare le alici sott’olio e accorgersi, per caso, che ci stavano rifilando alici pescate in Albania, forse lavorate nella stessa Albania e poi confezionate a Parma? A Parma, sì in Emilia Romagna: ma cosa c’entra Parma con il mare? E perché in Sicilia e nel Sud Italia dobbiamo mangiare le alici salate sott’olio confezionate a Parma?

La globalizzazione dell’economia, già. La globalizzazione italianizzata. Dove il Centro Nord (una volta era solo il Nord) si appropria delle produzioni del Sud. E’ successo con la varietà di grano duro Senatore Cappelli, privatizzata sotto l’egida del passato Governo nazionale di centrosinistra e finita nella mani della società bolognese SIS.

Non ci crederete: qualche giorno fa, nel corso di una riunione promossa dall’assessorato regionale all’Agricoltura – una delle branche dell’amministrazione regionale più dannose della nostra disastrata Sicilia, dannosa non in sé, ma per come viene gestita – nel corso di tale riunione, dicevamo, convocata per parlare di questione sementiera, cioè di sementi, la privatizzazione della verità Senatore Cappelli è stata portata come esempio ‘virtuoso’…

Pensate un po’: un agricoltore del Sud Italia può seminare il grano Senatore Cappelli, ma non lo può vendere come tale, né può vendere pasta e pane prodotti con grano Senatore Cappelli. Tutto perché una società privata bolognese vi ha messo – è il caso di dirlo – il ‘cappello’: sì il ‘cappello’ dei bolognesi della SIS sul grano duro Senatore Cappelli, gloria e vanto della granicoltura meridionale!

E che fa il Governo regionale siciliano? Convoca una riunione per parlare della tutela delle sementi, invita i ‘capi’ della SIS e gli dice:

“Ma che bravi che siete! Avete scippato al Sud, grazie al Ministero delle Risorse agricole ai tempi del PD al Governo dell’Italia, la cultivar Senatore Cappelli e noi siamo felici e contenti di essere trattati come sottosviluppati e colonizzati…”.

Inutile parlare dell’assessorato all’Agricoltura della Regione siciliana, perché c’è solo da ridere amaro. Del resto, l’assessore, il giovane assessore che è stato messo lì, il siracusano Edy Bandiera, deve la sua nomina al ‘capo’ di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana.

Pensate un po’: Miccichè, nella sua vita, qualche pianta di grano l’avrà vista, da bambino, a Carosello: e questo signore ha nelle mani i destini dell’agricoltura siciliana. I risultati si vedono: olio d’oliva tunisino che arriva in Sicilia a tempesta, grano avvelenato che arriva con le navi senza alcun controllo, passata di pomodoro cinese, arance marocchine, limoni argentini e, adesso, anche le alici albanesi salate (con il sale ucraino?) sott’olio (olio d’oliva tunisino ‘italianizzato’?).

Signori, la Pesca, in Sicilia, sotto il profilo amministrativo, dipende dall’assessorato all’Agricoltura. Quindi il parallellismo grano Senatore Cappelli-alici albanesi di Parma ci sta proprio tutto.

E’ successo con il grano Senatore Cappelli e sta succedendo pure con le alici. Riflettiamoci un po’: in Sicilia, nel Sud, quando parliamo di alici pensiamo al nostro mare, pensiamo alle alici pescate nei nostri mari, pensiamo al nostro olio d’oliva, pensiamo al sale prodotto nelle saline (quando in Sicilia operavano le vecchie tonnare c’era quasi sempre una parte del tratto di costa dedicata alle saline per salare una parte del pesce: e supponiamo sia così in altre parti del Mezzogiorno).

Invece, al supermercato, con davanti ai nostri occhi sette-otto marche di alici salate sott’olio, lo sguardo si è posato su un barattolo un po’ più costoso rispetto agli altri. Dimensioni del barattolo quasi uguali, ma con un prezzo leggermente superiore. Così ci è venuta la curiosità di capire il perché.

Ecco la spiegazione: il barattolo di alici che costa di più è stato prodotto confezionato ad Aspra, provincia di Palermo. E gli altri barattoli? Tutti, dicasi tutti con dentro alici pescate in Albania e confezionate a Parma!

Così, a Palermo, complice la grande distribuzione organizzata, mangiamo alici salate sott’olio albanesi confezionate a Parma!

E le alici di Sciacca, provincia di Agrigento? Non abbiamo trovato una sola confezione di alici di Sciacca. Che, per storia è tradizioni era/è – non lo sappiamo più – il più importante polo di salagione del pesce azzurro della Sicilia!

Per curiosità siamo entrati in un altro supermercato. Stessa musica: prevalenza delle alici d’Albania confezionate a Parma, ci sono le alici salate sott’olio di Aspra, ma niente Sciacca.

Ci siamo fermati a tre supermercati. Un piccolo campione, certo. Però se a prevalere, nettamente, le alici salate e sott’olio confezionare a Parma un motivo ci sarà.

A questo punto abbiamo pensato alla pasta c’anciova. Per la precisione alla ‘Pasta c’anciova e muddica atturrata’. Bucatini o Margherite.

Allora, vediamo gli ingredienti di questo piatto della tradizione meridionale ‘rivisitato’ dopo la colonizzazione alimentare:

pasta con grano duro Senatore Cappelli coltivato a Bologna dalla SIS con la ‘benedizione’ della Coldiretti

estratto di pomodoro cinese

cipolla francese

aglio spagnolo

sale rigorosamente non siciliano

acciughe di Albania, ma confezionate a Parma (altrimenti di che parliamo?)

pangrattato da pane di grano duro rigorosamente canadese

pepe, passoline e pinoli d’oltreoceano

e, oplà, ecco la vera Dieta Mediterranea…

 

 

 

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