Battaglia del grano: la Regione non c’è. Non resta che la ‘rivoluzione’/ MATTINALE 144

27 agosto 2018

Il Governo della Regione siciliana non è interessato a bloccare il grano estero che arriva nei porti della nostra Isola. La Storia insegna che, quando la via istituzionale non è percorribile, non rimane che la via rivoluzionaria. Non vi spaventate: questo non significa uscire fuori dalla legalità ma, al contrario, farla valere (perché oggi, spesso, il grano estero che arriva con le navi è ‘tossico’ illegale)

In un precedente articolo abbiamo criticato l’ondivaga posizione del Presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, nella difesa del grano siciliano: quando era all’opposizione lottava per i controlli sul grano in arrivo nei porti siciliani, appena eletto a capo del Governo dell’Isola ha voltato la faccia dall’altra parte (COME POTETE LEGGERE QUI). Nell’approntamento di una strategia di difesa del nostro grano (difesa che diventa ogni giorno che passa sempre più urgente) si deve quindi tenere conto del’inaffidabilità di Musumeci e, pertanto, dell’inutilità dell’intero sistema Regione.

Una battaglia di difesa del nostro prodotto più prezioso ha tante maggiori possibilità di successo, in quanto più profondamente acquisisca concettualmente la consapevolezza di non potere contare assolutamente sull’appoggio né, tantomeno, sulla guida della Regione, impantanata com’è nelle sue contraddizioni e nell’uso spregiudicato e nello spreco mirato delle risorse a disposizione e, soprattutto, nella sua incapacità, dolosa o colposa – decidete voi – sull’uso dei suoi poteri di intervento.

Ciò che non aiuta una causa, se è tirato in ballo controvoglia, paradossalmente aiuta la soluzione. Siamo nella felice circostanza che questa battaglia, per essere combattuta e vinta non ha bisogno di avere la Regione né al proprio fianco, né come guida e soprattutto nella certezza che la Regione, se non vuole aiutare, non può nemmeno “sdirrubbare”.

Purché, però, si realizzi preventivamente, come precondizione dell’avvio della strategia, l’unità di tutti. E quindi a condizione che nessuno rompa il fronte dei produttori e non cada nella tentazione di trasformarsi in accattone della politica e vada a caccia di mancette.

Nell’articolo precedente ho accennato alla metafora degli ascensori, di un ascensore che sale, quello dell’invasione del grano estero e l’altro, che scende e che rappresenta la produzione interna. Il percorso dell’ascensore che scende porta ad un solo risultato: la fine della produzione locale e l‘inizio dell’occupazione straniera, la quale, attenzione, quando sarà padrona del mercato, imporrà a secondo della propria convenienza, i prezzi che vorrà e la merce che vorrà, o tutte e due le cose insieme.

Se invece l’ascensore che sale, quello degli invasori, viene fermato, ecco che la produzione interna acquista valore e significato nel mercato interno, sul presupposto però che questo mercato venga governato da regole di onestà e rispetto della qualità.

E arriviamo al punto critico, decisivo. Come si ferma l’ascensore dell’invasione? La Storia ci insegna che, esperita con insuccesso la via istituzionale, non resta che la via “rivoluzionaria”. Porre in essere senza mai uscire dalla legalità, anzi facendosene scudo, azioni forti per fermare questo commercio micidiale. E’ triste dover definire rivoluzionario un richiamo all’uso degli strumenti della legalità, ma in Sicilia questo è il paradosso dei nostri giorni.

Di altri mezzi, che pure ci sono, parleremo accademicamente un’altra volta…

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