Ripensando a Rodolfo Graziani, l’uomo più spregevole dell’Italia fascista/ MATTINALE 131

13 agosto 2018

Il personaggio è stato responsabile di atti indicibili. Ed è bene ricordarlo oggi che tornano a farsi sentire rigurgiti fascisti. Dopo i feroci delitti di cui si macchiò in Africa – dove dimostrò di essere anche un pessimo militare – non solo non pagò mai per quello che ha fatto, ma aderì anche al Movimento sociale italiano invece che fucilato alla schiena 

In questi giorni di rigurgiti nazifascisti, alimentati da un personaggio cinico, ignorante e volgare, dal quale persino Giorgia Meloni, epigona segretaria dei Fratelli della Costa, prende le distanze, è bene rinfrescare la memoria dei tanti italiani che hanno dimenticato e tentare di imprimere nella memoria di quanti memoria non hanno una figura emblematica di un passato inglorioso, il maresciallo Rodolfo Graziani, l’uomo più spregevole dell’Italia fascista.
Un passato a cui una minoranza di falliti nella vita si richiama come a un periodo “glorioso”.

Graziani fu qualcosa di ben diverso dal guerriero: profilo cesareo, chioma scomposta, statura imponente. La riconquista della Tripolitania e della Cirenaica venne da lui compiuta con ferocia spietata, con impiccagioni e fucilazioni, campi di concentramento, e gravissimi errori politici, quale l’esecuzione di Omar Al Muktar, vecchio capo arabo, la cui morte rinfocolò l’odio e la guerriglia.

Altrettanto dicasi in Etiopia. L’attentato subito da Graziani a Addis Abeba il 19 febbraio 1937 fu l’avvio di una spietata rappresaglia con almeno 3.000 vittime civili.

Tornò in Italia incattivito, deluso, pauroso persino della propria ombra. Lasciò alle sue spalle un’esecrazione profonda per il sangue sparso, per l’uccisione di Abuna Petros, il Papa degli Etiopi, per la strage dei monaci di Debra Marcos, il massimo santuario Copto, per l’esecuzione dei figli di Ras Cassà che si erano consegnati volontariamente alle truppe italiane.

Inviato in Africa settentrionale a comandare il fronte italiano più importante della seconda guerra mondiale, non si rivelò all’altezza del compito. Esitava, non agiva, non aveva alcun piano. Stava sprofondato in una antica tomba romana presso Cirene, lontano centinaia di kilometri dalle prime linee, per paura dei bombardamenti, e lì lo colse impreparato l’offensiva inglese che gli inferse una tale sconfitta da costringere Mussolini all’umiliazione di pregare Hitler di mandare un suo generale, e Hitler mandò Rommel.

Invano Graziani tentò di difendersi in tribunale per il periodo di Salò. Le firme sotto i bandi che comminavano la pena di morte ai giovani che non si fossero presentati alla chiamata alle armi erano sue e nessuna scolorina potrà mai cancellarle dalla Storia. Ed era pur lui ministro della difesa di Salò, moralmente e direttamente responsabile delle esecuzioni sommarie dei rastrellamenti, degli arresti, delle deportazioni delle feroci rappresaglie.

Il processo finì a tarallucci e vino. Fu condannato a 19 anni di cui 17 condonati. Dopo 4 mesi era in libertà (QUESTA E’ L’ITALIA, rassegnatevi, gente seria che avete la sventura di nascervi e viverci!). Si iscrisse al MSI, di cui diventò presidente. Morì nel suo letto, invece che legato ad una sedia, e fucilato alla schiena.

Le colpe non espiate diventano un peso talvolta insopportabile per un popolo in cammino.

Foto tratta da televignole.it

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