Il PD siciliano senza soldi: è normale dopo aver governato l’Italia e la Regione?

24 luglio 2018

Come può un partito che fino a qualche mese fa governava l’Italia presentare in Sicilia un ‘buco’ di circa 100 mila euro? Tanto più che, fino al novembre dello scorso anno, governava anche la Regione siciliana. I dipendenti di questo partito erano degli ‘scialacquatori’ o chi viene eletto nelle istituzioni non contribuisce per come dovrebbe?

Il ‘caso’ dell’ex presidente del Senato, Piero Grasso, eletto nel 2013 nel PD, non è l’unico. Com’è noto, a Grasso il partito – adesso anche con un decreto ingiuntivo – chiede 83 mila e 250 euro. Sono i soldi che l’allora numero uno di Palazzo Madama avrebbe dovuto versare al partito (circa mille e 500 euro al mese), ma che Grasso non avrebbe mai versato. I soldi, a quanto pare, mancano anche in Sicilia, dove il Partito Democratico si ritrova a fronteggiare una crisi finanziaria pesante.

La cosa strana è che si tratta di un partito che, fino a pochi mesi fa, era al Governo della Regione siciliana e dell’Italia. A quanto pare ci sono parlamentari nazionali di questo partito eletti in Sicilia che non pagano le quote. Una di queste è la parlamentare Valeria Sudano, un’ex democristiana transitata nel PD qualche anno fa, ai tempi in cui Matteo Renzi era il segretario del partito.

Risulta interessante, a tal proposito, un post su facebook di Antonio Ferrante, dirigente del PD di Palermo. Scrive Ferrante:

“Alcune considerazioni doverose in merito all’intervista della senatrice Valeria Sudano apparsa oggi su La Repubblica che, chiamata in causa per il mancato versamento del contributo al PD da capolista (e quindi eletta già all’atto della firma della candidatura), risponde in sostanza che non ha versato perché si è dovuta pagare da sola la campagna elettorale e, per colpa delle dimissioni mie e dei miei colleghi di segreteria, si è trovata un partito che le remava contro. Non so se è chiaro alla senatrice che sono state le candidature come la sua a scatenare la rabbia della nostra comunità che si è vista scavalcata e calpestata dalla prepotenza di chi aveva la penna in mano in quel momento, puntualmente concretizzata nel risultato più mortificante d’Italia, un tracollo per tutti tranne per chi, come lei, ha ottenuto comunque un posto sicuro”.

Ferrante fa riferimento alla sconfitta del PD alle ultime elezioni politiche, con il partito precipitato a poco più del 18%. In occasione della scelta dei candidati – quasi tutti scelti da Renzi e dai renziani – non sono mancate le polemiche. E le dimissioni.

“Le nostre dimissioni, poi – scrive sempre Ferrante – sono state un atto di vicinanza alla nostra comunità, uomini e donne che ogni giorno senza titoloni o indennità tirano la carretta per amore del PD e della nostra terra contribuendo in termini non solo economici, ai quali abbiamo chiesto di restare e votarci con l’impegno, già mantenuto in questi mesi, di riportare nel nostro partito coerenza e idee dopo la devastazione culturale operata in questi anni dalla corrente della senatrice e dai ‘cespugli’ alleati fino a maggiore offerta”.

La “corrente della senatrice” è quella del parlamentare regionale catanese, Luca Sammartino, esponente di una nota famiglia imprenditoriale della provincia Etnea. Sammartino e Valeri Sudano, come ricordato, sono passati nel PD proprio grazie a Renzi.

“Per queste ragioni – scrive sempre Ferrante – ritengo che le affermazioni di una delle poche ‘elette’ rappresentino un insulto non solo per la situazione dei nostri dipendenti, ma soprattutto perché ai principi di comunità e solidarietà , che la sua corrente ha calpestato già all’atto delle candidature, la senatrice continua a contrapporre quello della strumentalità secondo cui si paga se si comanda, un’idea che segnerebbe la morte del PD alla quale noi ci contrapporremo con tutte le nostre forze”.

In questa storia ci sono tre elementi sui quali proviamo a riflettere.

Il primo è legato al ruolo che ha svolto il PD in Italia dal 2013 fino a quando ha lasciato il Governo del nostro Paese. Prima della batosta elettorale era un partito del 30%: il primo partito in Italia.

Precisazione importante per sottolineare l’assurdità di un partito che, in Sicilia (dove, lo ricordiamo ancora una volta, ha governato la Regione fino al novembre dello scorso anno), non dovrebbe restare senza risorse finanziarie.

Tra l’altro, nel PD ci sono delle regole che riguardano proprio gli eletti nelle istituzioni, i quali debbono contribuire alle spese del partito. Se i soldi mancano gli scenari non possono che essere due: o i dipendenti del partito sono tanti, o chi è eletto nelle istituzioni – quindi i parlamentari nazionali o regionali – non intervengono in ragione di quanto dovrebbero.

Non sappiamo che cosa sia successo, ma è un po’ incredibile che, in Sicilia, un partito come il PD presenti un ‘buco’ di 100 mila euro, come scrive La Repubblica.

Il secondo elemento lo spiega lo stesso Ferrante, là dove scrive della senatrice Valeria Sudano “chiamata in causa per il mancato versamento del contributo al PD da capolista (e quindi eletta già all’atto della firma della candidatura)”.

Non possiamo non stigmatizzare il malcostume introdotto con l’attuale legge elettorale – il Rosatellumche consente al capolista (in questo caso alla capolista Valeria Sudano) di risultare, come scrive Ferrante, “eletta già all’atto della firma della candidatura”.

Da qui si nota quanto sia sbagliata l’attuale legge elettorale con le liste bloccate, con gli elettori costretti a votare, per Camera e Senato, nomi scelti dalle segreterie di partito!

La Corte Costituzionale non ha ‘bocciato’ la precedente legge elettorale – il Porcellum – anche perché questo Motivo?

A questa mancanza di democrazia si aggiunge un’altra anomalia: il dover pagare visto che, da capolista, l’elezione è assicurata.

Ci chiediamo e chiediamo: tutto questo è normale? Chi ha firmato questa legge è d’accordo?

Terza considerazione. Che riguarda proprio la Sicilia. O meglio, il PD siciliano. Dove i renziani, di fatto, hanno ‘pilotato’ una sorta di ‘Opa’ politica ed elettorale, che ha portato gli stessi seguaci di Renzi ad eleggere in Assemblea regionale siciliana nove deputati regionali su undici.

Si dirà: senza l’apporto dei moderati ‘intruppati’ da Renzi il PD siciliano sarebbe andato incontro a una sconfitta senza precedenti. Invece con l’attuale deputazione ha vinto? E cosa avrebbe vinto?

 

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