Tutela delle coste: “Progetti inutili e dannosi, si punta solo al finanziamento”

16 luglio 2018
La denuncia di Legambiente: “C’è un assoluto bisogno di ripensare la strategia e le modalità degli interventi a mare, con uno sguardo a quello che avviene a terra, vale a dire sulla gestione del territorio costiero che influenza e determina l’equilibrio delle spiagge”

 Tra le regioni italiane più “consumate” dal cemento c’è la Sicilia. Negli scorsi decenni, secondo uno studio di Legambiente, su un totale di 1.088 chilometri di costa, 662 (il 61%) sono stati urbanizzati e dunque trasformati da interventi antropici, principalmente per usi urbani, residenziali e turistici. Una parte consistente di questi interventi è abusiva, solo in alcuni casi oggetto di condono edilizio. Ben 268 chilometri di costa (il 25%) sono ormai irreparabilmente artificializzati dalla realizzazione di porti, tessuti urbani, e altre infrastrutture, per lo più strade che hanno tagliato lunghi tratti di paesaggio naturale e agricolo. Nel lasso di 24 anni, ovvero dal 1988 al 2012, in Sicilia si sono persi altri 65 chilometri di costa, cioè il 6% è stato cancellato dal cemento in un periodo in cui erano in vigore dei vincoli paesaggistici.
Di questo si è parlato nel corso dell’incontro L’aggressione alle coste siciliane, presso la Lega Navale di Messina, dove sono intervenuti, Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente Nazionale, Gianfranco Zanna, presidente Legambiente Sicilia, Salvatore Granata, Legambiente Nebrodi, e il Prof. Giovanni Randazzo, docente di Dinamica dei litorali dell’Università degli Studi di Messina, organizzato in occasione del passaggio della Goletta Verde, la storica imbarcazione ambientalista che resterà in Sicilia sino a mercoledì 18 luglio.
“La sfida che oggi abbiamo di fronte – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – è di fare della qualità e diversità dei paesaggi costieri, la leva attraverso cui immaginare il futuro dello sviluppo territoriale e turistico del nostro Paese. Per riuscirci servono scelte chiare di discontinuità con gli ultimi decenni di urbanizzazione, a partire dalla salvaguardia di tutte le aree ancora rimaste integre”
In Sicilia, dice sempre Legambiente, “a fronte di finanziamenti destinati a tutelare le spiagge dal pericoloso fenomeno dell’erosione, c’è il rischio che gli stessi finiscano per essere dispersi in una serie di interventi puntuali, inutili rispetto all’obiettivo della resilienza dei litorali e dannosi per l’ambiente. Si tratta dei fondi destinati, e in parte assegnati, nel quadro del Patto per la Sicilia e di altri 31 milioni di euro resi disponibili dal POR FESR Sicilia 2014-2017″. 

Nella sola provincia di Messina- continua l’associazione ambientalista- le coste saranno investite da opere marittime, quali porti, strade litoranee e barriere di difesa per un valore complessivo superiore ai 200 milioni di euro. I relativi progetti sono promossi e gestiti dai comuni costieri, in assenza della necessaria pianificazione riferita, almeno, alle singole unità fisiografiche. Ciò significa che ciascun comune si appresta ad agire senza tener conto dagli effetti che la sua opera produrrà sulle spiagge di quelli limitrofi e sul sistema costiero. Esclusivamente sulla costa dei Nebrodi è stato avviato un “Contratto di Costa” che ha ricondotto alla struttura del Commissario Regionale per la mitigazione del dissesto idrogeologico la titolarità della progettazione degli interventi a tutela delle spiagge: un primo atto di pianificazione voluto dal Presidente della Regione che rimane, però, un’eccezione nel panorama regionale.

“Si tratta indubbiamente di un passo in avanti – commentano Gianfranco Zanna e Salvatore Granata, rispettivamente presidente di Legambiente Sicilia e dirigente Legambiente Nebrodi – ma non ancora risolutivo perché su questo tratto di costa incombono progetti dal pesante impatto (già finanziati) che, se realizzati, vanificherebbero qualsiasi tentativo di riequilibrio costiero. Nel resto della provincia ogni comune costiero ha avanzato la sua brava domanda di finanziamento per fronteggiare, quasi sempre in modo inadeguato, emergenze vere o solo immaginate: probabilmente, il vero obiettivo è ottenere e gestire un cospicuo finanziamento a prescindere dalla necessità e dalla qualità dell’intervento. In questa corsa al finanziamento può dunque succedere che anche luoghi simbolo della bellezza paesaggistica e della natura siciliana rischino di essere stravolti da interventi inutili e gravemente dannosi”.
Pare questo il caso dell’Isola Bella, nel comune di Taormina (Riserva Naturale e Sito Natura 2000), dove il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha messo a disposizione della Regione Sicilia e del Comune di Taormina un finanziamento di 2 milioni 900 mila euro per un piano di interventi di riqualificazione ambientale di quel sito, motivato da un presunto processo erosivo in atto e basato su ripascimento artificiale. Si tratterebbe di un intervento che non tiene conto della geologia, della storia e del valore ambientale del luogo e che avrebbe come conseguenza il suo snaturamento. Anche la spiaggia di Pollara (isola di Salina – Patrimonio dell’Umanità UNESCO), resa celebre dal film “Il postino” rischia di subire analoga sorte. Troppe volte, in passato, la disponibilità di finanziamenti pubblici ha costituito la leva per eseguire opere dannose che, a loro volta, hanno innescato il bisogno di altri interventi correttivi finendo per alimentare “l’industria delle emergenze”.
“C’è dunque un assoluto bisogno di ripensare la strategia e le modalità degli interventi a mare, con uno sguardo a quello che avviene a terra: vale a dire sulla gestione del territorio costiero che influenza e determina l’equilibrio delle spiagge – dichiarano Zanna e Granata – Ed esiste pure la necessità di rivalutare la previsione di costruire nuovi porti turistici e strade litoranee in un contesto nel quale le spiagge rischiano di scomparire per difetto di alimentazione ed irrigidimento della linea di costa”.
Il riferimento è in particolare alla costa dei Nebrodi dove, nonostante gli interventi di tutela delle spiagge stiano per essere ricondotti ad una visione unitaria, proseguono gli iter amministrativi per la realizzazione di un nuovo porto turistico nel Comune di Santo Stefano di Camastra, la cui diga foranea, aggettante 500 metri circa, priverà di alimentazione naturale le spiagge ad est, e una nuova strada litoranea del Comune di Torrenova a meno di 150 metri dalla battigia, che costituirà un irrigidimento della linea di costa.
Fin qui la nota di Legambiente.  Che, al di là dei dati interessanti e anche piuttosto noti sulla devastazione delle coste siciliane, ci dice due cose:
1) si sta continuando come prima e più di prima. da qui la richiesta di una inversione di tendenza che non c’è.
2) I fondi per il risanamento o la salvaguardia ambientale vengono usati male. Spesso, l’obiettivo, ricorda l’associazione ambientalista “è solo ottenere un cospicuo finanziamento”. 
Di questo aspetto ci eravamo occupati in questo articolo di Franco Busalacchi in cui denuncia una logica predatoria. Che, evidentemente, resiste.

AVVISO AI NOSTRI LETTORI

Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.
-La redazione
Effettua una donazione con paypal


Commenti