Crisi della Formazione in Sicilia: l’USB scrive al vice premier Luigi Di Maio

16 giugno 2018

In una lettera i vertici dell’Unione Sindacale di Base (USB) illustrano al vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Luigi Di Maio (che è anche Ministro dello Sviluppo economico, Lavoro e politiche sociali) il dramma degli 8 mila lavoratori del settore massacrati da una ‘macelleria sociale portata avanti dal Governo Lombardo, dal Governo Crocetta e dall’attuale Governo Musumeci

da Sandro Cardinale, dell’Eseutivo regionale USB
e da Emidia Papi, dell’Esecutivo nazionale USB
riceviamo e pubblichiamo

Alla cortese attenzione del vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dello Sviluppo economico, Lavoro e politiche sociali
Luigi Di Maio

Con riferimento agli indirizzi programmatici del “Governo del cambiamento” enunciati dalla S.V., che pongono al centro le risposte ai bisogni e ai diritti fondamentali dei cittadini, Le chiediamo un incontro allo scopo di attuare percorsi di soluzione alla drammatica e insostenibile situazione di circa 8.000 lavoratori del settore della Formazione Professionale siciliana e degli Operatori delle politiche attive del lavoro ex Sportelli Multifunzionali. In attesa di illustrarle in modo più ampio la grave situazione che si vive in Sicilia alleghiamo alla nostra richiesta di incontro una sintesi.

La Formazione Professionale in Sicilia nel 1976 viene normata dalla Legge n. 24 che sancisce il trasferimento della funzione Formativa a soggetti terzi, rispetto alla Regione siciliana (enti senza scopo di lucro associazioni senza scopo di lucro, consorzi ecc…).

Tra questi i principali risultano essere, sin da allora, di emanazione sindacale, CGIL-CISL-UIL.

Nel contempo la legge individua un sistema di garanzie a favore degli operatori. Sistema di garanzia che la Regione siciliana nel momento in cui si è creata la crisi ha assolutamente ignorato e quindi non ha applicato in nessun modo le norme a tutela.

Fino ai primi anni del 2000 le risorse che finanziano il settore sono attinte dal Bilancio della Regione siciliana. Sono quelli gli anni in cui la platea degli addetti raggiunge circa 10.000 unità.

Nel 2010 il Governo regionale siciliano retto dal Presidente Raffaele Lombardo, ex abrupto, decide di non finanziare più con fondi propri la Formazione Professionale, ma di utilizzare solo ed esclusivamente le risorse del Fondo Sociale Europeo (FSE).

Poiché l’utilizzo del FSE segue criteri e procedure assolutamente incompatibili con gli assetti e le dimensioni siciliane del settore, il sistema entra profondamente in crisi. Da quel momento inizia – ad opera di una scelta politica criminale adottata dei Governi Lombardo prima, Governo di Rosario Crocetta dopo e proseguita con l’attuale Governo di Nello Musumeci – una vera e propria ‘macelleria sociale’, con migliaia di persone che, a seguito di questa scelta, perdono il proprio posto di lavoro.

Ancora più criminale è il fatto che il Governo regionale non ha provveduto a creare una rete di protezione sociale, tipica nei casi di crisi. Il Governo siciliano non ha provveduto a immaginare percorsi di uscita, piani di riconversione, cioè tutto quello che dovrebbe accadere, che si dovrebbe fare in uno stato di diritto che guarda ai suoi cittadini.

Tutto questo è stato possibile “grazie” alla complicità delle organizzazioni Sindacali CGIL – CISL – UIL che in questa vicenda hanno assunto la connotazione di Giano bifronte. In realtà serve ancor di più precisare che, più che Giano bifronte, queste organizzazioni sindacali si sono comportate da datori di lavoro, quali in effetti sono sempre stati.

Pertanto facciamo presente alla S.V. che tutta la parte relativa alla tutela dei lavoratori che è contenuta nella Legge regionale 24/76 è stata totalmente disattesa dagli stessi Governi regionali e, ad oggi, gli operatori, che sono regolarmente ancora iscritti all’Albo della Formazione, in assenza di qualunque tipo di soluzione, sono senza lavoro, senza reddito e senza sostegno al reddito, configurandosi in questo modo un vero e proprio massacro sociale, una vera e propria emergenza sociale.

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