In Italia la politica cambia. E in Sicilia? Stesse facce e vecchi metodi. I ‘casi’ di rifiuti e migranti

2 giugno 2018

Per la gestione dei rifiuti (leggere affidamenti & appalti) è scattata la solidarietà tra la vecchia politica di centrosinistra del Governo Gentiloni e la vecchia politica di centrodestra del Governo Musumeci. L’ipocrisia dei ‘progressisti’ di Palermo pronti a sacrificare lo ZEN per un Hotspot milionario

Da una parte c’è lo scenario politico nazionale, dove la vecchia politica è stata sconfitta. Sconfitto il PD, sconfitta Forza Italia, quasi scomparsi gli eterni ex democristiani che andavano di qua e di là per mantenere le poltrone. Piaccia o no, a Roma c’è un Governo con facce nuove. La Sicilia avrebbe potuto anticipare questo cambiamento. Invece alle elezioni siciliane, celebrate quattro mesi prima delle elezioni politiche del 4 marzo, ha vinto, ancora una volta, la vecchia politica. Perché?

Sicuramente, l’alta astensione dalle urne che va in scena nella nostra Isola non agevola chi vuole cambiare. In Sicilia, ancora oggi, sono in tanti a pensare che, per colpire chi governa, bisogna non andare a votare. Tesi che è molto difficile da smontare, soprattutto tra chi vive di espedienti, non lavorando, non studiando, non cercando un lavoro (che, del resto, non c’è).

Un altro elemento che agevola il vecchio modo di fare politica è il bisogno. E anche se la Regione siciliana, dopo oltre otto anni di Governi regionali di centrosinistra è quasi fallita, ci sono ancora margini di clientele che resistono: i precari dei Comuni e della Regione, un po’ meno gli operai della Forestale (condannati da sempre al precariato a vita), la aziende comunali (quasi tutte in deficit proprio perché gestite con criteri rigorosamente clientelari) gli appalti che vanno e vengono senza regole e senza legge.

Infine, la compravendita di voti. Parlano le inchieste giudiziarie in corso. Non sappiamo come finirà. Ma si parla di candidati della vecchia politica che acquistavano voti. Sono fatti.

Vecchie elezioni, voti comprati. E vecchi metodi di governo. Emblematico è il caso dei rifiuti siciliani. Per oltre otto anni il centrosinistra siciliano ha gestito questo settore con i ‘capi’ di Confindustria Sicilia, oggi caduti in disgrazia, privilegiando il sistema delle discariche rispetto alla raccolta differenziata.

Il tutto in un quadro di illegalità diffusa, tra affidamenti diretti e discariche gestite da chi, in barba alle leggi europee di fine anni ’90 e a una legge nazionale dei primi anni del 2000, infilava sotto terra tutto, compresa la frazione umida. Violazioni di legge di qua e violazioni di legge di là.

Se fosse stata applicata la legge le imprese del settore avrebbero dovuto effettuare costosi investimenti. Invece questi soldi, fino al 2016, sono finiti nelle tasche dei titolari delle stesse imprese. Amen.

Solo nel 2016, quando il Governo nazionale e il Governo siciliano – entrambi di centrosinistra – erano ormai in uscita si è deciso di applicare la legge. Nessun problema per le violazioni di legge degli anni precedenti. Tutto a posto.

E oggi? Le discariche dell’Isola sono quasi tutte sature. E la percentuale di raccolta differenziata è risibile. Certi Comuni della nostra Isola – medi e soprattutto piccoli – che sono avanti con la raccolta differenziata, spesso si debbono fermare perché non sanno dove portare i rifiuti differenziati (mancano, per esempio, i centri di compostaggio).

Perché la ‘grandezza’ della vecchia politica siciliana degli anni passati sta anche in questo: nell’avere fatto sparire centinaia di milioni di euro per impianti per la raccolta differenziata dei rifiuti mai completati e, in alcuni casi, mai realizzati!

Questo è un dato ‘ontologico’ centrale: la vecchia politica siciliana faceva piccioli con le discariche e, contemporaneamente, gestiva appalti per realizzare opere – i centri di compostaggio – che dovevano rimanere incompiute o non dovevano materializzarsi affatto, per consentire al sistema delle discariche di andare avanti, tenendo lontano lo ‘spettro’ della raccolta differenziata dei rifiuti!

Tutto questo avveniva all’insegna della cosiddetta ‘antimafia’: all’insegna dell’antimafia si celebravano gli affidamenti diretti di opere per decine di milioni di euro, meglio se con i “protocolli di legalità” alla presenza delle ‘autorità’. Scene grottesche. E se qualche sindaco riottoso si opponeva a queste sceneggiate, oplà!, arrivavano gli scioglimenti dei Comuni per mafia!

Un sistema perfetto, che funzionava con la precisione di un orologio svizzero, celebrando la ‘legalità’ all’insegna della più totale illegalità.  

Oggi c’è un nuovo Governo della Regione. Ma lo scenario ‘ontologico-appaltizio’ non è cambiato. Anzi. Già a gennaio si capiva che in Sicilia sarebbero servite almeno una decina di nuove discariche e il trasporto fuori dalla nostra Isola di una frazione dei rifiuti.

A questo punto il sistema si è fermato. Ed è scattata la solidarietà tra la vecchia politica espressa a Roma dal Governo Gentiloni e la vecchia politica della quale espressione il Governo regionale di Musumeci.

Ecco, su un bel piatto d’argento, la dichiarazione di ‘emergenza’ e il ‘commissariamento’ della gestione dei rifiuti in Sicilia. ‘Regalo’ romano agli ‘amici’ siciliani. Con il bel commissariamento, vualà!, appalti veloci per le dieci, nuove discariche e per il trasporto fuori dalla Sicilia dei rifiuti: e tutti vissero ‘appaltati’ e contenti…

Un altro esempio di ipocrisia va in scena in queste ore. Le ‘vestali’ della sinistra Italiana – sui mezzi d’informazione tradizionale e, soprattutto, sulla rete – si stracciano le vesti al pensiero che il ‘razzista’ Matteo Salvini, capo dei leghisti, sia diventato Ministro degli Interni.

Formula d’ordine:

“Chissà che fine faranno, adesso, i poveri migranti”.

Poi, però, si scopre che il Governo nazionale di centrosinistra ha deciso di piazzare un Hotspot nella Palermo amministrata dal centrosinistra, guarda caso nel quartiere di disastrato della città, lo ZEN.

In Consiglio comunale il sindaco Leoluca Orlando – anche lui di ‘sinistra’, come il Governo nazionale – prima dice che non sarà un Hotspot e poi dice che lui non ne sa nulla.

Poi arriva il capogruppo al Consiglio comunale del Movimento 5 Stelle, Ugo Forello, e, carte alla mano, inchioda il sindaco ‘progressista’ di Palermo, dimostrando che è stata la sua amministrazione, lo scorso anno, a dare la disponibilità al Governo nazionale.

A questo punto, silenzio: vabbé, se l’Hotspot lo chiede un’amministrazione ‘progressista’ un motivo ci sarà…

Del resto, Roma, per l’Hotspot – in pratica, una tendopoli militarizzata – ci mette 7 milioni di euro, da incrementare ogni anno. Un ‘investimento’ per richiudere i migranti per un Comune dome quello di Palermo senza soldi.

Certo, i ‘valori’ della sinistra: ma i picciuli su picciuli…

L’incredibile vicenda dell’Hotspot da realizzare allo ZEN di Palermo – da realizzare calpestando le previsioni urbanistiche, che per quest’area prevedono tutt’altra cosa – in queste ore è al vaglio del Cru, sigla che sta per Consiglio regionale dell’urbanistica, consesso che fa capo alla Regione, composto da urbanisti e giuristi, voluto alla fine degli anni ’70 del secolo passato dall’allora Presidente della Regione, Piersanti Mattarella, per bloccare gli scempi urbanistici dei Comuni siciliani in quegli anni presi dalla frenesia del mattone.

Pensate un po’ che scena: il Cru – che si è già pronunciato sul vecchio Prg di Palermo stabilendo che l’area dello ZEN dove dovrebbe vedere la luce l’Hotspot va tutelata, non ‘cementificata’ – viene chiamato a ripronunciarsi su una variante urbanistica presentata dal Governo nazionale che, di fatto, ha aggirato le competenze del Comune di Palermo…

A questo punto potrebbe succedere una cosa paradossale: il neo Ministro degli Interni Salvini – il cattivo che vuole trattare male gli immigrati – potrebbe intervenire per bloccare l’Hotspot dello ZEN di Palermo dove i politici ‘buoni’ del Governo Gentiloni e del Comune di Palermo vorrebbero rinchiudere gli immigrati…

Foto tratta da canalesicilia.it

 

 

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