‘Caso’ Montante: le cose che il presidente di Confindustria Catanzaro dovrebbe spiegare

18 maggio 2018

Si tratta di questioni che riguardano la discarica di Siculiana, un tempo pubblica (era del Comune di Siculiana), poi diventata di proprietà della famiglia Catanzaro. Storie ‘sepolte’ negli anni e che, in questi giorni, riemergono. “Voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà folli”, diceva Aldous Huxley…

da Salvatore Petrotto
riceviamo e pubblichiamo

Se può e se vuole, il Presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, raggiunto da un avviso di garanzia, notificatogli dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto del suo predecessore alla guida degli industriali dell’Isola, Antonello Montante, e di altri soggetti, già che c’è, chiarisca alle Autorità Giudiziarie anche queste altre posizioni giudiziarie, che di seguito riportiamo, riguardo alla gestione della mega discarica di famiglia, a Siculiana.

Anche sul capo del fratello Lorenzo, che assieme a lui fino allo scorso anno ha gestito il più grande immondezzaio siciliano, quello appunto di Siculiana, pende un giudizio presso il Tribunale di Agrigento, scaturito da un esposto dei Carabinieri del NOE di Palermo.

La decisione riguardo a questo procedimento giudiziario spetta al Giudice per le Indagini preliminari e riguarda varie ipotesi di reato, compresa la legittimità dell’ultima autorizzazione regionale, quella relativa ad una vasca della capienza di 3 milioni di tonnellate, che risale al 2014.

Tale legittimità è stata peraltro messa in discussione dall’ex dirigente generale del Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione siciliana, Gaetano Gullo, che l’aveva firmata, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione parlamentare bicamerale d’Inchiesta, quella che si è occupata del ciclo dei rifiuti e dei reati ad esso correlati.

Inoltre, nel 2016, lo stesso presidente di Sicindustria in persona, Giuseppe Catanzaro, ha ammesso, sempre davanti alla stessa Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dall’On. Alessandro Bratti, che la sua discarica di famiglia era priva di impianto di biostabilizzazione, in violazione di quanto previsto dalle vigenti normative (cosa che, peraltro, avveniva in altre discariche della Sicilia).

Tale impianto è propedeutico per tenere in esercizio qualsiasi discarica, e serve a selezionare i rifiuti ed a stabilizzare la frazione umida. In altri termini, i Catanzaro, a Siculiana, sino al 2016, hanno sotterrato, per anni, il tal quale. Si sono limitati cioè semplicemente a triturare ed a sotterrare l’immondizia, in maniera indifferenziata, pratica questa non consentita dalle normative ambientali già a partire dai primi anni del 2000.

Inoltre, il 16 agosto del 2015 Filippo Tavormina, ex comandante dei vigili urbani di Montallegro, ha presentato un esposto alle Autorità Giudiziarie in cui si fa riferimento ad un terribile, pericolosissimo ed insopportabile inquinamento ambientale, provocato proprio dalla discarica di Siculiana.

Si tratta di una segnalazione inviata ad una miriade di Autorità, oltre che alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, in cui viene anche evidenziato come da ormai oltre 6 anni, da quando cioè lo stesso Tavormina è andato in pensione, presso la discarica di proprietà dei fratelli Catanzaro non è stato più effettuato alcun controllo da parte delle Autorità competenti.

Ci sarebbe pure da aggiungere, sempre a proposito dei fratelli Catanzaro, che hanno impedito alla troupe della trasmissione della RAI, Report, nel corso della puntata del 26 marzo scorso, di varcare i cancelli della loro mega discarica al fine di evitare, accuratamente, la divulgazione di qualsiasi immagine od informazione relative ai loro impianti ed alle attrezzature che utilizzano.

Il presidente di Sicindustria potrebbe spiegarci il perché di tanta riservatezza?

A queste considerazioni vanno aggiunte delle ulteriori, pesanti dichiarazioni del magistrato ed ex assessore regionale con delega alla gestione dei rifiuti, Nicolò Marino, che, in un’intervista pubblicata il 15 marzo 2016, dal giornale Il Fatto Quotidiano, dal titolo “Confindustria è collusa e Crocetta la protegge”, tra le altre cose afferma:

“Certo è un fatto che, nel 2011, viene sequestrato tutto il patrimonio di Francesco Zummo (ritenuto prestanome di Provenzano) e viene sequestrata la società di attività industriale, comprata dai fratelli Catanzaro, che poi fu dissequestrata senza che la Procura si accorgesse che ci si trovava davanti a un chiaro caso di interposizione fittizia, cosa che ho scoperto dopo dodici anni con una semplice lettura degli atti”.

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