La Regione siciliana non è italiana, ma legata all’Italia da un Patto federativo

15 maggio 2018

Oggi il nostro Ignazio Coppola ricorda il 72° anniversario della conquista dell’Autonomia siciliana. E lo fa mettendo i puntini sulle ‘i’ di chi, non conoscendo la storia, blatera di abolizione dello Statuto. Al contrario, l’Autonomia va rilanciate e difesa, come fecero Piersanti Mattarella e Pio La Torre, alla faccia degli ascari che ancora oggi la tiranneggiano

Oggi, nel 72°anniversario dell’Autonomia siciliana e dello Statuto siciliano – a beneficio di quanti, compresi coloro che si affannano a voler rottamare l’Autonomia, non conoscendo bene la storia – credo valga la pena di ricordare come si ottennero l’Autonomia e lo Statuto siciliano.

Lo Statuto siciliano si ottenne con la conquista, il 15 maggio del 1946, della piena autonomia politica,legislativa, amministrativa e fiscale grazie alla strenua lotta di uomini integerrimi che facevano l’interesse e volevano il bene della loro terra e che rispondevano ai nomi di Giuseppe Alessi, Salvatore Aldisio, Gaspare Ambrosini, Antonio Canepa, Attilio Castrogiovanni, Ettore Cipolla, Pompeo Colajanni, Andrea Finocchiaro Aprile, Giovanni Guarino Amelia, Enrico La Loggia, Franco Restivo, Girolamo Li Causi, Mario Mineo, Vincenzo Purpura, Luigi Sturzo.

Uno Statuto, inteso appunto come conquista e non come concessione, che porta la firma di Umberto II e la controfirma del guardasigilli di allora, Palmiro Togliatti e, quindi, di fatto precedente alla Costituzione della stessa Repubblica italiana che lo recepirà per intero con legge costituzionale n° 2 del 1948.

La Regione siciliana nasce, quindi, da un accordo “pattizio” ancor prima della nascita della Repubblica tanto che, forzando il concetto e facendo proprio il pensiero di uno dei padri della nostra Autonomia e primo presidente delle Regione siciliana, Giuseppe Alessi, si può affermare che la Regione siciliana non si può definire, in senso stretto, una Regione a Statuto speciale, essendo nata prima della Repubblica e il suo Statuto precede la Costituzione repubblicana, portando la firma di Umberto II.

La Regione siciliana, per quanto detto, si può, in linea di diritto, definire non italiana, ma legata all’Italia da un patto federativo, essendo la sua Carta costitutiva, per l’appunto, precedente di due anni la nascita delle Repubblica.

Lo Statuto siciliano fu dunque un accordo di origine pattizia. Pacta servanda sunt. Ma via via i patti da parte dello Stato Italiano e da parte del potere centrale nei confronti della Regione siciliana, superata l’emergenza del separatismo, saranno puntualmente disattesi nella maggior parte dei punti fondamentali dello Statuto; e tutto con la complicità, più o meno recente, della classe politica siciliana figlia degenere dei nobili padri dell’autonomismo, che per ascarismo e servilismo al potere centrale ha avuto anch’essa interesse a disattendere lo Statuto e a tradire l’Autonomia.

Una Sicilia tradita e uno Statuto, in gran parte e per lungo tempo, disatteso e mai applicato in molte sue parti, da una classe politica siciliana ascara, servile e condiscendente al potere centrale.

Uno Stato centralista che, da parte sua, venne meno al rispetto degli accordi, disattendendo, in più parti e in più punti, a quel patto d’onore che è lo Statuto siciliano, sottoscritto tra la Sicilia e l’Italia in quel lontano 1946 e ancor prima della Costituzione della Repubblica italiana.

Uno Statuto tradito e, in buona parte, mai applicato e di questo se ne facciano, loro malgrado, una ragione i rottamatori in tredicesima che dimostrano nel migliore dei casi di non conoscere la storia della propria terra. E proprio dalla disattesa e dalla non applicazione dello Statuto, rendendosi servili ascari e accondiscendenti al potere e allo Stato centrale che non ha mai avuto interesse all’attuazione dell’Autonomia regionale, che i politici siciliani hanno fatto le loro fortune, ottenendo tornacontisticamente riconoscimenti e prebende a discapito dell’Autonomia della loro terra.

Ecco perché lo Statuto e l’Autonomia, che sono un patrimonio inalienabile del popolo siciliano, frutto delle sue lotte e delle sue conquiste, non vanno aboliti o svenduti, ma difesi strenuamente come nel passato facevano Piersanti Mattarella e Pio La Torre, da tutti noi e con tutte le forze, dagli attacchi strumentali, negli ultimi tempi, di personaggi come Pietrangelo Buttafuoco e Pierfrancesco Di Liberto detto Pif e di tanti altri personaggi funzionali a disegni strategici che intendono asservire l’Autonomia regionale agli interessi delle oligarchie nazionali e di una Italia che nei confronti della Sicilia è stata da sempre matrigna trattandola, ancor peggio, da colonia.

E speriamo per questo che gli ascari non l’abbiano ancora vinta. I veri siciliani non lo permetteranno.

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