Formazione professionale, l’inghippo delle “Elevazioni a misura”: una bomba a orologeria…

27 gennaio 2018

La UE non restituirà alla Regione siciliana 379 milioni di euro. Motivo: la commistione impropria tra criteri della legge regionale n. 24 del 1976 e i criteri del Fondo Sociale Europeo. Le cosiddette “Elevazioni a misura” sono irregolari. Bene: invece è ‘regolare’ che lo Stato utilizzi in Italia i fondi europei sostituendoli all’intervento ordinario, in palese violazione del principio comunitario della “addizionalità”? Come funziona la giustizia a Bruxelles?

Correva l’anno 2012 e chi scrive, commentando quello che era successo nel complicato mondo della Formazione professionale siciliana, prevedeva che, prima o poi, a Bruxelles si sarebbero accorti dell’inghippo combinato da politici e burocrati nella gestione di questo settore. O meglio, dei fondi europei destinati a questo settore. Ora, con oltre un decennio di ritardo, l’Unione Europea sta presentando il conto alla Regione, rifiutandosi di erogare 379 milioni di euro anticipati dalla stessa Regione. Ma a nostro modesto avviso questa cifra potrebbe essere irrisoria rispetto a quello che potrebbe succedere in un futuro non lontano.

Riassumiamo i fatti.

La Formazione professionale, fino a prima dell’arrivo dei fondi europei, è sempre stata finanziata dalla Regione siciliana. Poi – negli anni ’90 del secolo passato – con l’arrivo delle risorse comunitarie, i due terzi del fondi li tirava fuori la Regione, mentre un terzo veniva messo a carico della UE.

Negli anni ’90, grosso modo, un Piano formativo, in Sicilia, costava circa 450 miliardi di vecchie lire: 300 miliardi a carico del Bilancio della Regione e 150 miliardi a carico di Bruxelles.

Lo scenario cambia con Agenda 2000, la prima Programmazione organica dei fondi strutturali UE. Con l’avvento del Fondo Sociale Europeo (FSE) l’erogazione di questi fondi prevede il ricorso ai bandi. Attenzione: nulla di ‘trasparente’, perché i bandi si possono fare sempre su misura (non a caso li adotta l’Unione Europea, dove nulla è mai lasciato al ‘caso’…).

Il problema è che la Formazione professionale, nella nostra Isola, funzionava con la legge regionale n. 24 del 1976. Una legge che sancisce la gestione pubblica di questo settore, organizzata con enti No profit chiamati a gestire i corsi sulla base di fondi erogati dalla Regione.

Mentre i fondi europei si rivolgono a tutti i soggetti in grado di fare formazione (quindi anche alle società) e, soprattutto, non possono essere erogati direttamente ma, come già accennato, con il ricorso a bandi sulla base di requisiti che non hanno nulla a che vedere con i criteri della legge regionale n. 24 del 1976.

Cos’hanno combinato negli uffici della Regione, sin dall’inizio, con il Fondo Sociale Europeo? Un inghippo. Semplificando al massimo, il meccanismo messo in atto era il seguente: iniziavano i corsi con i criteri previsti dalla legge regionale n. 24 e poi, a chiusura di corso, addebitavano una parte o tutte le spese alle risorse a valere sul Fondo Sociale Europeo con il ricorso alle cosiddette “Elevazioni a misura“.

Attenzione: questo non è avvenuto solo per la Formazione professionale, ma anche per altri ambiti amministrativi.

Com’è noto, la spesa dei fondi strutturali europei è a rendiconto: le Regioni ad Obiettivo Convergenza (e tra queste c’è la Sicilia) anticipano i fondi e poi Bruxelles, se la rendicontazione è corretta, eroga i fondi che le Regioni hanno anticipato.

Tutto sommato, con Agenda 2000 la Regione siciliana non ha esagerato. Tant’è vero che,alla fine, Bruxelles si rifiuta di erogare i fondi di sei anni di attività – e quindi per sei annualità -: i già citati 379 milioni di euro (poco più di 60 milioni di euro per ogni anno).

La Regione, quando Bruxelles ha scoperto l’inghippo, ha provato a difendersi. E l’ha fatto con un ricorso all’Unione Europea che è stato respinto. E’ questa la notizia di queste ore.

Ma questi 379 milioni di euro potrebbero essere solo un ‘antipasto’ di quello che potrebbe succedere. Perché? Perché la Regione siciliana, fino al 2011, ha proseguito nell’inghippo. Con un’aggravante: che a partire dal 2009 le condizioni del Bilancio regionale erano peggiorate.

Il dubbio, insomma, è che la quota di risorse europee utilizzata per la Formazione professionale in Sicilia non seguendo il criterio indicato da Bruxelles possa essere aumentata nel corso degli anni, grosso modo dal 2006 al 2010.

E’ un dubbio, perché, anche in quegli anni c’era chi pressava per un’utilizzazione, come dire?, disinvolta dei fondi europei per la Formazione e c’era, invece, chi frenava.

Uno dei primi a rendersi conto dei problemi che si stavano creando è stato il professore Mario Centorrino, chiamato dall’allora presidente della Regione, Raffaele Lombardo, a gestire l’assessorato alla Formazione professionale.

Suo un provvedimento che, allora, sembrò incomprensibile ai più: 450 milioni di euro presi dal Fondo Sociale Europeo 2007-2013 destinati alla Sicilia e dirottati a Roma presso il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).

Lì per lì, lo ribadiamo, sembrò un atto senza senso. Invece è stata una mossa strategica: una parte di questa somma è tornata in Sicilia sotto forma di Piano Giovani (non tutta, perché una parte di questi 450 milioni di euro li ha trattenuti Roma per il ‘disturbo’: in Sicilia uno scippo del genere sarebbe stato definito in un certo modo…).

Mossa strategicamente corretta, perché ha consentito alla Regione di non rendicontare questi fondi a Bruxelles.

Ma la strategia di Centorrino (venuto a mancare nell’agosto del 2014) non sana, però, ciò che è stato fatto prima del suo arrivo al Governo.

La manovra dei 450 milioni di euro trasferiti al MIUR è del 2012. Sarebbe interessante capire cosa è avvenuto, con i fondi della Formazione, nel 2007, nel 2008, nel 2009 e, soprattutto, nel 2010.

Sulla vicenda sono intervenuti i parlamentari regionali del Movimento 5 Stelle all’Ars, Valentina Zafarana e Luigi Sunseri, e il deputato europeo Ignazio Corrao.

“Ex governatori e dirigenti devono pagare. Musumeci avvii subito un’indagine interna per dirci i nomi e i cognomi dei soggetti che hanno portato a questo disastro storico e certificato e venga subito a riferire in aula. Dovremo restituire all’Europa 379 milioni di euro relativi al FSE 2000-2006. La sentenza di condanna del Tribunale Ue che respinge il ricorso dell’Italia per evitare la riduzione dei fondi europei per la Sicilia perché ci sono ‘troppe falle nella gestione e nei controlli’ è uno schiaffo violentissimo non solo alla dirigenza regionale nella gestione dei fondi Ue, ma purtroppo anche ai siciliani e al mondo della formazione, perché certifica senza appello la mangiatoia della politica ai danni della formazione”.

In realtà, la Regione non deve restituire nulla: come già sottolineato – cosa che vale per tutti i fondi strutturali – la Regione ha anticipato queste somme: Bruxelles avrebbe dovuto restituire alla Regione questi fondi, ma non lo farà.

Questo non è meno grave, perché il Bilancio della Regione siciliana è già pieno di ‘buchi’ e Iddio solo sa quanto sarebbero serviti questi 379 milioni di euro!

“Irregolarità, assenza di controlli e gravi carenze negli anni – spiegano i deputati – hanno consentito di divorare i fondi per la formazione in maniera molto ‘allegra’. Progetti presentati dopo le scadenze, consulenti esterni privi di qualifiche, spese non attinenti ai progetti, attività formative false, violazioni sistematiche negli appalti e nella selezioni di docenti, esperti e formatori. Una vera e propria truffa colossale all’Ue con i soldi dei siciliani. Adesso vogliamo sapere dove sono andati a finire questi soldi e chi deve pagare per questo danno gravissimo alle ‘casse’ siciliane. In alcuni anni, la percentuale di irregolarità dei progetti era anche del 98%, quindi erano quasi totalmente inammissibili”.

“Sono 5 anni – dice Corrao – che lanciamo l’allarme. Fino all’ultimo speravamo che gli esperti, gli alti dirigenti, i superconsulenti avessero ragione e mettendoci l’anima in pace avremmo accettato con piacere il verdetto di incapaci e incompetenti allarmisti. Purtroppo non è andata così e i nostri calcoli, studi si sono rivelati esatti”.

A tal proposito, l’europarlamentare M5S sta presentando interrogazione alla Commissione Europea per capire quali saranno le conseguenze e anche lo stato di eventuali irregolarità della programmazione 2007- 2013.

E qui i grillini toccano un ‘filo scoperto’: perché dal 2006 fino a prima dell’arrivo di Centorrino, come già ricordato, si è andati avanti con l’inghippo.

“Con questa sentenza – aggiungono la capogruppo a Sala d’Ercole Zafarana e il deputato Sunseri – si apre uno scenario terrificante, non solo rischiamo un’importante riduzione dei 4 miliardi certificati da Crocetta, ma rischiamo di non avere più la possibilità di spesa dell’attuale e vitale programmazione”.

Qui lo scenario diventa un po’ complicato e necessita di un breve approfondimento su due filoni.

Il primo filone riguarda la natura stessa dei fondi strutturali europei, che sono aggiuntivi e non sostitutivi rispetto ai fondi dello Stato e delle Regioni.

In Italia, ormai, lo Stato, nel Sud, ha limitato, se non eliminato, l’intervento ordinario, con la scusa che “ci sono i fondi europei”. Ma questo non si può fare, perché l’Europa finanzia gli interventi aggiuntivi e non quelli ordinari!

Questo passaggio potrebbe aprire uno scenario devastante. Su qualche giornale – e precisamente su Blog Sicilia – leggiamo che Bruxelles avrebbe contestato il ricorso a quelli che nella programmazione di Agenda 2000 si chiamavano “progetti di sponda”: ovvero, far passare opere realizzate nel passato come se si trattasse di opere realizzate con i fondi strutturali europei!

Noi ci rifiutiamo di credere a tale tesi, perché, lo ribadiamo, sarebbe devastante per la Sicilia!

Ricordiamo che, anche grazie ai “progetti di sponda” (che con le programmazioni dei fondi comunitari successive hanno preso il nome di ‘progetti retrospettivi’), la Sicilia, con Agenda 2000 ha preso le premialità!

Non solo. Buona parte della rendicontazione della Programmazione 2007-2013 è stata fatta con il ricorso a “progetti di sponda” o “retrospettivi”. Per citare un esempio, alcune delle opere ferroviarie di Palermo – e parliamo di centinaia di milioni di euro! – sono state rendicontate con il giochetto dei progetti “retrospettivi”.

Mentre quelli della Formazione sono fondi che la Regione ha anticipato, nel caso dei “progetti di sponda” o “retrospettivi” si tratterebbe di fondi che la Regione, in buona parte, ha già incassato da Bruxelles. Centinaia e centinaia di milioni di euro che, se è vero che Bruxelles starebbe contestando la rendicontazione fatta con i “progetti di sponda” o “retrospettivi”, la Regione siciliana dovrebbe restituire!

D’altra parte, dove sta scritto che le centinaia di chiese ristrutturate con i fondi di Agenda 2000, o che le opere realizzate in Sicilia negli anni passati e rendicontate come se fossero state realizzate con i fondi europei (rendicontazione 2007-2013) sono opere “aggiuntive” rispetto alla spesa ordinaria di Stato e Regione in Sicilia?

Ciò posto, è molto singolare che l’Unione Europea contesti oggi alla Regione siciliana 379 milioni di euro di rendicontazione “di sponda” e non trovi nulla da dire su uno Stato – quello italiano – che ha eliminato l’intervento ordinario nel Sud Italia sostituendolo con i fondi europei, calpestando il principio di “addizionalità”: cosa, questa, che non è meno grave delle redicontazioni “di sponda” oggi contestate!

Tutti, da Agenda 2000 ad oggi, sapevano che questa rendicontazione “di sponda” era un artifizio contabile che un giorno sarebbe potuto diventare nitroglicerina. Tant’è vero che qualcuno ha preferito andare via per non ritrovarsi con il cerino tra le mani…

Infine, un domanda: che affetti avrà questa vicenda sulla Programmazione comunitaria 2014-2020? Ce lo chiediamo perché siamo già nel 2018 e, da quello che sappiamo, la spesa di questi fondi non è avanti: anzi.

L’attuale Governo regionale come pensa di rendicontare la ‘spesa’ di soldi che non ha ancora nemmeno programmato?

In ogni caso, il dibattito che si sta aprendo dovrebbe spingere l’attuale Governo della Regione ad evitare il ricorso alle rendicontazioni di comodo che – parlano i fatti – stanno diventando pericolose.

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