Che ruolo stanno esercitando mafia e ‘ndrangheta in queste elezioni politiche?

25 gennaio 2018

In questi giorni i blitz di magistratura e forze dell’ordine in Sicilia e in Calabria descrivono la pressione di mafia e ‘ndrangheta sui rispettivi territori. I contatti con i politici per il controllo degli appalti e dei centri di accoglienza per i migranti. Che ruolo sta esercitando la criminalità organizzata sull’attuale campagna elettorale? Le parole del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. Il post della senatrice grillina, Vilma Moronese

Mai come sta avvenendo in questa campagna elettorale sono andati in scena tanti blitz e tanti arresti. I Nuovi Vespri è un blog che si occupa di politica e di economia. Ma quando la cronaca giudiziaria – come sta avvenendo in queste ore – ‘invade’ la vita politica, ebbene, non possiamo ignorarla, proprio per gli effetti politici che sta producendo.

Poche ore fa, nel Messinese, ci sono stati quaranta arresti. Due giorni fa un mega blitz ha sgominato un’importante cosca di mafia che dominava nella provincia di Agrigento. Nei giorni scorsi arresti in Calabria.

In quasi tutti questi blitz spuntano politici, anche se non di primo piano. Che, però, lasciano intravedere la presenza diffusa, della criminalità organizzata, nel territorio, con inevitabili contatti nel mondo politico.

Su facebook Vilma Moronese, la senatrice Movimento 5 Stelle a proposito di un blitz di magistratura e forze dell’ordine di Calabria, scrive di “una delle più grandi operazioni antimafia degli ultimi 20 anni” con 170 persone arrestate e altre decine indagate.

“Tra loro – precisa la parlamentare nazionale – anche politici appartenenti ai partiti. Tre i sindaci arrestati, uno era anche il presidente della Provincia di Crotone Nicodemo Parrilla. Parrilla, ricopriva anche la carica di sindaco di Cirò Marina, accusato di associazione mafiosa è ritenuto dagli inquirenti il rappresentante della cosca nelle istituzioni locali. Oltre a Parrilla sono poi stati arrestati il sindaco di Strongoli, Michele Laurenzano(PD), e quello di Mandatoriccio Angelo Donnici. Complessivamente, sono una decina gli amministratori locali coinvolti, tra i quali figurano anche il vice sindaco di Casabona, Domenico Cerrelli, e il presidente del Consiglio comunale di Cirò Marina, Giancarlo Fuscaldo.

Spaventoso quello che dice il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri:

“Ormai da decenni sono i candidati che vanno a trovare i capimafia per chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti o in cambio di una concessione della cosa pubblica. Questa volta abbiamo dimostrato una cosa ancora più grave, e cioè che i capi mafia nominano, i capimafia scelgono i candidati da votare, i candidati da eleggere. La situazione è veramente drammatica, bisogna incominciare a prendere posizione oltre che prendere conoscenza e coscienza”.

Poi, rivolgendosi ai cittadini il magistrato aggiunge:

“Quindi uscite dal guscio delle vostre case, impegnatevi nel sociale, occupate le strade, occupate le piazze, ma fate qualcosa: ribellatevi a questo andazzo”.

“La cosca di ‘ndrangheta Farao-Marincola – prosegue il post della senatrice grillina – al quale secondo gli inquirenti sarebbe affiliato il sindaco di Cirò Marina, grazie alla collusioni di alcuni amministratori pubblici, era riuscita ad infiltrarsi anche nell’accoglienza ai migranti. In particolare, secondo quanto emerso dall’operazione, un immobile adibito a centro accoglienza profughi a Cirò Marina sarebbe stato riconducibile alla cosca. La struttura era gestita da una serie di cooperative compiacenti, i cui rappresentanti, per l’accusa, fungevano da collegamento con gli enti pubblici per ottenere finanziamenti e autorizzazioni. Il sodalizio criminale otteneva così, sostanzialmente in esclusiva per le proprie ditte, la fornitura di beni e servizi ai migranti, accrescendo ulteriormente i propri introiti grazie anche al sistematico ricorso a fatturazioni gonfiate”.

Se non ricordiamo male, anche nel blitz andato in scena in provincia di Agrigento sono coinvolti esponenti politici. E ci sono collegamenti con la ‘ndrangheta calabrese. Anche in Sicilia, come ha spiegato il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Franco Lo Voi, la mafia guarda con grande interesse ai centri di accoglienza per i migranti: proprio come avviene in Calabria.

Sul quotidiano La Repubblica edizioni siciliane leggiamo la seguente dichiarazione del procuratore Lo Voi:

“L’interesse di alcune aree di Cosa nostra è presente e attivo in un settore dove circolano soldi dello Stato per creare nuove strutture”.

Leggiamo ancora su La Repubblica:

“La mafia agrigentina, orfana del boss Giuseppe Falsone, cercava di affondare le mani persino sull’accoglienza dei migranti. Un affare ritenuto redditizio a fronte dei continui sbarchi sull’isola. Le indagini dei carabinieri hanno svelato due episodi di tentata estorsione. ‘La giusta strada sono io’, diceva Calogerino Giambrone, esponente di spicco della famiglia di Cammarata. Le intercettazioni hanno svelato che nel 2014 il clan stava tentando di indurre il titolare della associazione Omnia Academy di Favara a versare la ‘messa a posto’, ma anche a accettare di assumere la figlia di un uomo al servizio della cosca. Erano 15 i minori ospiti nella struttura e già il sindaco di Cammarata, Vito Mangiapane, aveva visto la figlia assunta ‘approfittando della sua posizione’, scrive il giudice Serio che definisce Mangiapane anche ‘uno dei contatti diretti’ di Calogerino Giambrone . L’estorsione e anche le assunzioni suggerite non vanno poi a buon fine scatenando l’ira di Giambrone: Gli avevo detto che non mi interessavano più i picciotti, ma di avere i soldi”.

E ancora:

“In un altro caso, la tentata estorsione alla coop San Francesco di Agrigento, la struttura sarebbe stata messa su direttamente con le autorizzazioni comunali ottenute grazie ai buoni uffici di Cosa nostra. Un affare mai realizzato, ma sul quale i progetti della mafia agrigentina erano quelli di ottenere non solo assunzioni (“Cinque noi e cinque loro”, diceva Giambrone) ma anche una percentuale su ogni migrante accolto e il 40 per cento degli introiti della struttura. Per il giudice, però, nonostante Giambrone afferma che ‘Si parla coi sindaci e io problemi non ne ho, si configura più ‘una società con il titolare che non un’imposizione’”.

Scrive l’ANSA a proposito del blitz nel Messinese:

“L’inchiesta, che colpisce presunti vertici e affiliati della fazione più ortodossa e militarmente organizzata della criminalità mafiosa della provincia peloritana, svela i rapporti del clan messinese con esponenti di Cosa nostra palermitana e catanese e rivela come l’organizzazione sistematicamente sia stata in grado di organizzarsi dopo ogni operazione di polizia. Viene fuori inoltre la costante pressione del racket del pizzo su commercianti e imprenditori della zona: sono decine i taglieggiamenti scoperti. Accertati anche i tentativi di acquisire la gestione e il controllo di attività economiche e appalti pubblici e la presenza di un arsenale di armi micidiali, necessarie al clan per affermare il controllo criminale nell’area.

Ci chiediamo e chiediamo: se questa è la realtà, dalla Calabria alla Sicilia, che influenza hanno queste cosche criminali sulle elezioni?

Se, come dice  il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, “ormai da decenni sono i candidati che vanno a trovare i capimafia per chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti o in cambio di una concessione della cosa pubblica”, che effetti ha prodotto tutto ciò nella politica di queste due Regioni?

Con riferimento alla Sicilia, che effetti ha prodotto sulle recenti elezioni regionali siciliane?

E, soprattutto, che ruolo sta svolgendo la criminalità organizzata in Sicilia e in Calabra nell’attuale campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo prossimo?

Foto tratta da mediacalabria.it

 

 

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