Papocchio certificazione antimafia: ‘botta’ agli agricoltori (soprattutto del Centro Nord Italia)

23 dicembre 2017

Nella grande confusione che oggi regna sotto il cielo dell’agricoltura italiana l’unico dato certo è che le multinazionali – che oggi controllano l’Unione Europea dell’euro – dopo aver ‘colonizzato’ il mondo agricolo del Sud, tra grano duro canadese, passata di pomodoro cinese e ortofrutta nord africana, si accingono, giocando sulla certificazione antimafia, a colpire l’agricoltura del Centro Nord Italia. ‘Siluro’ di PD e Forza Italia all’elettorato della Lega Nord?

Agricoltura: ha fatto tutto il Governo Gentiloni: prima ha provato a bloccare tutti i pagamenti agli agricoltori italiani, poi, con un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio e Finanze della Camera dei deputati e poi dalla stessa assemblea di Montecitorio, ha ridotto gli effetti negativi di un provvedimento folle.

Parliamo dell’esenzione della certificazione antimafia che, dal 20 novembre scorso, con il Decreto fiscale, era stata portata da 150 mila euro a 5 mila euro. Per dirla in breve, un agricoltore che dovrebbe percepire un contributo – regionale, nazionale o europeo superiore a 5 mila euro – secondo la follia del Decreto fiscale, avrebbe dovuto presentare la certificazione antimafia sua e di tutti i suoi familiari!

Una follia allo stato puro della quale ci siamo occupati nei giorni scorsi (COME POTETE LEGGERE QUI). L’aumento spropositato di richiesta di certificazioni antimafia ha intasato le Prefetture e bloccato i pagamenti dell’AGEA (Agenzia dello Stato che effettua i pagamenti in agricoltura) e degli organismi regionali che effettuano i pagamenti in agricoltura.

Per l’agricoltura siciliana il caos sarebbe stato totale. Questo perché il Governo regionale di centrosinistra della passata legislatura, insieme con la maggioranza, sempre di centrosinistra, della passata Assemblea regionale siciliana, invece di far funzionare l’Agenzia regionale per i pagamenti in agricoltura l’ha abolita.

Risultato: i pagamenti, agli agricoltori siciliani, vengono effettuati direttamente da Roma, cioè da AGEA, con ritardi che vanno da un anno a due anni (complice anche l’inefficienza degli uffici centrali e periferici dell’assessorato regionale all’Agricoltura della Sicilia).

Con l’emendamento approvato in Commissione Bilancio e poi alla Camera – che, detto per inciso, ha approvato la legge nazionale di Stabilità (leggere Bilancio e Finanziaria 2018, che adesso passa al Senato per l’approvazione definitiva) – il Parlamento nazionale ha mitigato, ma non eliminato gli effetti negativi di questo provvedimento.

L’emendamento che ha ridotto gli effetti di questa nuova follia del Governo nazionale e del Parlamento nazionale di ‘nominati’ è stato presentato dal deputato nazionale del PD, Mino Taricco. Che spiega:

“Le aziende rischiavano di essere messe in estrema difficoltà, perché questo ulteriore blocco di liquidità si sarebbe andato ad aggiunge al ritardo delle erogazioni che, in alcuni casi, già perdura dal 2015 e 2016. Andavano individuati modalità operative che non penalizzino gli agricoltori ed in ogni caso, variazioni e criteri, non possono essere attivati in fase di pagamento. Al Senato era stato approvato l’emendamento che alzava il tetto minimo dei pagamenti per prevedere l’antimafia a 25 mila euro, e non per tutte le casistiche. Troppo poco per poter ottenere una ricaduta positiva su un settore già molto provato dalla siccità. Con l’emendamento approvato si stabilisce che le disposizioni in materia di acquisizione della documentazione e dell’informazione antimafia non si applicano alle domande di fruizione fondi europei presentate prima del 19 novembre 2017. Inoltre, si definisce che le predette disposizioni, limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro, non si applicano fino al 31 dicembre 2018”.

Traduzione: intanto parliamo solo di fondi europei. Ma in agricoltura ci sono anche fondi nazionali e regionali. Ciò significa che, per i fondi nazionali e regionali rimane l’obbligo, folle, di presentare la certificazione antimafia per importi superiori a 5 mila euro?

In questo momento non possiamo rispondere con precisione a questa domanda, perché non abbiamo letto il testo definitivo: cosa che faremo quando la manovra economica e finanziaria nazionale verrà approvata dal Senato della Repubblica.

Tuttavia, da quello che leggiamo in questa fase, sembra che per i fondi nazionali e regionali destinati agli agricoltori italiani rimanga l’obbligo di certificazione antimafia per importi superiori a 5 mila euro: e tale imposizione – se la nostra interpretazione è corretta – è una follia!

Di più: come già detto, la norma salva il passato: “… le disposizioni in materia di acquisizione della documentazione e dell’informazione antimafia non si applicano alle domande di fruizione fondi europei presentate prima del 19 novembre 2017”. Questo significa che, a partire dal prossimo anno, per importi superiori a 5 mila euro, gli agricoltori dovranno presentare la certificazione antimafia?

Come si può notare, la formulazione della legge è ambigua. Il dubbio, lo ribadiamo, è che per i fondi nazionali e regionali in agricoltura resti la soglia – folle! – della certificazione antimafia da esibire per importi superiori a 5 mila euro!

In ogni caso va detto che anche una soglia di 25 mila euro creerà seri problemi alle aziende medie e grandi. 

Ribadiamo: fermo restando che parliamo sempre di fondi europei, si può ben dire, a giudicare dalla formulazione della norma, che i piccoli agricoltori sono esentati dalla certificazione antimafia: questo perché le piccole aziende non superano, in media, i 25 mila euro di contributi annui.

Ma per le medie e grandi aziende il problema resta.

Il dubbio – ma questa è una domanda che dovrebbe porsi il mondo dell’agricoltura italiana nel suo complesso – è che, in prospettiva, il Governo nazionale e il Parlamento nazionale abbiano deciso di fare ‘cassa’ ritardando i pagamenti in agricoltura.

Ripetiamo ancora una volta: da quello che si capisce dalla formulazione della norma, i ritardi nei pagamenti riguarderanno tutti gli agricoltori italiani, piccoli e grandi, per i fondi nazionali e regionali. Per accedere ai contributi nazionali o regionali sopra i 5 mila euro, gli agricoltori dovranno presentare la certificazione antimafia.

Per i fondi europei, a partire dal gennaio 2019, la certificazione antimafia dovrà essere esibita per contributi superiori a 25 mila euro.

Attenzione: lo spostamento di un anno della prescrizione relativa ai 25 mila euro per i fondi europei è una mezza presa in giro perché, nel 2018, gli agricoltori sconteranno i problemi strutturali di AGEA che, come già accennato, paga con un ritardo di uno o due anni.

Ancora: in prospettiva, la formulazione di tale norma (in questo momento provvisoria in attesa del sì definitivo del Senato), punta a colpire le aziende agricole del Centro Nord Italia.

Di fatto – e ci meravigliamo che la Lega Nord di Salvini non l’abbia ancora capito – Governo e Parlamento nazionali hanno tirato un ‘siluro’ all’elettorato in buona parte leghista!  

Chi conosce anche un po’ il mondo dell’agricoltura italiana sa che nel Mezzogiorno vi è una netta prevalenza della piccola proprietà contadina, con aziende di pochi ettari, frammentate e polverizzate. Nel Centro Nord Italia, invece, prevale la grande, media e medio-piccola proprietà.

Ciò significa che la prescrizione della certificazione antimafia sopra i 25 mila euro di contributi colpirà, per lo più, l’agricoltura del Centro Nord Italia. Parafrasando Leonardo Sciascia, si potrebbe dire che una certa antimafia va al Nord…

Questo, con molta probabilità, è il volere delle multinazionali che operano in agricoltura, che oggi dettano legge nell’Unione Europea dell’euro. In prospettiva si punta a sostituire i prodotti dell’agricoltura del Centro Nord Italia (latte, formaggi, insaccati, mais, soia e via continuando) con prodotti agricoli di altri Paesi del mondo, spesso di infima qualità.

Dopo avere ‘colonizzato’ l’agricoltura del Sud Italia con il grano duro canadese, l’olio d’oliva tunisino, le arance prodotte chissà dove, la passata di pomodoro cinese, la frutta estiva nord africana, la frutta secca californiana e via continuando, le multinazionali che controllano a bacchetta l’Unione Europea dell’euro si apprestano ad iniziare il ‘massacro’ dell’agricoltura del Centro Nord Italia, con la connivenza di una sempre più fragile politica italiana.

Foto tratta da foodandbev.it

QUI LA DICHIARAZIONE PER ESTESO DEL PARLAMENTARE PD MINO TARICCO

 

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