Miccichè eletto presidente dell’Ars all’ombra del patto tra Berlusconi e Renzi

16 dicembre 2017

Anche questa legislatura all’Assemblea regionale siciliana si apre sotto il segno del tradimento nei confronti degli elettori. Presentatosi al cospetto del corpo elettorale della Sicilia come “alternativo” al Partito Democratico, il presidente della Regione, Nello Musumeci, si ritrova, di fatto, stretto nella morsa dell’accordo tra Forza Italia e PD 

Com’era ampiamente previsto, Gianfranco Miccichè è stato eletto presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Candidato di Berlusconi e di Renzi, il coordinatore-commissario di Forza Italia in Sicilia è stato eletto con sei voti arrivati dal PD.

In Aula, stamattina, erano presenti 69 deputati (assente per motivi personali il candidato del centrodestra, Pippo Gennuso).

Sulla carta Miccichè poteva contare su 33 voti, considerato che ieri due franchi tiratori l’hanno ‘impiombato’.

Se le opposizioni si fossero coalizzate avrebbero avuto a disposizione 36 voti per eleggere un presidente dell’Ars diverso da Miccichè.

Ma, come scriviamo da qualche giorno, Miccichè è stato candidato da Berlusconi e da Renzi. Da qui l’indisponibilità del centrosinistra a coalizzarsi con tutte le altre opposizioni per fare lo sgambetto al candidato di Forza Italia. Ma così non è stato.

Ieri il gruppo parlamentare del PD ha provato a non sputtanarsi. Hanno mandato avanti il solito Totò Cardinale da Mussomeli. Alla seconda votazione, il PD e Cardinale – da sempre alleati – hanno mandato avanti i due deputati di Sicilia Futura, Edy Tamajo e Nicola D’Agostino.

Un tentativo un po’ penoso e ipocrita per provare a salvare il gruppo parlamentare del PD. Ma è andata male, perché Miccichè si è fermato a 35 voti.

Oggi si votava con la maggioranza semplice dei deputati presenti in Aula.

Il dato politico e numerico era chiaro: con le opposizioni divise e con un ‘aiutino’ Miccichè sarebbe stato eletto senza problemi presidente dell’Ars. E così è stato.

Miccichè ha preso 39 voti. Considerato che partiva da 33 voti, sei voti gli sono arrivati dalle opposizioni di centrosinistra: 4 voti dal PD e due voti da Sicilia Futura, la formazione politica del citato Totò Cardinale che non è altro che una corrente del PD in momentanea libera uscita.

Resta da capire perché il gruppo parlamentare del PD è venuto allo scoperto. C’è chi distingue tra renziani e l’area di Antonello Cracolici, dimenticando che, anche Cracolici, ben prima del voto per le elezioni regionali, è confluito con Renzi.

La verità, come ripetiamo ancora una volta, è che Miccichè, sin da ieri, quando si è insediata la nuova Assemblea regionale siciliana, è sempre stato il candidato di Berlusconi e di Renzi.

Oggi il PD siciliano ha certificato quest’alleanza. Che non sarà certo ‘gratuita’.

Certo, a Roma Renzi e Berlusconi sperano, alle prossime elezioni politiche, di avere, insieme, la maggioranza alla Camera e al Senato e di dare vita al Governo dell’inciucio.

Ma un prezzo politico per l’appoggio del PD a Miccichè dovrà essere pagato anche in Sicilia. E dovrà pagarlo il Governo regionale di Nello Musumeci.

Non sarà difficile nei prossimi giorni e nelle prossime settimane – o anche nei prossimi mesi – capire quali ‘cambiali politiche’ il PD siciliano metterà all’incasso.

Resta il grigiore politico di un Governo regionale che, per bocca dello stesso Musumeci, si è sempre detto “alternativo” al PD. E che, invece, si ritrova con il solito Miccichè di nuovo presidente dell’Ars, posto che lo stesso Miccichè ha già occupato nella legislatura 2006-2008 dando una pessima prova: basti pensare all’inchiesta che ha stravolto la Fondazione Federico II, braccio operativo della presidenza dell’Ars presieduta, all’epoca dei fatti, da Miccichè…

 

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