Inciucio Miccichè-PD: ora Cracolici, Lupo e Raciti si stracciano le vesti. Perché non parlavano prima?

16 dicembre 2017

Chi, tra deputati e dirigenti del PD, in queste ore, critica i parlamentari che hanno votato per Miccichè presidente dell’Ars sta recitando una commedia. La verità è che erano tutti d’accordo su una decisione adottata da Renzi. Ora manifestano ‘disappunto’ perché temono di perdere voti alle imminenti elezioni politiche. In realtà, il PD è ormai un partito centrista ed è d’accordo con Berlusconi

Adesso litigano. Una parte dei deputati regionali e dei dirigenti del PD siciliano si straccia le vesti e accusa chi, nel segreto dell’urna, ha votato per Gianfranco Miccichè presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Il quotidiano Live Sicilia già sembra avere individuati anche i nomi dei quattro parlamentari inciuciati con Forza Italia:

“… potrebbero essere stati i deputati Luca Sammartino, Michele Catanzaro oltre a Nello Dipasquale (che non avrebbe, quindi, votato nemmeno per sé) e Luisa Lantieri. Questi i nomi dei probabili “franchi tiratori” di centrosinistra”.

Nel frattempo l’ex assessore Antonello Cracolici e il parlamentare Giuseppe Lupo si dicono amareggiati per quanto avvenuto.

Antonello Cracolici, sempre su Live Sicilia:

“I conti si fanno in fretta, il PD ha 11 deputati e il nostro candidato ha raccolto 7 voti: ci sono stati 4 utili idioti. Mi spiace e sono amareggiato per quello che è successo, qualcuno ha voluto fare il soccorritore di un vincitore preventivo che ce l’ha fatta comunque a prescindere da questi voti che evidentemente sono stati ininfluenti ai fini dell’elezione di Gianfranco Miccichè. Prendiamo atto – ha concluso Cracolici – anche alla luce del voto dei deputati di Sicilia Futura che il centrosinistra non ha tenuto la barra”.

Il riferimento è ai due deputati di Sicilia Futura (formazione politica-dépendance del PD) – Edy Tamajo e Nicola D’Agostino – che hanno votato Miccichè insieme a quattro deputati del PD.

Ancora si Live Sicilia Giuseppe Lupo:

“Sono dispiaciuto e amareggiato per la spaccatura del PD in aula. I 4 deputati del PD che hanno tradito la decisione unanime assunta dal gruppo di votare Nello Dipasquale devono vergognarsi e chiedere scusa ai cittadini che li hanno eletti. Credo che adesso bisogna ripartire rilanciando le ragioni dell’unità all’interno del partito e in particolare nei circoli sul territorio definendo una linea politica chiara che deve guidare l’azione del gruppo parlamentare all’Ars. Credo sia giunto il momento di ridare nel PD la parola agli iscritti e agli elettori per fare chiarezza e superare ogni divisione e ambiguità”.

Interviene anche il segretario regionale del PD siciliano, Fausto Raciti:

“Sia il voto di ieri che quello di oggi hanno dimostrato che il centrodestra non era autosufficiente nel determinare l’elezione del presidente dell’Assemblea regionale siciliana e che era dunque giusto chiedere un’intesa istituzionale che riconoscesse la dignità politica delle opposizioni, così come abbiamo ripetutamente chiesto alla maggioranza. Se il capo di Forza Italia in Sicilia oggi è presidente dell’Ars lo si deve a sei parlamentari eletti tra le fila del centrosinistra. Ora è chiaro perché la maggioranza riteneva di poter imporre le proprie condizioni alle forze di opposizione”.

“Chi si è assunto la responsabilità, a viso aperto o nel segreto dell’urna, di consentire questo – conclude Raciti – non ha fatto una scelta istituzionale, ma politica che colpisce la credibilità del PD e del centrosinistra a vantaggio dei nostri avversari alle elezioni politiche, e il buon funzionamento delle istituzioni. Chi ci ha dato fiducia, non merita questo trattamento”.

Parla anche Antonio Rubino, responsabile regionale dell’Organizzazione PD:

“Chi, fra i parlamentari del PD, si è reso protagonista del sostegno al capo di Forza Italia, ha fatto un danno al nostro partito. Alla vigilia della campagna elettorale per le elezioni politiche – aggiunge Rubino – è da irresponsabili segnare l’esordio in Parlamento minando la credibilità del partito. Evidentemente c’è gente che non sa cosa vuol dire stare in un partito, o meglio nel Partito Democratico”.

“Mi auguro – conclude Rubino – che questi signori abbiamo la ‘dignità’ di togliersi la maschera del voto segreto e di chiedere scusa alla nostra gente per il danno incalcolabile che hanno fatto al PD, a Matteo Renzi ed a tutti noi”.

Prende posizione anche Carmelo Greco, componente della segreteria regionale del Partito Democratico:

“Alla luce del voto di oggi all’Ars, appare evidente il motivo per il quale qualcuno, nel PD, chiedeva le dimissioni del segretario Raciti: volevano avere le mani libere per portare avanti operazioni vergognose che nulla hanno a che fare con la politica, né tantomeno con la politica del Partito Democratico”.

“A nessuno è permesso utilizzare il nome e i valori del PD per interessi di parte o personali – conclude Greco -. Chi ha scelto di tradire la linea del partito dovrebbe avere il coraggio di ammetterlo e di assumersi le proprie responsabilità”.

Che dire? Il nostro dubbio – che poi è più di un dubbio – è che quella degli esponenti del PD che criticano il voto di oggi sia soltanto una recita a soggetto. Per un motivo semplice: perché l’elezione del presidente del Parlamento siciliano è un fatto politico troppo importante per non essere concordato con la segreteria nazionale del Partito Democratico.

Miccichè – come questo blog scrive da giorni – era sin dall’apertura della prima seduta di Sala d’Ercole il candidato di Berlusconi e Renzi. Anzi, per essere precisi, l’accordo è stato siglato a Roma già da tempo.

Deputati e dirigenti del PD siciliano che oggi si stracciano le vesti avrebbero dovuto denunciare prima quello che era nell’aria e che poi si è puntualmente verificato.

Cracolici, Lupo, Raciti, Rubino e Greco non dicono che Miccichè poteva contare su 33 voti. Mentre tutte le opposizioni, insieme – più i due franchi tiratori del centrodestra – arrivavano a 36 deputati (in Aula erano 69, perché un parlamentare del centrodestra era assente).

Se le opposizioni si fossero messe d’accordo, avrebbero eletto un presidente dell’Ars diverso da Miccichè.

E’ evidente che una parte dell’opposizione non ha preso nemmeno in considerazione tale ipotesi: e non è difficile capire di quale forza politica si tratta.

Dietro il voto del PD in favore di Miccichè c’è una precisa scelta politica che, su facebook, l’ex parlamentare regionale del centrosinistra, oggi sindaco di Caltavuturo, Domenico Giannopolo, individua benissimo:

“Alcuni provano stupore, o meglio sembrano provare stupore, del fatto che 4 parlamentari del PD abbiano votato Miccichè Presidente dell’Ars andando in soccorso al candidato del centrodestra senza che ci fosse stato un accordo istituzionale tra i gruppi parlamentari per l’assetto complessivo dell’ufficio di presidenza. In quel caso un accordo poteva anche starci. Ma qui siamo in presenza di qualcosa di diverso, vale a dire di una scelta di una parte del PD che, a fronte dell’incontro tra Raciti (segretario regionale  del PD) e il leader dei 5S in Sicilia Cancelleri (Giancarlo Cancelleri, parlamentare dei grillini ndr) per valutare fatti contingenti ai prossimi appuntamenti dell’Ars, decide di ostacolare un’intesa dell’intera opposizione che godrebbe di ben 34 deputati contro i 36 della maggioranza, per aprire una fase politica nuova in Sicilia e possibilmente anche in Italia. Questo è il punto. Sono certo che un cartello delle opposizioni in aula potrebbe dettare ‘legge’ per dirla nel gergo parlamentare e della semantica corrente. Dettare legge in nome degli interessi della Sicilia. E però il PD è un partito già esploso e abbondantemente consegnato al moderatismo centrista mentre l’Italia e la Sicilia hanno bisogno di ben altro“.

Giannopolo individua una spaccatura tra la segreteria regionale del PD e una parte del partito che avrebbe votato Miccichè. Come detto, noi non crediamo a questa spaccatura e pensiamo, invece, che tutto il Partito Democratico siciliano abbia partecipato all’inciucio con il centrodestra su input della segreteria nazionale del partito, magari, questo sì, con qualche ‘mal di mancia’.

Però un elemento politico Giannopolo lo individua con esattezza, quando scrive che “il PD è un partito già esploso e abbondantemente consegnato al moderatismo centrista mentre l’Italia e la Sicilia hanno bisogno di ben altro”.

Il punto è proprio questo: il PD di Renzi ha poco o punto a che vedere con la sinistra: ormai è un partito centrista, ‘maturo’ – a Roma, ma anche in Sicilia – per un accordo con Forza Italia.

 

 

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