Miccichè verso la presidenza dell’Ars con i voti del PD di Faraone

15 dicembre 2017

Con molta probabilità, oggi Gianfranco Miccichè verrà eletto presidente dell’Ars. Infatti, oltre ai voti del centrodestra sono con lui anche i parlamentari del PD renziano. Ma lo scenario è complicato perché il Partito Democratico e Forza Italia non dovranno fare capire quello che tutti hanno già capito: e cioè che sono alleati a Roma e in Sicilia…

Dopo oltre un mese dalle elezioni si insedia oggi la nuova Assemblea regionale siciliana. All’ordine del giorno c’è l’elezione del presidente del Parlamento dell’Isola, dei due vice presidenti e del Consiglio di presidenza. Per la presidenza dell’Ars sembra scontata l’elezione di Gianfranco Miccichè, che può contare sui voti del centrodestra e su quelli del PD di Davide Faraone (leggere renziani).

In teoria, Miccichè potrebbe essere eletto anche alla prima votazione. Il centrodestra, infatti, può contare su 36 deputati su 70. Più gli 11 deputati del PD arriverebbe a 47 voti: proprio i voti che occorrono per eleggere il presidente dell’Ars con la maggioranza qualificata (due terzi del Parlamento).

Ma è probabile che il gruppo parlamentare del PD non si sputtani fino a questo punto. E’ probabile che la prima votazione voli via senza alcuna elezione. Per poi passare alla seconda votazione, quando, per eleggere il presidente dell’Ars, ci vorrà la maggioranza semplice: 36 voti su 70.

Sono i voti che il centrodestra ha già. Per la maggioranza sarebbe auspicabile eleggere così Miccichè, se non altro perché, in questo momento, Berlusconi è sotto pressione.

Il grande comunicatore, infatti, ha commesso un errore: ha lasciato capire che, sottobanco, è già d’accordo con Renzi (e forse anche con chi sta più in alto di Renzi) per il post elezioni politiche nazionali.

Berlusconi si è lasciato scappare che, se dopo le elezioni politiche non ci saranno vincitori – cosa molto probabile – per lui andrà bene che l’attuale capo del Governo, Paolo Gentiloni, rimanga in carica come capo del Governo.

Errore gravissimo, perché significa che l’ex Cavaliere ha già siglato l’accordo con il PD (o, ribadiamo, con qualche altra carica istituzionale: che è la stessa cosa, perché parliamo sempre del PD). Berlusconi ha provato in queste ore ha metterci una pezza, dicendo che lui diceva una cosa ovvia, perché se le urne non consegneranno all’Italia una nuova maggioranza in Parlamento – e quindi non ci sarà un nuovo Governo nazionale – in carica, per l’attività ordinaria, rimarrà il vecchio Governo.

Insomma, dice Berlusconi, ciò che ha detto è una cosa ovvia. Ma se è una cosa ovvia perché l’ha detta? In realtà, come già accennato, Berlusconi ha commesso un errore che nemmeno le sue televisioni riusciranno ad attenuare.

L’errore non sta tanto nel fatto che è già d’accordo con il PD di Renzi (e con altri) per il dopo elezioni. L’errore sta nel fatto che gli elettori di centrodestra l’hanno capito.  

Non a caso, in queste ore, Berlusconi è marcato stretto dalla Lega di Salvini e da Giorgia Meloni. Né il primo, né la seconda sono particolarmente dispiaciuti dal sapere quello che già sapevano: e cioè dell’inciucio tra Berlusconi e Renzi.

Salvini e Giorgia Meloni marcano stretto l’ex Cavaliere per sputtanarlo davanti all’elettorato di centrodestra che in queste ore si pone la seguente domanda:

“Ma se votiamo Berlusconi, votiamo per il centrodestra o per un accordo tra Forza Italia e il PD di Renzi?”.

Marcandolo stretto e costringendolo a parlare sempre di questo argomento, Berlusconi è costretto a giocare in difesa e a perdere voti in favore della Lega di Salvini e di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

In questo scenario un’eventuale elezione, in Sicilia, di Gianfranco Miccichè alla presidenza dell’Ars con i voti del PD di Faraone sarebbe devastante per Berlusconi, perché renderebbe ancora più palese l’accordo con Renzi.

Per questo, stamattina, il centrodestra siciliano farà di tutto per apparire coeso, provando a nascondere eventuali divisioni che invece ci sono.

Ma se, ad esempio, stamattina, l’unico parlamentare leghista del centrodestra – Tony Rizzotto – dovesse dichiarare che non voterà per Miccichè presidente dell’Ars, già si aprirebbe una crepa.

Questo perché al coordinatore-commissario di Forza Italia in Sicilia verrebbe a mancare un voto, visto che la maggioranza che gli occorre per essere eletto è proprio di 36 voti su 70.

Riuscirà Miccichè ad ‘addomesticare’ la Lega Nord di Sicilia di Alessandro Pagano? Promettendogli che cosa, visto che è l’unica forza del centrodestra siciliano rimasta senza rappresentanza nel Governo?

Insomma, come per le elezioni regionali, quando andava il scena il ‘suk’ dei voti, da raccogliere nei quartieri popolari in tutti i modi possibili e immaginabili, in queste ore non è da escludere un ‘suk’ per le poltrone dell’Ars e, magari, del sottogoverno…

Per non parlare del fatto che, nel centrodestra, ci potrebbero essere altre defezioni (leggere franchi tiratori).

Per concludere, la partita di oggi, all’Ars, non è tanto l’elezione di Miccichè, che sembra scontata (a meno che, nello schieramento di centrodestra, non si materializzino più di undici franchi tiratori: ma questo sembra quasi impossibile), quanto come tale elezione avverrà.

Per dirla in breve, Forza Italia e il PD di Renzi, che a Roma sono già alleati per gestire il post elezioni (nel caso in cui Berlusconi e Renzi dovessero prendere la maggioranza tra Camera e Senato governerebbero insieme: eventualità improbabile appunto perché gli italiani l’hanno già capito), debbono oggi eleggere Miccichè alla presidenza dell’Ars provando a nascondere che sono già alleati…

 

 

 

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