Sgarbi fuori dalla Giunta Musumeci? Gli ‘appetiti’ di Forza Italia frenano la nascita del nuovo governo

21 novembre 2017

Il solito Gianfranco Miccichè, oltre alla presidenza dell’Ars per sé (sembra che si sia già messo d’accordo con il PD, che incasserebbe una delle due vice presidenze), vorrebbe sei assessorati. Chi resterebbe a bocca asciutta sarebbe la Lega Nord, che avrebbe messo la faccia in Sicilia per la bella faccia di Miccichè. Manovra in corso per non dare una vice presidenza dell’Ars ai grillini 

Tutto ha un prezzo. E quello presentato sul tavolo del neo presidente della Regione, Nello Musumeci, da Forza Italia è salatissimo. Il partito di Gianfranco Micciché, infatti, sembra intenzionato a reclamare più di quanto lo stesso ‘manuale Cencelli’ in salsa siciliana ammetterebbe in cambio del suo sostegno all’elezione del nuovo governatore. Vuole fare, insomma, la parte del leone a scapito dello stesso Musumeci e degli altri alleati. La cosa non sorprende: il senso della misura non è mai stata una caratteristica dei berlusconiani. E così, oltre alla Presidenza dell’Ars, il buon Micciché reclama cinque o, secondo alcuni, addirittura sei assessorati!

Richiesta che, va da sé, sta creando non pochi problemi a Musumeci, che non può non tenere conto del resto della coalizione, né sembra intenzionato a  sacrificare il suo movimento, #Diventeràbellissima, al quale vorrebbe destinare almeno due assessorati e niente poco di meno che quello alla Salute-Sanità (il nome che circola è quello di Ruggero Razza, suo fedelissimo) che insieme all’Agricoltura resta tra i più gettonati.

Sulla gestione della sanità la partita è aperta perché la prima scelta toccherebbe al Cantiere Popolare di Saverio Romano. Se questi ultimi dovessero cedere a Musumeci la gestione della sanità dovrebbero avere in cambio qualcosa di concreto.

Chi sacrificare?

In questo momento i più ‘trascurati’ sembrano i leghisti rappresentati in Sicilia da Alessandro Pagano che, però, minacciano fuoco e fiamme dinnanzi all’ipotesi esclusione dalla lista degli assessori, forti di quel 5,6% portato in dote alla coalizione dalla lista FDI-Noi con Salvini (e, secondo indiscrezioni, forti anche di un accordo pre-elettorale che qualcuno, adesso, si vorrebbe rimangiare…).

In questo quadro, che non ci racconta nulla di nuovo rispetto alle consuetudini della politica siciliana, sta suscitando qualche polemica il ruolo da assegnare a Vittorio Sgarbi. Il noto ed effervescente critico d’arte, come sappiamo, ha ritirato la sua candidatura alla Presidenza della Regione in cambio della promessa (a quanto pare garantita da Berlusconi) di un assessorato, quello ai Beni Culturali. Il problema è però che nessuno se lo vuole caricare sul groppone: Forza Italia tenta di farlo passare come “un tecnico” per non rinunciare ad una casella in più.

Un furbo, Micciché: che, probabilmente, sa che Sgarbi non sarebbe controllabile più di tanto. Tra l’altro gira voce che, proprio ai Beni culturali, il coordinatore siciliano degli azzurri vorrebbe un fidatissimo. In ballo c’è – così si sussurra – un concorso bloccato da anni – dal quale potrebbe venire fuori una nuova carrellata di dirigenti pronti a dire grazie a Forza Italia.

Musumeci, dal canto suo, non ci casca: se deve entrare in giunta,  Sgarbi deve essere ascritto alla quota azzurra. Se no, niente. Probabile, dunque, che il critico d’arte dovrà accontentarsi di un ruolo minore: magari la direzione della Fondazione Federico II, braccio operativo della presidenza dell’Assemblea regionale siciliana sulla quale l’onnipresente Miccichè vorrebbe andare a sedersi per la seconda volta (Miccichè ha già occupato la poltrona di presidente del Parlamento siciliano nella legislatura breve 2006-2008, interrotta dalle dimissioni dell’allora presidente della Regione, Totò Cuffaro, dopo la sua condanna).

Per il resto le cronache stamattina raccontano di una novità che a noi non sembra molto nuova: si parla di un accordo Forza Italia-PD che consentirebbe a Miccichè di acciuffare la presidenza dell’Ars (il voto per l’elezione del presidente è segreto e Miccichè teme eventuali franchi tiratori: da qui l’accordo con gli undici deputati del PD, o con una parte di questi) mentre il gruppo parlamentare del Partito Democratico metterebbe all’incasso una delle due vice presidenze.

Per la poltrona di vice presidente dell’Ars, frutto dell’eventuale accordo tra Miccichè e il PD, il nome indicato sarebbe quello di Luca Sammartino, noto cambiacasacche approdato tra le file renziane e recordman di voti a Catania. Lo ripetiamo: l’accordo non è affatto nuovo, al limite si sta palesando ora ad urne chiuse e riflette le mosse nazionali di PD e Forza Italia (o meglio, di Renzi e Berlusconi).

Nella testa di Micciché ci sarebbe anche un ruolo da vice presidente vicario per un esponente del MPA di Raffaele Lombardo. In questo secondo caso si parla di Roberto DI Mauro. Ma difficilmente i lombardiani accetteranno un tale contentino: per l’ex presidente della Regione, che ha contribuito in modo determinante all’elezione di Musumeci, andrebbe di certo meglio una bella poltrona di assessore da affidare a un suo fedelissimo.

Vero è che Lombardo dovrebbe poter contare su Gaetano Armao, destinato all’assessorato all’Economia e alla vice presidenza della Regione, già assessore dei suoi governi. Ma con la scusa che Armao è voluto da Berlusconi, Miccichè e Lombardo reclamano altre poltrone.

L’asse FI-PD permetterebbe anche di lasciare a bocca asciutta per la seconda legislatura consecutiva il Movimento 5 Stelle, al quale, come principale partito di opposizione, spetterebbe una vice presidenza (nella passata legislatura i grillini hanno avuto una vice presidenza: ma l’allora vice presidente, Antonio Venturino, pochi mesi dopo essere stato designato alla vice presidenza dell’Ars ha lasciato il gruppo parlamentare grillino tenendosi la poltrona).

Tirando le somme, quindi, se Micciché chiede sei assessorati oltre alla Presidenza dell’Ars (che di assessorati ne vale due in termini di peso politico), rimarrebbero sei posti da dividere tra UDC, lombardiani,  #Diventeràbellissima e Noi con Salvini.

Ma è chiaro che, secondo questo schema, il nuovo governo siciliano sarebbe, nei fatti, in buona parte il governo di Forza Italia. E Nello Musumeci, che ha promesso discontinuità, si ritroverebbe così a suggellare il potere berlusconiano nell’Isola. Un ritorno al passato nella forma e nella sostanza.

Sarà così? In questa video intervista rilasciata ieri, Musumeci giura che la parola d’ordine sarà “la discontinuità”. Vedremo.

Sempre per la cronaca è di oggi la notizia di una indagine per truffa e appropriazione indebita a carico del deputato regionale Riccardo Savona, rieletto all’Ars nelle liste di Forza Italia. Secondo il GDS, sarebbe “protagonista di una serie di compravendite immobiliari che chi indaga ritiene fittizie”. Con lui è indagata pure la moglie. Accuse che Savona respinge: “E’ tutta una montatura fatta da un avvocato e altri soggetti e dimostrerò, anche perché non conosco queste persone. Sono assolutamente sereno, mi dà fastidio solo essere stato tirato in ballo in questo momento politico particolare” dice all’ANSA.
“Non conosco queste persone, so che in campagna elettorale si sono presentate al Caf ma non so bene perché”. “In questa storia la vittima sono io – aggiunge -. Anche mia moglie è estranea. So che c’è stata una indagine della guardia di finanza ma non mi pare che sia emerso nulla di anomalo. Io ho chiesto ai magistrati di essere ascoltato il prima possibile”.

Savona va ad aggiungersi alla lista degli altri indagati “eccellenti”: Cateno De Luca (eletto con UDC), indagato per evasione fiscale, al quale ieri il Gip ha revocato i domiciliari. Edy Tamajo (eletto con SICILIA Futura), indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. E Tony Rizzotto (eletto con Noi con Salvini) indagato per peculato per questioni legate all’ente di formazione Isfordd.

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