Comitato nazionale Pro Province: citeremo in giudizio i politici che hanno fatto fallire le Province

5 ottobre 2017

“Non si riesce a capire come possa essere consentito che un dipendente vincitore di un concorso pubblico non venga retribuito per mesi o lo si lascia nel limbo e nell’incertezza”, dice il presidente del Comitato nazione Pro Province. Da qui l’avvio di azioni legali contro ha determinato il fallimento delle Province. le critiche serrate al Governo Renzi e al Governo Crocetta

da Salvatore Giuseppe Sangiorgi
presidente del Comitato nazione Pro Province
riceviamo e pubblichiamo

Essendomi impegnato per anni a difesa delle Province, avendo costituito un comitato nazionale a sostegno dell’ente, guardando la manifestazione dei dipendenti della ex Provincia di Ragusa di questi giorni e quella di Siracusa di qualche mese fa, con le quali rivendicano il pagamento degli stipendi arretrati e certezza sul futuro lavorativo, ho ritenuto necessario esprimere la posizione
del Comitato, soffermandomi sul comportamento adottato dalla politica e dei suoi rappresentanti di questo paese.

Prima di entrare nel dettaglio, considerato che si parla di diritto al lavoro, volevo ricordare che tra i principali sostenitori del Governo Crocetta ci sono persone che provengono dal sindacato, cioè quelle organizzazioni che sono nate e vivono per salvaguardare i lavoratori. Mi riferisco in particolar modo al Vice Presidente dell’Ars, Giuseppe Lupo, ex segretario regionale della CISL, alla deputata Mariella Maggio ex segretario regionale della CGIL, a Filippo Panarello, ex altro segretario regionale della CGIL, all’assessore all’Istruzione, Bruno Marziano ex segretario provinciale e poi generale della CGIL Siracusa ed ex Presidente della Provincia di Siracusa, a Mariella Lo Bello, vice Presidente della Regione anche lei segretario generale CGIL della provincia di Agrigento.

Questa precisazione viene fatta, non perché non credo al ruolo e la funzione del sindacato, che nelle relazioni tra datore di lavoro e dipendente pubblico o privato che sia, svolge un ruolo direi “essenziale”, ma non credo in queste persone che lo hanno rappresentato.

Sull’abolizione o riforma delle Province, in questi ultimi anni la politica nazionale, ma soprattutto quella regionale, hanno legiferato sistematicamente in violazione dei principi costituzionali, di trattati europei e leggi dello Stato, che in uno Stato di diritto che si rispetti, non dovrebbe essere consentito a nessuno, tantomeno a Renzi e Crocetta.

Uno, Renzi, perché non è stato votato da nessuno a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio, mentre l’altro, che è stato votato a Presidente della Regione da una minoranza di siciliani, e quindi di fatto, entrambi non legittimati a fare riforme strutturali, come quella delle Province.

In questo caos di riforma non riforma, non riesco a capire come possa essere consentito che un dipendente vincitore di un concorso pubblico non venga retribuito per mesi o lo si lascia nel limbo e nell’incertezza.

In Italia tale comportamento non viene consentito nel settore privato, figuriamoci se ciò matura tra un ente costituzionalmente garantito, come la Provincia e i dipendenti, che sono regolamentati da contratti pubblici.

Non si riesce a capire come mai l’ex Presidente del Consiglio, Renzi, non perdeva occasione per andare in Tv a difendere il lavoro dei dipendenti delle Banche fallite (Banca Etruria, Banca…) – dipendenti, lo ricordiamo, di un settore privato – lasciando inspiegabilmente alla deriva per anni i dipendenti pubblici provinciali.

Sull’altro fronte, la politica regionale dovrebbe spiegare, come mai si trovano le risorse in Bilancio per continuare a finanziarie fondazioni, associazioni e tabelle H, che sono sempre organizzazioni riconducibili al privato, e continuare a ridurre i trasferimenti obbligatori a Comuni e Province mettendo a rischio i servizi essenziali.

Con il mancato trasferimento dei fondi regionali, assieme al pignoramento coattivo delle risorse finanziarie adottato dal Governo nazionale, stanno di fatto decretando d’ufficio, il dissesto finanziario di Stato di questi enti – le Province – un tempo virtuosi.

L’incoerenza e il corto circuito dell’agire politico lo si evidenzia nelle ultime dichiarazioni pre elettorali rilasciate dal Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, che annuncia l’assunzione nei ranghi della pubblica amministrazione di 500 mila dipendenti, senza curarsi minimamente della ricollocazione dei dipendenti provinciali, delle società partecipate e di tutti
coloro che hanno lavorato e lavorano in convenzione con gli enti.

Uno Stato serio dovrebbe onorare gli impegni già presi contrattualmente con i propri dipendenti, prima ancora di assumerne altri, perché si rischia di perdere di credibilità, che uno Stato moderno, emancipato, industrializzato come l’Italia non può permettersi di perdere.

In considerazione di quanto sinora detto, mi sento autorizzato a dire che nei confronti dell’ente Provincia e, in maniera particolare, dei loro dipendenti, sono stati adottati dei provvedimenti di tipo discriminatorio, vessatorio ed anche persecutorio, con l’aggravante che tutto è maturato in un quadro di manifestata superficialità.

Ritengo che ci sia abbastanza materiale per chiamarli in giudizio, attraverso inevitabili azioni legali, non contro la politica in generale, ma contro quei politici che hanno gestito le istituzioni in maniera leggera, andando sistematicamente e ripetutamente contro i pareri autorevoli della Corte dei
Conti e della Ragioneria Generale dello Stato, che in più occasioni, con i numeri e non con le parole, hanno sempre affermato che, con la soppressione delle Province non ci saranno considerevoli risparmi di spesa pubblica, in quanto trattasi di spesa obbligatoria, inevitabile e quindi non comprimibile.

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