Malaria, il professor Crisanti: “Non è una malattia rara, diagnosi precoce fondamentale”

5 settembre 2017

Intervista al professor Andrea Crisanti, uno dei massimi esperti italiani in malariologia, nonché parassitologo molecolare dell’Imperial College di Londra e autore della ricerca- finanziata da Bill Gates- sul genoma della zanzara portatrice della malaria. Con lui abbiamo parlato del caso della bimba morta a Brescia e della diffusione della malattia…

Sta scuotendo l’Italia il caso della bimba di quattro anni  morta di malaria. La piccola Sofia Zago, di Trento, è morta nella notte tra domenica e lunedì all’ospedale di Brescia dove era stata trasferita d’urgenza. Oltre al dolore per la tragica fine della piccola, c’ è  sconcerto e stupore. Come è possibile che una bambina italiana che non era mai stata  in quei Paesi dove la malattia è endemica, possa averla contratta? Cosa è successo?

Le ipotesi in questo momento si rincorrono. Ma, a ben guardare “non sono poi così tante”. Parola del professor  Andrea Crisanti, uno dei massimi esperti italiani in malariologia, nonché parassitologo molecolare dell’Imperial College di Londra, tra gli autori della ricerca sul genoma della zanzara portatrice del parassita, finanziata da Bill Gates. In pratica, gli scienziati guidati da Crisanti hanno geneticamente modificato i maschi di Anopheles gambiae, in modo da renderli portatori di un gene che interrompe la produzione delle uova nelle femmine, portatrici del parassita. Questa pratica potrebbe eliminare nel giro di pochi anni la specie di zanzara portatrice della malaria La ricerca è descritta in uno studio su Nature Biotechnology e la notizia ha fatto il giro del mondo.

Il Professor Crisanti ha gentilmente accettato di parlare con noi del caso della bimba di Brescia. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Londra. La prima cosa che ci dice è la seguente:

“Purtroppo il fatto che non sia stata fatta la diagnosi in tempo, non ha lasciato scampo alla bimba. La malaria cerebrale è una ulteriore complicazione della malattia e a quel punto c’è poco da fare. Capisco – sottolinea il professor Crisanti- che era difficile immaginare un caso di malaria in una bambina che non aveva viaggiato, ma la diagnosi precoce è fondamentale. Di malaria si guarisce se diagnosticata in tempo”. 

Inutile negare che le parole del professore suscitano amarezza. Ma i sentimenti e la scienza sono due piani che non vanno confusi:

“Ripeto, so che i medici tutto potevano immaginare tranne un caso simile in una bimba italiana che non era stata all’estero. So che è difficile. L’unica cosa che contesto- dice il professore ai Nuovi Vespri- è che si parli di malaria come di una malattia rara. Non lo è affatto. Non lo è nel mondo: colpisce più di 200 milioni di persone l’anno  e provoca più di 430mila morti. Non lo è in Italia dove è vero che non è più una malattia endemica ma ogni anno si registrano diverse centinaia di casi, tra turisti che tornano in Italia dopo essere stati in paesi a rischio e migranti che arrivano con la malattia”.

Allora cosa è successo alla piccola Sofia?

“Le ipotesi non possono essere tante. Magari  la bambina, giocando con un bimbo infetto, è stata contagiata col sangue. Sappiamo che la bambina era stata ricoverata in un reparto dove c’erano altri due bimbi colpiti da malaria. Quindi si potrebbe pensare che una zanzara ha punto quei bambini e poi lei o che tra i giocattoli di quei bambini ci fosse una zanzara importata dall’Africa, dove erano stati. Dobbiamo aspettare i risultati dell’indagine dell’ISS per capire di più. Possiamo dire- conclude il professor Crisanti- che in Italia non c’è mai stato negli ultimi anni un caso di contagio diretto da zanzara, ma da zanzare importate sì”.

Dobbiamo preoccuparci?

“Dobbiamo preoccuparci se si scopre che è stata una trasmissione autoctona. E se così fosse, verrebbero fuori altri casi nella zona. Ci sarebbe un focolaio di infezione. Ma al momento non ci sono elementi per pensarlo. E, quindi, il caso della bambina andrebbe ad aggiungersi ai casi registrati annualmente. L’importante è ricordarsi sempre che la malaria è una possibilità anche in Italia e che la diagnosi resta fondamentale”. 

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