Pasta, industriali di nuovo all’attacco di GranoSalus (e Nuovi Vespri). De Bonis: “Siamo sereni”

25 agosto 2017

I giudici di Roma si sono già pronunciati sull’azione promossa dagli industriali della pasta contro GranoSalus e I Nuovi Vespri. E hanno respinto le tesi degli industriali. Che però sono tornati alla carica. Cosa vogliono? Cosa contestano? Ne parliamo con Saverio De Bonis, presidente di GranoSalus. L’occasione per parlare di tutte le questioni legate al grano duro del Sud Italia, dal CETA a quella che si annuncia come una mezza sceneggiata: l’etichettatura della pasta con l’indicazione dell’origine del grano (o quasi…) 

Il primo pronunciamento della magistratura ha dato ragione a GranoSalus e a I Nuovi Vespri (QUI L’ARTICOLO). Ma le grandi industrie della pasta insistono. E chiedono ai giudici di pronunciarsi una seconda volta. La Storia è nota: GranoSalus – l’associazione che raccoglie consumatori e produttori di grano duro del Sud Italia – ha promosso le analisi sulla pasta prodotta da otto grandi marche del nostro Paese. Da tali analisi sono emersi alcuni problemi: ovvero la presenza di contaminanti: glifosato, Micotossine DON e cadmio (QUI I RISULTATI DELLE ANALISI).

Gli industriali della pasta replicano dicendo che i contaminanti sono presenti in quantità entro i limiti fissati dall’Unione Europea. Tutto vero.

Ma a parte il fatto che l’Unione Europea potrebbe anche abbassare tali limiti, il problema è un altro e si sintetizza nella seguente domanda: perché le industrie della pasta italiane utilizzano i grani duri esteri, che spesso contengono glifosato e micotossine DON, quando potrebbero utilizzare il grano duro del Mezzogiorno d’Italia che è naturalmente privo di questi contaminanti?

La verità è che, a monte, c’è tutto un sistema – legato agli interessi delle multinazionali – che tenda a penalizzare il grano duro prodotto nel Sud Italia.

Si comincia con il controllo dei prezzi da parte delle multinazionali. Tutto parte dal mercato del grano più importante del mondo: quello di Chicago. E’ in questa città che le multinazionali decidono a che prezzo dovrà essere pagato il grano duro.

Poi c’è il mercato di Foggia, il più importate d’Italia. E sul mercato di Foggia, ormai da tempo, GranoSalus ha acceso i riflettori. Su questo fronte non sono mancate polemiche durissime. Con accuse precise lanciate da GranoSalus lo scorso dicembre:

L’industria della pasta condiziona il mercato di Foggia e tiene basso il prezzo del grano duro“.

E’ giusto riportare anche la posizione degli industriali della pasta. I quali dicono che le quantità di grano duro che l’Italia produce non bastano per i bisogni della grande industria italiana.

Quello che non viene detto, però, è che, negli ultimi anni, nel Sud Italia gli agricoltori hanno abbandonato 300 mila ettari circa di seminativi. Tutto questo è avvenuto perché le multinazionali vorrebbero smantellare il grano duro del Sud Italia per far posto al grano duro canadese.

Non ci stiamo inventano nulla, perché i nostri lettori conoscono già, e molto bene, la storia del CETA. Il CETA è un accordo commerciale internazionale tra Unione Europea e Canada in base al quale i Paesi dell’Unione, che gli piaccia o no, dovranno accettare prodotti che arrivano dal Canada (in calce a questo articolo potete leggere alcuni articoli sul CETA dove si spiega di che cosa si tratta e degli effetti che avrà in Europa e in Italia).

Tra questi prodotti che arrivano dal Canada c’è anche il grano duro canadese. Che come i nostri lettori sanno, se è prodotto nelle aree fredde e umide di questo Paese non è esattamente un grano duro di alta qualità… (QUI L’ARTICOLO SULLE ‘QUALITA’ DEL GRANO DURO CANADESE COLTIVATO NELLE AREE FREDDE E UMIDE).

Dare da mangiare agli italiani questo grano è una follia.

In Italia il grano duro arriva con le ‘famigerate’ navi contro le quali il titolare di questo blog, Franco Busalacchi, candidato alla presidenza della Regione, conduce una battaglia: Busalacchi, se eletto alla guida della Sicilia, si impegnerà a non farle più arrivare nei porti della nostra Isola (QUI IL VIDEO DI BUSALACCHI).

Ricordiamo che il CETA è stato approvato dal Parlamento Europeo. In favore del CETA hanno votato il PPE e i Socialisti europei. Per gli italiani hanno votato in favore di questo accordo commerciale il PD e Forza Italia.

Anche la Regione siciliana collabora, con l’Unione Europea, allo smantellamento del grano duro siciliano. Lo abbiamo denunciato raccontando come, con i soldi del Piano di Sviluppo Rurale (i fondi europei destinati all’agricoltura siciliana), la Regione e la UE pagano gli agricoltori siciliani che tengono i seminativi incolti: UNA VERGOGNA CHE POTETE LEGGERE IN QUESTO ARTICOLO. 

Una vergogna voluta dalla ‘Grande’ Unione Europea per eliminare il grano duro del Sud Italia – che sotto il profilo della qualità è uno dei migliori del mondo – per fare posto al grano duro canadese!

E oggi?

“Oggi aspettiamo con serenità il secondo pronunciamento del Tribunale che valuterà, per la seconda volta, i rilievi mossi al nostro operato dagli industriali della pasta”, ci dice Saverio De Bonis, presidente di GranoSalus.

Eh sì, la battaglia del grano è ancora tutta da vincere. Come già ricordato, le grande industria è tornata alla carica. L’idea che il Sud Italia si ribelli alle multinazionali non piace agli industriali della pasta italiana e non piace a un’Unione Europea che, ormai da anni, è al soldo delle multinazionali, alla faccia dell’Europa dei popoli, che è solo uno specchietto per le allodole.

Cosa vogliono ancora gli industriali?

“Hanno proposto una sorta di appello presso lo stesso Tribunale di Roma. Che, come ho già accennato, valuterà i rilievi proposti”.

E voi cosa ne pensate?

“Noi siamo sereni. Abbiamo fiducia nella Giustizia”.

Le grandi industrie della pasta contestano le vostre analisi?

“No. Non sono mai entrati nel merito delle nostre analisi. Non hanno mai detto che le analisi che abbiamo disposto sulla pasta sono infondate”.

E allora qual è il problema?

“E’ quello che stiamo cercando di capire. Noi abbiamo mantenuto i nostri dubbi sulle miscelazioni dei grani e sul cosiddetto effetto cocktail. Dubbi, i nostri, che non sono mai stati smentiti”.

Cosa dicono gli industriali?

“Dicono che le procedure che loro seguono sono corrette”.

E voi?

“La nostra posizione è nota. Noi diciamo: ma se il grano duro del Sud Italia è privo di glifosato e Micotossine DON, perché ricorrere al grano duro estero? Il fatto che in questi grani duri esteri i contaminanti siano presenti in quantità inferiori ai limiti fissati dall’Unione Europea non significa nulla: se gli italiani – e non soltanto gli italiani, visto che la pasta del nostro Paese viene esportata – hanno la possibilità di mangiare pasta e, in generale, derivati del grano privi di questi contaminanti, perché debbono mangiare pasta che contiene questi contaminanti, anche preseti nei limiti di legge fissati dalla UE. Tra l’altro…”.

Tra l’altro?

“Tra l’altro abbiamo dimostrato che, in alcuni casi, ci sono problemi per i bambini. Per alcune marche di pasta ci sono problemi per i bambini di età inferiore a tre anni. Sotto questo profili le mamme andrebbero informate. E invece questa informazione non c’è. E poi ci sono altri problemi per i bambini da tre a nove anni”.

Ovvero?

“Per i bambini da tre a nove anni c’è un vuoto normativo. Mi riferisco al glifosato e al cadmio. Ci potrebbero essere dei problemi. Insomma, per i bambini sarebbe meglio evitare la pasta che contiene queste sostanze”.

E i divieti?

“No vengono rispettati. Nei porti italiani arrivano merci che non vengono controllate. A ferragosto, a Bari, è arrivata una nave carica di grano duro. E’ arrivata dall’Australia. Che grano ha portato nel nostro Paese? Non abbiamo informazioni precise. Sappiamo solo che si tratta di 430 mila quintali di grano duro. E’ il grano che potrebbe essere prodotto in 14 mila ettari di terreni del Sud Italia. Una nave che è arrivata dall’Australia ha portato in Italia un quantitativo di grano duro che è pari a quello che avrebbero prodotto trecento aziende agricole italiane! Di fatto, il carico di questa nave sta togliendo il pane a trecento aziende di grano duro del Mezzogiorno d’Italia”.

Magari a produttori di grano del Sud che si sono rifiutati di vendere il proprio grano duro a 20 euro al quintale…

“Per l’appunto. Qui tengono i prezzi bassi per ‘strozzare’ i nostri produttori. Poi con le navi fanno arrivare il grano duro estero”.

Ma almeno siete riusciti a capire che tipo di grano duro è arrivato con questa nave australiana?

“Anche su questo punto non c’è chiarezza. Ci dicono: il grano australiano è buono. Ma siamo sicuri che è un grano duro australiano? E se fosse un grano duro frutto di ‘triangolazioni’?”.

Cioè un grano duro di un Paese, portato in Australia e poi presentato come grano duro australiano?

“Esatto. Già abbiamo più volte ‘sgamato’ queste triangolazioni diaboliche. Poi diciamo: questa nave ha impiegato cinquanta giorni per arrivare a Bari. Cinquanta giorni significa inquinamento dell’ambiente. Perché tutto questo? La verità è che sulla pasta ci raccontano un sacco di favole”.

A proposito di ‘favole’, parliamo un po’ dell’etichettatura della pasta, che il Governo nazionale presenta come l’elisir di tutti i mali…

“Si avvicinano le elezioni politiche nazionali e hanno tirato fuori questa storia delle etichette. Guarda caso, l’etichettatura della pasta, con l’indicazione, in verità molto sommaria, dell’origine del grano, dovrebbe partire il 17 febbraio del prossimo anno, a ridosso delle elezioni politiche nazionali”.

Ma voi cosa pensate di questa etichettatura?

“Intanto va detto che l’Italia sta anticipando l’applicazione di un regolamento che l’Unione Europea non ha ancora approvato. Un regolamento che funzionerebbe solo in Italia. Che, sotto questo profilo, diventerebbe un Paese autarchico”.

Se non ricordiamo male in passato un tentativo del genere, da parte dell’Italia, c’è stato…

“Sì. Ci ha provato l’ex Ministro dell’Agricoltura, Gianni Alemanno. tentativo bloccato dall’Unione Europea”.

E oggi?

“Ci sta riprovando l’attuale Governo italiano. All’insegna della confusione, soprattutto per il grano”.

Perché?

“Ammesso che la UE consenta solo all’Italia l’etichettatura, va detto che tale metodo, tutto sommato, potrebbe funzionare per il riso. Ma non per la pasta. Perché si prevedono dizioni confuse, che non informeranno i consumatori”.

Se non abbiamo capito male, i consumatori leggeranno sulle etichette: pasta prodotta con grano duro UE e pasta prodotta con grano duro non UE. 

“E’ così. Vogliono illudere i consumatori”.

Però la dizione “pasta prodotta con grano duro non UE” potrebbe spingere i consumatori a non acquistare tale prodotto. 

“E’ vero. Ma ai consumatori non interessa sapere se la pasta è prodotta con grano duro UE e non UE: ai consumatori interessa sapere se la pasta che acquistano contiene o no contaminanti. Anche perché abbiamo visto che qualche marca di pasta che si presenta come un prodotto fatto con grano duro italiano presenta tracce di contaminanti. E allora invece di ricorrere a queste informazioni cervellotiche, che alla fine non danno ai consumatori le informazioni che servono, pensiamo a un’etichettatura che, lo ribadisco, informi sulla presenza o meno di contaminanti”.

Per esempio, questa pasta è fatta con grano duro che non contene né glifosato, né micotossine.

“Esatto. Servono informazioni chiare. Sulle cose che contano, non le chiacchiere inutili.Questa, oggi, è la chiave di volta per dare serenità e certezze ai consumatori”.

 

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