Elezioni regionali siciliane/ Forza Italia e PD si affidano a Berlusconi e a Renzi (e Orlando), ma…

24 agosto 2017

… ma anche Berlusconi e Renzi (e Leoluca Orlando), fino ad oggi, hanno fatto solo buchi nell’acqua. Il ‘capo’ di Forza Italia pensava di avere seguito in Sicilia: dove, però, nessuno se lo fila. Vorrebbe sostituire Nello Musumeci con Gaetano Armao: ma finora ha mangiato solo polvere. Nel centrosinistra Renzi e Leoluca Orlando si sono giocati la carta di Fabrizio Micari: ma anche questo candidato trova più ostacoli che consensi

A che punto è la campagna elettorale per le elezioni regionali siciliane? Ci sono i candidati già in corsa, come il titolare di questo blog, Franco Busalacchi, come il grillino Giancarlo Cancelleri, come il candidato finora di una parte del centrodestra, Nello Musumeci, come il candidato della Sinistra alternativa al PD, Ottavio Navarra, e come il presidente della Regione uscente, Rosario Crocetta. Poi ci sono quelli in campagna elettorale metà sì e metà no, come l’ex rettore dell’università di Palermo, Roberto Lagalla. E poi ci sono quelli che fanno chiacchiere.

I più chiacchieroni di tutti sono gli esponenti del centrodestra e del centrosinistra. I due schieramenti politici siciliani, in queste ore, stanno dimostrando di non avere, nella nostra Isola, una classe dirigente in grado di decidere sulle candidature per le elezioni regionali.

Nel centrodestra Gianfranco Miccichè, commissario-coordinatore di Forza Italia in Sicilia, sembra ormai un pugile suonato. Nemmeno parla più. La situazione è stata presa in pugno da Berlusconi che, fino ad oggi, sta emulando il suo delfino siciliano, il già citato Miccichè, inanellando solo buchi nell’acqua.

Berlusconi, chiama, dispone, ordina: ma in Sicilia non se lo fila nessuno. L’ex Cavaliere vorrebbe che Nello Musumeci si facesse da parte per fare posto all’avvocato Gaetano Armao, già assessore regionale del Governo di Raffaele Lombardo. Per tutta risposta Musumeci ha fatto stampare i manifesti elettorali e va avanti. Ed è anche logico: è in campagna elettorale dal novembre dello scorso anno e ha fatto sapere a chiare lettere che non si ritirerà mai.

Si attende la contromossa di Berlusconi (o quasi). L’ex Cavaliere potrebbe forzare la mano e candidare Armao: ma teme che il suo candidato prenda meno voti di Musumeci, dal momento che mezza Forza Italia in Sicilia non lo segue più.

Per Berlusconi, adesso, il problema è come uscire dal tunnel dove è andato a cacciarsi senza perdere ulteriore credibilità politica a livello nazionale. E’ per questo che sta chiedendo aiuto alla Lega di Salvini e a Giorgia Meloni? Si vedrà.

Non va meglio nel centrosinistra. Dove, di fatto, la situazione è stata presa nelle mani da Matteo Renzi, che manda avanti il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

Il progetto era quello di convincere il presidente della Regione uscente, Rosario Crocetta, a dimettersi. Cosa, questa, che consentirebbe a Leoluca Orlando di candidarsi: stando alla legge elettorale siciliana, infatti, un sindaco di una città con un numero di abitanti superiore a 20 mila si può candidare al Parlamento siciliano (ricordiamo che il presidente della Regione è anche parlamentare regionale) o dimettendosi 180 giorni prima (e per Orlando ormai il tempo è scaduto), o inseguito alle dimissioni anticipate del presidente uscente o, comunque, in seguito all’interruzione anticipata della legislatura.

Solo che Crocetta non ne vuole sapere di dimettersi. E anzi si è ricandidato – con tanto di manifesti giganti dove campeggia la sua faccia con lo slogan “La Sicilia ai Siciliani” che fu di Antonio Canepa, il grande leader degli Indipendentisti siciliani che con Crocetta, con rispetto parlando, non ha nulla a che spartire. Ma tant’è.

Renzi potrebbe forzare la mano e commissariare la Regione siciliana. Ma Crocetta resterebbe candidato. E candidato ormai, alla sinistra del PD, come già ricordato, è anche Ottavio Navarra.

Orlando ha capito che la sua candidatura non è più così ‘liscia’. E allora ha tirato fuori il nome del rettore dell’università di Palermo, Fabrizio Micari.

Già, il rettore. E’ stato il sindaco di Palermo a fare il nome di Micari? O è stato Renzi? Non si capisce.

Quello che si capisce è quello che già tutti sanno: e cioè che Micari, nelle settimane precedenti il ‘disgraziato’ (per Renzi, non certo per l’Italia) referendum dello scorso 4 dicembre, invitava a Palermo Renzi una settimana sì e l’altra pure. Insomma, il nome di Micari, ormai, in Sicilia, è indissolubilmente legato a quello di Renzi: cioè al grande sconfitto del referendum dello scorso 4 dicembre, quando gli italiani hanno ‘bocciato’ le riforme costituzionali renziane.

Per la Sicilia, poi, un candidato renziano è un pugno nello stomaco, se è vero che il 70% dei votanti dell’Isola ha votato No alle riforme renziane.

Insomma Renzi e Orlando hanno combinato un papocchio: non sono riusciti a convincere Crocetta a ritirarsi (dopo il celebre “Stai sereno” pronunciato da Renzi all’indirizzo di Letta nessuno crede più al Pinocchio fiorentino: e tra quelli che non crede alle promesse di Renzi c’è Crocetta) e hanno trovato un candidato – Micari – che non vuole nessuno.

Non solo. Renzi e Orlando erano riusciti a convincere i dirigenti siciliano di Articolo 1 MDP e di Sinistra Italiana a restare nel centrosinistra allargato. Ma da Roma i vertici dei due partiti hanno smentito i dirigenti siciliani.

Per Sinistra Italiana il parlamentare nazionale, Erasmo Palazzotto ha detto a chiare lettere che il suo partito non sarà mai alleato del partito del Ministro, Angelino Alfano.

I bersaniani siciliani, invece, sono stati direttamente ‘commissariati’ da Roma. A richiamarli all’ordine ha pensato il presidente del gruppo parlamentare, Francesco Laforgia:

“Credo nell’autodeterminazione dei popoli e quindi la vicenda siciliana la scioglieranno, innanzitutto, i siciliani, insieme al coordinatore nazionale di Articolo Uno. Dico la mia. Penso non solo che da un patto tra Renzi e Alfano, in quella regione, tanto più se prefigura un’alleanza alle prossime politiche, noi dovremmo starcene alla larga. Ma anche che quel patto rappresenti una delle ragioni per le quali stiamo costruendo un soggetto, di sinistra, alternativo alle destre e al PD. Se terremo la barra dritta su questo, il nostro messaggio sarà più chiaro. E noi più credibili”.

Insomma, non sappiamo in quali forme, ma Sinistra Italiana e i bersaniani dovrebbero dire addio a Renzi, al PD siciliano e al sindaco di Palermo.

Da parte sua Leoluca Orlando, sul Giornale di Sicilia, si arrampica sugli specchi. Dice che c’è stato un equivoco, ovvero che la candidatura di Micari è stata scambiata per una candidatura di Renzi e Alfano e bla bla bla.

In realtà, a Palermo tutti ricordano gli incontri al Teatro Massimo tra Renzi e Micari: se ne ricordano soprattutto gli studenti che protestavano picchiati dai celerini.

La sensazione è che Orlando sia in grande difficoltà. E ancora più in difficoltà del sindaco di Palermo sono il PD e gli ‘Angelini’ (per ‘Angelini’, nella politica siciliana, s’intendono il Ministro Angelino Alfano e i suoi).

I vertici del PD siciliano sono letteralmente terrorizzati dalla lista di Ottavio Navarra, che nelle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana ‘rischiano’ di strappare una caterva di voti al Partito Democratico.

Gli ‘Angelini’, da parte loro, non sanno quali ‘sberle’ prendere prima: il centrodestra li ha respinti, nel centrosinistra erano riusciti ad entrare con Renzi e Orlando, ma i vertici romani di Sinistra Italiana e di Articolo 1 MDP hanno bloccato tutto. Vai a capire che fine faranno…

 

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