Durante il Regno delle Due Sicilie Palermo era pulita e a Napoli c’era la raccolta differenziata del vetro

8 agosto 2017

Oggi, pur pagando una salatissima tassa dei rifiuti, Palermo e Napoli sono sporche. Ma ci fu un tempo, durante il Regno delle Due Sicilie, in cui il servizio di pulizia delle due città funzionava benissimo. E erano previste pene severe per chi sporcava. E a Napoli, addirittura, c’era la raccolta differenziata del vetro  

Le vicissitudini della raccolta rifiuti che ormai da tempo affliggono drammaticamente e caratterizzano in negativo città come Palermo e Napoli, con le prospettive di dissesti finanziari per i Comuni delle due città inducono ad opportune riflessioni su quella che, nei tempi passati, fu allora, a differenza di oggi, un’oculata e responsabile gestione dei rifiuti da parte degli amministratori pubblici del passato.

Già nel lontano 1330 antichissime ordinanze della città di Palermo relative alla pulizia dei luoghi pubblici facevano obbligo ai bottegai di quel tempo di ripulire gli spazi antistanti ai loro locali da “li mundizi de li fogli et di li cannameli e che niuna persona digia gictari o farci gictari, quanto per fenestra quanto per porta, ne de jornu ne de nocte, ne mundiza, ne aqua lorda”. Per cui si faceva obbligo a tenere sempre tutto pulito e perfino le famose “balate della Vucciria”, che erano sempre lavate e splendenti, tanto da ingenerare il famoso detto per cui, per le cose impossibili da realizzare, si era usi dire “quannu siccanu i balati ra vucciria”.

A dimostrazione di quanto il problema dei rifiuti, allora, fosse realmente sentito, successive ordinanze nel 1335 istituivano, per i cinque quartieri di Palermo, un responsabile per ciascun quartiere (Cassaro, Kalsa, Albergheria, Seralcaldi e porta Patitelli) perché questo responsabile vigilasse affinché non si buttassero rifiuti nei luoghi pubblici:

“Uno homu,chi sia mastro del la mundiza et chi la dicta mundiza non si digia gictari in li mura de la citati”.

Nel 1600 poi la raccolta dei rifiuti a Palermo (le cronache del tempo ancora non parlavano di raccolta differenziata, cosa che avverrà, come vedremo, più avanti a Napoli ad opera dei Borbone) fece un salto di qualità. Il Senato Palermitano affidò il servizio a “quattro carrozzoni ben in ordine, da tirarsi con cavalli e mule”. Non erano ancora stati istituiti, per fortuna dei palermitani d’allora, i consigli di amministrazione delle municipalizzate in cui allocare i referenti politici dei vari partiti, con gravi costi e pregiudizi per la collettività e i bilanci comunali, ma soprattutto non erano state ancora inventate le varie tasse sui rifiuti tra le più alte d’Italia, per una città “infelicissima” come Palermo, tra le più povere.

Allora, poiché il paradosso è divenuto realtà e oggi “siccaru i balati ra Vucciria”, ovvero si sono prosciugati, con decine di milioni di debiti, i fondi e i bilanci delle municipalizzate e del Comune, perché non tornare alla raccolta dei rifiuti con le vecchie ordinanze della Palermo “felicissima” di un tempo che tanto bene funzionavano e che sicuramente oggi metterebbero fine agli sprechi e agli sconquassi delle municipalizzate di Palermo?

A Napoli poi, dal canto loro, i tanto vituperati Borbone, con Ferdinando II, circa due secoli fa, addirittura introdussero e furono gli antesignani della raccolta differenziata dei rifiuti, oggi di grande attualità.

A tal proposito un decreto del 3 maggio 1832 a firma dell’allora prefetto di Polizia, Gennaro Piscopo, composto di 12 articoli, prendeva, a quei tempi, in esame la situazione igienica di Napoli prevedendo, tra l’altro, pene detentive per i trasgressori più di quanto previsto dalla normativa.

Il decreto disciplinava dettagliatamente lo spazzamento e l’innaffiamento delle strade, comprendente anche una sorta di “raccolta differenziata” per il vetro che, a sua volta, veniva recuperato e riciclato nelle numerose vetrerie esistenti nel Regno delle Due Sicilie.

La normativa così testualmente recitava:

“Tutti i possessori o fittuari di case, di botteghe, di giardini, di cortili e di posti fissi e volanti, avranno l’obbligo di far ispazzare la estensione di strada corrispondente al davanti della rispettiva abitazione, bottega, cortile e per lo sporto non minore di palmi dieci distanza dal muro o dal posto rispettivo. Questo spazzamento dovrà essere eseguito in ciascuna mattina prima dello spuntar del sole, usando l’avvertenza di ammonticchiarsi le immondizie al lato delle rispettive abitazioni e di separarne tutt’i frantumi di cristallo o di vetro che si ritroveranno, riponendoli in un cumulo a parte”.

Gli articoli del decreto ponevano tra gli altri il divieto di gettare dai balconi materiali di qualsiasi natura, comprese le acque utilizzate per i bagni e di lavare e di stendere i panni lungo le strade abitate prevedendo per i contravventori pene pecuniarie e addirittura la detenzione. Provvedimenti che a metà del 1800 fecero di Napoli una delle città più pulite d’Europa.

In conclusione, per quanto detto, oggi ai palermitani e ai napoletani sommersi dall’immondizia non resta altro che rimpiangere quei bei tempi andati dei secoli scorsi

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