Ex Province inguaiate dalla Regione e dissanguate dallo Stato: l’allarme della Corte dei Conti

22 giugno 2017

“Nell’ambito dei vincoli di finanza pubblica, assume particolare rilevanza il prelievo “forzoso” che lo Stato ha richiesto al comparto delle province e delle città metropolitane, a partire dal 2014″. E che alla Sicilia costa particolarmente caro… A ciò si aggiunge lo “stallo politico – amministrativo” venutosi a creare con il pasticcio della riforma regionale. La relazione della Corte dei Conti della Sicilia

Una nuova relazione della Corte dei Conti Siciliana passa ai raggi X la situazione delle ex Province. O meglio, per usare le parole dei magistrati contabili, “esamina il progressivo deterioramento del sistema di finanza pubblica provinciale”. 

Il quadro dipinto è da urlo. Tra riforme papocchiate della Regione e prelievi di risorse da parte del Governo centrale- il famigerato contributo alla finanza pubblica- la situazione sembra ormai precipitata.

Ma andiamo con ordine. Nella prima parte della relazione, viene descritto il processo di riordino istituzionale: dalle legge regionale 4 agosto 2015, n. 15, recante “disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane”, alle modifiche apportate con le leggi regionali 2015, n. 28, 1 aprile 2016, n. 5 e 14 agosto 2016, n. 15 . Una ulteriore modifica è stata indtrodotta con legge regionale 26 gennaio 2017, n. 2, “in un processo di progressivo avvicinamento alla c.d. “riforma Delrio”, che attuato in più fasi, ha comportato uno slittamento dell’insediamento degli organi istituzionali e, soprattutto per i liberi Consorzi comunali, una proroga delle gestioni commissariali al 31 dicembre 2017″.

In pratica, mentre i Sindaci delle Città metropolitane si sono insediati il 31 maggio 20168 , le elezioni degli organi degli enti sono state reiteratamente prorogate.

Cosa che ha ripercussioni pesanti:
 La protratta operatività dei predetti organi straordinari attraverso reiterati rinvii costituisce un eloquente indice rivelatore della situazione di stallo politico – amministrativo venutasi a creare”. 

Di fatto: “Nell’attuale, perdurante, fase transitoria avviata nel 2013, i nove enti di area vasta continuano ad operare con gli statuti, i regolamenti, le risorse umane, strumentali e finanziarie delle ex Province regionali, esercitando ancora le funzioni precedentemente svolte, all’atto di entrata in vigore della l. r. n. 15/2015″.

Insomma, una riforma finta, che ha solo creato confusione e prodotto commissari straordinari. Una ‘gran bel pasticcio’ firmato dal Governo Crocetta.

Ma il peggio deve ancora arrivare.  Nella seconda parte della relazione dei magistrati contabili, infatti, c’è l’analisi dei dati finanziari relativi al periodo 2012/16 e l’esame dei principali aspetti problematici “che si ripercuotono negativamente sugli equilibri di bilancio delle predette amministrazioni, al punto da comprometterne, in molti casi, la funzionalità e la resa continuativa dei servizi”. 

Cosa evidente: basta guardare al pessimo stato delle strade di competenza provinciale o, peggio, al caso dei fondi per i disabili, per non parlare degli stipendi del personale per avere una idea di quanto denunciato dalla Corte dei Conti.

Di che parliamo? Innanzitutto dei trasferimenti erariali:

Il sistema di finanziamento per le ex Province, spiegano i giudici, “risente fortemente della progressiva riduzione dei trasferimenti statali operata per effetto delle manovre di finanza pubblica nonché dai diversi provvedimenti aventi ad oggetto il Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale”.
Tale Fondo, – spiega la relazione- in teoria, mirava a realizzare, a decorrere dal 2012, una devoluzione progressiva e territorialmente equilibrata del nuovo sistema di fiscalità locale incentrato sull’autonomia di entrata ed è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’Irpef.

In pratica, le cose sono andate diversamente per le Province: ” Le riscossioni delle entrate da trasferimenti statali (competenza e residui) subiscono una drastica flessione (-91,9%) passando, nel triennio 2012/2014,
da 90,3 milioni di euro a 7,2 milioni di euro nel 2014. Negli esercizi 2015 e 2016, invece, le medesime subiscono una forte lievitazione (attestandosi, rispettivamente, a 151 e a 121 milioni di euro) per via dell’erogazione straordinaria di trasferimenti erariali pregressi, in gran parte scaturenti da riscossione di partite creditorie molto datate”.

Non c’è stato nessun aumento: soldo soldi dovuti.

Ovvio che, a fronte del progressivo assottigliamento delle risorse ordinariamente trasferite dallo Stato, i trasferimenti regionali, hanno acquisito un’importanza centrale.  Ma anche qui, le cose non sono andate meglio.

La relazione ricorda la soppressione del Fondo autonomie locali. “In sua vece, l’art. 9 della l.r. n. 9/2015 ha stanziato, per il triennio 2015/2017, il contributo di parte corrente per le ex Province regionali pari, complessivamente, a 19,15 milioni di euro annui”. A queste risorse si sono aggiunti alcuni contributi straordinari: per il 2015 un ulteriore finanziamento di 30 milioni di euro per interventi straordinari sulla viabilità secondaria, una parte dei quali (10 milioni di euro) utilizzabili  per la copertura delle rate dei mutui accesi per spese di investimento. Per l’anno 2016, l’art. 26 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 ha previsto la destinazione di 1,15 milioni di euro per i servizi socio-assistenziali essenziali.
Per quanto riguarda il fondo per investimenti dei liberi Consorzi comunali è stato determinato in 9 milioni di euro. Ma anche in questo caso  è  stata prevista  la prioritaria destinazione al pagamento delle quote capitale delle rate di ammortamento dei mutui accesi per il finanziamento di spese di investimento dei liberi Consorzi con accertate difficoltà finanziarie che abbiano realizzato e dimostrato misure di contenimento della spesa”.

Soldi trasferiti per pagare debiti.

Particolare sul quale la Corte dei Conti si sofferma parlando di effetti distorsivi:  “Questa Corte ha reiteratamente segnalato il rischio di ulteriore espansione della spesa corrente e del suo grado di rigidità, con conseguente compromissione, in chiave prospettica, degli equilibri di bilancio”.

Per quanto concerne i trasferimenti correnti, l’Assessorato regionale delle autonomie locali ha stanziato complessivamente a 28,15 milioni di euro, cui si è aggiunta l’assegnazione straordinaria di 23,9 milioni di euro in favore delle Città metropolitane e dei liberi Consorzi comunali, finalizzata a sostenere le funzioni essenziali e garantire il pagamento degli emolumenti al personale degli enti.

“Ai predetti importi si assomma l’ulteriore riparto di 5 milioni di euro, disposto dall’Assessorato regionale della famiglia delle politiche sociali e del lavoro, per il finanziamento delle funzioni di assistenza scolastica degli alunni disabili e nel 2017, per il medesimo fine, è stato previsto uno stanziamento di 19,15 milioni di euro”.
“Da ultimo, l’art. 2, comma 1, della l.r. n. 8/2017, al fine di garantire il funzionamento dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane, ha autorizzato, in tale annualità, un contributo di parte corrente pari a 91,05 milioni di euro. Le predette risorse, da ripartire secondo criteri definiti con decreto Assessoriale, previo parere della conferenza Regione-Autonomie Locali, sono prioritariamente finalizzate dal legislatore al “pagamento degli stipendi al personale”. La formalizzazione di tali criteri, prevista entro il 31 maggio 2017, non è ancora avvenuta.

Con una mano si dà, con l’altra si toglie:

“Appare evidente il trend crescente di assegnazioni a copertura degli squilibri di parte corrente e per il finanziamento delle spese per gli alunni disabili, a discapito dei trasferimenti regionali finalizzati a spesa d’investimento, progressivamente azzerati”. 

Nessun dubbio sul fatto che  la riduzione della spesa, non è certo dovuta a virtuose politiche di spending review. Al contrario, “ha risentito di molteplici blocchi forzosi della stessa, talvolta anche a discapito della continuità della resa di servizi essenziali, per via delle forti tensioni di liquidità conseguenti alla contrazione dei volumi d’entrata di natura continuativa (a livello complessivo, -59,2 milioni di euro tra il 2012 e il 2016)”.

Non solo. Lo squilibrio di bilancio è aumentato progressivamente, in diretta correlazione con l’incremento del contributo al risanamento della finanza pubblica (introdotto nel 2014).
I magistrati contabili sono chiarissimi: “Gli effetti delle severe misure di contenimento della spesa corrente risultano in qualche modo assorbiti dall’incidenza del contributo alla finanza pubblica, di ammontare progressivamente crescente e dunque sempre meno sostenibile finanziariamente: tra il 2014 e il 2016 passa da 21,8 a 164,1 milioni, che ascendono ulteriormente, nel 2017, a ben 230,2 milioni. Nel 2015, su un totale di 97,7 milioni, ben 24 sono richiesti alla Città metropolitana di Catania e 22 a quella di Palermo.  Nel 2016, la quota a carico di questi enti lievita, rispettivamente, a 38 e 36,3 milioni.

Non è la prima volta che la Corte dei Conti si sofferma su questi prelievi operati dal Governo nazionale. E, forse, per farlo sentire anche a chi fa finta di non sentire, nella relazione c’è un focus sull’argomento che vale la pena leggere nei suoi passaggi più importanti:

FOCUS CONTRIBUTO ALLA FINANZA PUBBLICA
“Nell’ambito dei vincoli di finanza pubblica, assume particolare rilevanza il prelievo “forzoso” che lo Stato ha richiesto al comparto delle province e delle città metropolitane, a partire dal 2014. Lo sforzo complessivo di spesa, progressivamente crescente, accompagnato dagli effetti delle riduzioni consolidate dei trasferimenti erariali derivanti dalle politiche di spending review attuate con i decreti legge n. 78/2010, n.201/2011 e n. 95/2012, è risultato sempre meno sostenibile dalle ex province, nell’attuale fase di transizione istituzionale caratterizzata da ristrettezza di risorse. Ancora più esponenziale risulta l’aumento di quello specificamente richiesto agli enti di area vasta della Regione siciliana, che passa, nello stesso periodo, da 21,8 a 295,7 milioni
di euro (+1.256%).

Il contributo assume connotazioni sempre più impegnative a partire dal 2015 – in cui passa da 21,8 milioni a 97,7
milioni –, ma soprattutto nel 2016, in cui ascende ulteriormente a 164,1 milioni di euro, e nel 2017, in cui si attesta a circa 230 milioni di euro, ossia ad oltre dieci volte l’ammontare del contributo richiesto nel 2014. Nel 2015, su un totale di 97,7 milioni di euro, circa 24 milioni sono richiesti a Catania e circa 22 a Palermo.
Nell’anno successivo, in cui il contributo complessivo ascende a ben 164,1 milioni di euro, la quota a carico della Città metropolitana etnea arriva a ben 38 milioni di euro, mentre quella relativa a Palermo ammonta a 36,3 milioni di euro. Segue a distanza Messina con 19,7 milioni di euro.
Merita osservare che agli effetti del contributo alla finanza pubblica si sommano quelli derivanti dai “trasferimenti negativi”, dovuti all’esubero di riduzioni dei trasferimenti erariali (in ragione di precedenti interventi normativi di contenimento della spesa) sulle quote di spettanza.
Per le amministrazioni interessate, tali entrate negative si concretano in un obbligo forzoso di rimborso, secondo un meccanismo similare a quello del contributo alla finanza pubblica, costituente obbligazione passiva ab origine.

….
L’onere complessivo a carico dei bilanci 2017 degli enti siciliani di area vasta – in termini di competenza – è, tuttavia, ancora più gravoso, atteso che ai 230 milioni circa a titolo di contributo alla finanza pubblica si sommano ulteriori 35 milioni circa di trasferimenti erariali di segno negativo.
Sulla base delle stime del competente Assessorato regionale, tale importo incide per circa il 62 per cento sulle entrate prevedibili sulla base degli andamenti precedenti. Nel delineato contesto, la Regione siciliana ha manifestato l’impegno a riconoscere ai liberi Consorzi del proprio territorio un contributo annuo aggiuntivo di 70 milioni di euro, quale sostegno al concorso alla finanza pubblica da parte degli stessi, al fine di compensare gli effetti dell’esclusione degli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale dal riparto dei fondi di cui ai commi 437 e 438 dell’art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, come previsti nell’apposito DPCM 10 marzo 2017.
Il preannunciato sostegno economico, nel testo della citata legge regionale n. 8/2017, si è tradotto nell’incremento dello stanziamento per trasferimenti correnti in favore dei Liberi consorzi e Città metropolitane, il quale ascende a 91, 05 milioni di euro per l’esercizio 2017 e a 47,00 milioni di euro per l’esercizio 2018.
Considerando anche il trasferimento per gli alunni disabili di cui alla l.r. 24/2016, pari a 19,15 milioni di euro, la dotazione finanziaria complessiva arriva a 110,2 milioni di euro, a fronte dei 58,05 milioni di euro dell’esercizio precedente.”.

In pratica, ammesso e non concesso che ci siano davvero i fondi regionali extra, significa che la Regione – già in crisi di liquidità- userà i soldi dei cittadini siciliani per tentare di coprire gli scippi del Governo nazionale.

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