I democristiani: questa volta scompariranno anche in Sicilia? Sembra proprio di sì

1 giugno 2017

La polemica tra Totò Cuffaro e Giampiero D’Alia – fatta di passato più che di presente e futuro – sembra il segno dei tempi: l’annuncio della scomparsa dei democristiani anche in Sicilia. Nella nostra Isola, questo bisogna ammetterlo, gli eredi dello Scudocrociato hanno resistito, occupando posti di primo piano, da Tangentopoli fino ai nostri giorni. Ma adesso il loro tempo sembra segnato anche qui

L’ultima polemica è di questi giorni. Giampiero D’Alia, buttato fuori dall’UDC, se la prende con l’ex presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro.”Ho capito – ha detto D’Alia – perché mi hanno messo alla porta all’UDC: il vecchio partito aveva deciso di farmi pagare la scelta nel 2011 di mollare il centrodestra e costruire un’alleanza col PD”. Di questa polemica non è importante il botta e risposta: non è importante la replica di Cuffaro, che ricorda a D’Alia di averlo fatto eleggere senatore eccetera eccetera. Il vero dato politico di questi giorni – del quale la polemica D’Alia-Cuffaro è uno dei tanti aspetti – è che in Sicilia gli ex democristiani sono ormai alla fine di un ciclo.

La DC è nata in Sicilia quando la seconda guerra mondiale non era ancora finita. E’ nata a San Cataldo, nella casa di Giuseppe Alessi. Da allora ad oggi i democristiani siciliani hanno attraversato la Prima e la Seconda Repubblica. Tra mille vicissitudini l’Isola è stata la Regione italiana dove, mettiamola così, la DC, in tutte le sue sfaccettature, si è ‘conservata’ meglio.

La ventennale avventura berlusconiana in Sicilia, sarebbe ingeneroso non ammetterlo, è stata contrassegnata, in buona parte, dalla presenza di ex democristiani. Ma ora non è più così. Anche perché dalle nostre parti i berlusconiani contano sempre di meno. Insomma, anche in Sicilia gli ex DC, ‘originali’ e ‘belusconizzati’, stanno scomparendo.

Forse uno degli ultimi democristiani ancora in sella è Sergio Mattarella. Ma chi conosce la storia della Democrazia Cristiana siciliana a partire dagli anni ’80 del secolo passato, sa che l’attuale Presidente della Repubblica nella DC è arrivato per caso: voluto dall’allora segretario nazionale dell’ormai ‘defunto’ Scudocrociato, Ciriaco De Mita, che imponeva ai ‘capi’ della sinistra Dc siciliana di quegli anni di ‘prestare’ a Sergio Mattarella i delegati al congresso regionale del partito di Agrigento del 1983.

Tolto Mattarella, cosa resta della ‘grande’ Dc siciliana? A Palermo Leoluca Orlando, sindaco uscente e ricandidato, annaspa. Esponente della sinistra DC, imposto sindaco di Palermo nel 1985 (quando i sindaci venivano eletti dai Consigli comunali) da equilibri romani (il solito De Mita che impartiva direttive a Sergio Mattarella ‘chiudendo’ un accordo con i socialisti siciliani di Salvatore Lauricella, all’epoca in dissenso con Bettino Craxi: e tanto bastava a De Mita, già allora avversario di Craxi), Orlando è un esempio di democristiano che ‘galleggia’ ancora dopo oltre trent’anni. Ma oggi anche il suo tempo sembra arrivato.

Certo, i ‘sondaggi’ lo danno vincente. Ma l’atmosfera che si respira a Palermo racconta non soltanto la stanchezza di tanti palermitani verso un sindaco ‘despota’, ma anche la voglia di voltare pagina (come dimenticare la parola assai infelice che ha pronunciato nei giorni in cui i cittadini si opponevano in massa alla ZTL? “Selvaggi”: così Orlando ha definito i palermitani che non la pensavano come lui, ai quali oggi chiede i voti…).

Abbiamo già accennato a Cuffaro e D’Alia, entrambi ex democristiani (Cuffaro è cresciuto con l’ex Ministro democristiani, Calogero Mannino, mentre D’Alia è figlio di un ex parlamentare Dc). Il primo, ormai, fa “l’allenatore”: di fatto, non è più nell’agone politico. E a riposo rischia di andare anche D’Alia. E con D’Alia, fuori dal gioco – cioè fuori dal Parlamento nazionale – rischia di andare anche il Ministro degli Interni, Angelino Alfano, anche lui di tradizioni democristiane agrigentine.

I due – a capo di due partiti ‘fantasma’ – in queste ore non sanno più a quale santo rivolgersi per tirare a campare. Non sanno più se restare insieme, se dividersi. Non sanno.

D’Alia e Alfano pensavano che, insieme, avrebbero affrontato meglio il passaggio dall’attuale legislatura, ormai alle ultime battute, alla nuova legislatura. D’Alia e Alfano hanno, infatti, una cosa in comune: la base elettorale in Sicilia.

Pensavano che, mettendo insieme ciò che resta dell’ex UDC e ciò che resta del Nuovo Centrodestra Democratico, avrebbero, bene o male, raggranellato un pugno di seggi nel futuro Parlamento nazionale e, magari, un paio di parlamentari all’Assemblea regionale siciliana.

Ma, si sa: in politica sommando due debolezze non si ottiene mai una forza. A Roma hanno deciso di ‘confezionare’ una nuova legge elettorale proporzionale con uno sbarramento del 5%. Una legge elettorale proporzionale con uno sbarramento del 5% è un po’ un ossimoro: perché il proporzionale, per definizione, dovrebbe garantire pluralismo e dare voce alle minoranze.

Ma quel ‘mastino’ di Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di concedere ancora spazio agli ex democristiani: Alfano e D’Alia gli sono serviti in questa legislatura. Li ha ‘usati’. Li ha blanditi. Ma ora non sa che farsene dei due: da qui lo sbarramento del 5%.

Sui giornali leggiamo che Alfano si starebbe battendo per ridurre lo sbarramento al 3%. Noi non ci crediamo: anche con lo sbarramento al 3%, Alfano e D’Alia non avrebbero dove andare, perché a livello nazionale, con l’aria che tira, il 3% non lo raggiungerebbero mai.

L’unica speranza, per D’Alia e Alfano, è che Renzi ‘regali’ loro due posti in lista nel PD, magari nelle liste bloccate.

Si parla anche di un ritorno di Alfano in Forza Italia: considerato a Roma e in Sicilia PD e Berlusconi sono destinati ad allearsi, forse qualche posto si potrebbe anche liberare: ma di secondo piano, non più di primo piano.

Alfano è agrigentino. Una provincia che di democristiani ne produceva tanti. A ritmo ‘industriale’, si diceva. Oggi anche ad Agrigento di democristiani se ne vedono pochi. Della ‘stagione d’oro’ degli anni ’80 del secolo passato, quando nella lista della DC della Sicilia occidentale per la Camera dei deputati la metà dei candidati (e spesso degli eletti) era fatta da agrigentini, non rimane nemmeno l’ombra.

Anche in provincia di Caltanissetta, ‘culla’, come abbiamo già ricordato, della DC, oggi, di democristiano, c’è ben poco. Per non parlare di Enna, dove l’ultimo democristiano – non tanto per i ‘colori’ politici, quanto per i metodi – è stato Mirello Crisafulli. La sua – cioè quella di Crisafulli – è una storia legata al Pci e ai partiti che, nel corso degli anni, ne hanno preso il posto: PDS, Ds, fino al PD. Ma Crisafulli, nell’animo, è sempre stato un democristiano: un uomo di potere che esercitava il potere forse meglio di altri democristiani.

Di Trapani abbiamo poco da dire. Poi con la confusione che c’è in questi giorni, tra inchieste giudiziarie, elezioni comunali con i candidati agli arresti domiciliari, aliscafi che vanno e navi che vengono, beh, non è facile orientarsi. Ma anche a Trapani di democristiani in giro se ne vedono pochi.

Anche nella Sicilia orientale i democristiani sembrano in via di estinzione. A Catania e dintorni c’era il ‘regno’ dei ‘Firrarelli’. C’era ‘lui’, Giuseppe ‘Pino’ Firrarello, scuola democristiana andreottiana. Passato, armi e bagagli, con Berlusconi agli albori della Seconda Repubblica, oggi anche Firrarello sembra fuori gioco. E fuori gioco sembra anche il sottosegretario in carica, Giuseppe Castiglione. 

Negli ultimi anni Firrarello e Castiglione sono passati con Alfano (anche se Firrarello, così si dice, rimane punto di riferimento di Berlusconi a Catania). In ogni caso, i due non sembrano molto in forma: Firrarello non è più né parlamentare, né sindaco di Bronte, e Castiglione – incasinato anche con la vicenda del Cara di Mineo – sembra ormai fuori dai giochi.

Un altro democristiano catanese è l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Grande ‘nemico’ del già citato D’Alia (è proprio dopo una rottura con D’Alia che nei primi anni del 2000 Lombardo lascia la segreteria regionale dell’UDC per fondare il Movimento per l’Autonomia), l’ex presidente della Regione, nelle scorse settimane, ha provato a rientrare in scena, convocando una riunione di ‘reduci’ a Enna. Ma da quello che si è capito, anche lui non ha dove andare.

A Catania ‘girano’ ancora democristiani, quasi tutti nel PD. Per esempio, il parlamentare nazionale, Giovanni Burtone. Fiaccati dal passare degli anni e da una mediocre Amministrazione comunale retta stancamente da Enzo Bianco, è in corso, nel PD catanese, un tentativo di ‘rafforzare’ il Partito un po’ esangue con personaggi legati al mondo della sanità. Ma non sono democristiani: al massimo, sono ‘appicciolati’ (cioè danarosi).

A Siracusa, forse, qualche democristiano in giro ancora si vede: ma è ‘poca roba’. Lo stesso Luigi ‘Gino’ Foti, un ex parlamentare andreottiano che ancora oggi bazzica il PD – non sembra contare molto.

Anche a Messina i democristiani – un tempo fortissimi sotto la regia di Nino Gullotti – non ci sono quasi più. Abbiamo già citato D’Alia, che è proprio di Messina. E di lui abbiamo già detto: in grande affanno. E in affanno sembra anche il suo alleato storico: il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. Di lui si parlava come di un possibile candidato a sindaco della Città dello Stretto. Ma anche tale ipotesi sembra sfumata.

 

 

 

 

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