Grano, l’oro da riscoprire: da Campofelice di Fitalia il progetto di un nuovo modello di agricoltura

28 maggio 2017

Un incontro per parlare delle potenzialità dei prodotti locali e di come arrivare sul mercato. La proposta di Andrea Piraino, candidato sindaco del comune in provincia di Palermo. L’esempio del consorzio Pro.Bio.Si e le misure inapplicate dello Statuto

Arrivarci non è semplice. La strada, come vi abbiamo raccontato dettagliatamente qui,  è l’emblema dello sfacelo in cui versa la Sicilia e dell’inettitudine di una classe politica per la quale i cittadini di quella zona sono figli di un dio minore. Pure le ambulanze avrebbero difficoltà a percorrere quell’unica trazzera disastrata che conduce a Campofelice di Fitalia, per non parlare di altro tipo di emergenze: una frana o un terremoto e gli abitanti di quel luogo non sarebbero neanche raggiungibili. Una vergogna, questa sì, di cui dovrebbero occuparsi i giornali e i media di tutto il mondo. E che non può non essere al primo posto del programma dei candidati alle amministrative che, anche qui, si celebreranno il prossimo 11 Giugno:

“Le nostre proteste saranno indirizzate al Prefetto di Palermo, qui non è più un problema di infrastrutture, ma di sicurezza pubblica”. A dirlo è il professor Andrea Piraino, docente di diritto costituzionale, candidato sindaco di questo Comune, con il sostegno di una lista civica. 

Terra di agricoltori e di allevatori, Campofelice “può tornare ad essere felice puntando tutto sulle risorse autoctone del territorio ed è questo il progetto che sta alla base del nostro programma”.

E delle risorse di questa località si è parlato ieri sera, nel centro polifunzionale del comune, nel corso di un incontro dal titolo eloquente: ‘Grano, l’oro da ricoprire’. A parlarne,dinnanzi ad una platea di agricoltori, oltre allo stesso Piraino, il professor Pietro Di Marco (ematologo con la passione dell’agricoltura), il candidato alla Presidenza della Regione, Franco Busalacchi (editore di questo blog), Giovanni Lo Bello e Beppe De Santis.

Piraino ha introdotto i lavori puntando i riflettori sullo status quo:

da sinistra: Giovanni Lobello, Andrea Piraino,Pietro Di Marco, Franco Busalacchi

“Consumatori truffati e produttori derubati. questa è la situazione attuale quando parliamo di grano. Truffati dalle multinazionali che invece di usare il nostro grano utilizzano quello che arriva dall’estero che non è certo un grano salubre. Per un motivo semplice: per fare maturare la piante in ambienti climatici ostili, come il Canada e l’Ucraina, vengono usati enormi quantità di sostanze tossiche, come il glifosato. Non solo. Questo grano viene poi trasportato su navi dove si accumulano muffe e micotossine. E mancano anche i controlli, le autorità preposte semplicemente non li fanno. Come difendersi? Come difendere la nostra economia e la nostra salute”?

Per Piraino, la soluzione è una:

“Con l’alleanza tra consumatori e produttori. Se dopo l’11 giugno sarò sindaco, mi farò promotore di tutte le iniziative necessarie a consolidare questa alleanza che aiuterà a risollevare l’economia di Campofelice e non solo e ad immettere sul mercato prodotti locali di qualità. Campofelice può diventare l’emblema di un nuovo modo di pensare all’agricoltura”.

Piraino ha quindi ricordato la battaglia di GranoSalus e le analisi sulla pasta e il ruolo svolto da questo blog per portare a conoscenza dei consumatori i segreti della pasta del finto made in Italy.

Un nuovo modello di cui c’è già traccia nella realtà e di cui ha parlato il professor Di Marco che, con la sua azienda, è membro di un consorzio di 18 produttori agricoli che si chiama Pro.Bio.Si (Produttori biologici Sicilia) e che lavora a stretto contatto con un consorzio simile del Nord Italia.

“Non è stato facile all’inizio, sapete che è difficile, in Sicilia, convincere le persone a fare squadra. Ma ne valeva la pena. Il mercato richiede sempre più prodotti di qualità, la garanzia del controllo della filiera. Ormai ci si rivolge direttamente al produttore, non più ai commercianti. Ma non ci si può rivolgere ad un singolo produttore, per questo è necessario aggregarsi, per rispondere in maniera adeguata ad un domanda che cresce di giorno in giorno. Sapete a quanto abbiamo venduto il grano dei nostri associati l’anno scorso? A 40 euro più Iva al quintale quello tradizionale e a 72 euro al quintale i grani antichi, mentre gli altri produttori siciliani si sono dovuti accontentare di 16 euro al quintale. Parliamo di grano biologico. Perché il grano biologico, in Sicilia, si può coltivare. Le produzioni si riducono. ma oggi quello che conta non è la quantità, ma la qualità”.

“E’ importante- ha sottolineato De Marco- fare attenzione alle richieste che arrivano dal mercato e adeguarsi. Oggi, ad esempio, si stanno riscoprendo i legumi e prodotti come la quinoa che abbiamo cominciato a coltivare. Ma stiamo lavorando anche alla filiera della carne creando un centro di mangimi biologici”.

In sintesi, “bisogna che l’agricoltore si trasformi in imprenditore. Solo così si potranno sfruttare le nostre risorse. Senza sperare nei fondi pubblici che agiscono come morfina: finanziamenti a pioggia dati anche a chi non produce nulla. Significa inibire ogni potenzialità di sviluppo della nostra agricoltura”.

Franco Busalacchi  ha affrontato il tema da un punto di vista politico:

“Cosa si può fare per evitare che avvelenino e che continuino ad avvelenare anche la nostra economia? Abbiamo uno strumento in Sicilia che ci permetterebbe di proteggerci e questo strumento è lo Statuto. Se applicato integralmente potremmo vietare l’ingresso di prodotti insalubri e di quei prodotti che sono l’emblema della concorrenza sleale. Parlo del grano, ovviamente, ma anche dell’olio. Come facciamo a competere con un olio marocchino per la cui produzione hanno impiegato i militari? Chiaramente non ricevono nessuna paga extra, sono già pagati dall’esercito. Come facciamo a sapere cosa c’è dentro un olio tunisino che costa 3 euro al litro? Questo non è mercato, questa è una guerra contro di noi”.

Argomenti molto sentiti dagli agricoltori presenti che hanno applaudito questi passaggi.

“Ci si può difendere – ha continuato Busalacchi- basta volerlo e i nostri politici finora non hanno voluto. Dobbiamo proprio capovolgere la situazione attuale fino a quando nei supermercati troveremo in bella vista i nostri prodotti e negli angoli più nascosti quelli delle multinazionali. Loro devono diventare produzione di nicchia, non noi”.

Beppe De Santis è partito da lontano: dal ruolo nefasto esercitato oggi dalle multinazionali anche in agricoltura.

“Bisogna restituire la dignità ai nostri agricoltori del Sud – ha detto De Santis – Io sono figlio di una famiglia di agricoltori del Mezzogiorno d’Italia. Conosco, per esperienza personale e familiare, l’importanza della sapienza degli agricoltori del Meridione. Un cultura millenaria che rischiamo di perdere. Dobbiamo recuperare cultura e tradizioni e utilizzare per il futuro”.

“Il grano nel Sud Italia – ha detto De Santis – è la coltura del futuro. Non è pensabile che ci venga imposto il grano estero di pessima qualità. Da qui, oggi, deve partire un progetto che deve coinvolgere gli agricoltori. Il modello l’ha illustrato il professore Di Marco. Dobbiamo liberarci dal giogo di chi sta provando a distruggere l’agricoltura delle nostre zone”.

 

 

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