Dieta mediterranea sempre più a rischio: aumenta l’import di grano canadese. Qualcuno avvisi la Coldiretti Sicilia…

23 maggio 2017

Altra denuncia della Coldiretti di Grosseto. Che sul decreto del ministro Martina sull’etichettatura dice: “Si stanno già muovendo le lobby canadesi che trovano purtroppo terreno fertile anche in Italia”. E, in effetti, il sì al CETA ne è una prova. Silenzio della costola siciliana dell’associazione, ma sarà solo casuale…

Aumentano del 15% le importazioni di grano duro dal Canada destinate alla produzione di pasta senza alcuna indicazione in etichetta sulla reale origine.  E’ la denuncia della Coldiretti di Grossetto (basata sui dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017) che ci ricorda quello che ormai, tanti consumatori italiani sanno:

“Più della metà del grano duro importato in Italia proviene dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno”.

L’associazione fa anche riferimento al decreto del Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, per l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta trasmesso all’Unione Europea. Sono passati diversi mesi e non se ne sa più nulla.

Per la Coldiretti contro il decreto “si stanno già muovendo le lobby canadesi che trovano purtroppo terreno fertile anche in Italia”. Questo spiegherebbe l’impasse.

C’è da chiedersi come stanno seguendo la vicenda gli eurodeputati italiani, meridionali in particolare. Se stanno facendo rete per contrastare le lobby canadesi e le lobby delle multinazionali della pasta. Il dubbio è che stiano facendo be poco: stiamo parlando degli stessi personaggi che,a Strasburgo, lo scorso Febbraio, hanno detto sì al CETA ( Comprehensive Economic and Trade Agreement, letteralmente “Accordo economico e commerciale globale”), il  trattato di libero scambio con il Canadà che, se ratificato, spalancherà le porte anche alle produzioni alimentari di quel paese: dagli Ogm, alla carne, fino, ovviamente, al grano già ampiamente piazzato in Italia.

E’ credibile che chi ha votato sì, ora si opponga al Canada sostenendo il decreto di Martina? E il ministro, di che partito è? Per caso quel PD che insieme a Forza Italia ha votato a favore del CETA? Ma di che parliamo?

E i siciliani? In perfetto stile mercenario, eccezione fatta per Ignazio Corrao, eurodeputato M5S, hanno obbedito alle segreterie nazionali dicendo, anche loro sì (qui i loro nomi). 

Difficile, in questo contesto, che il decreto Martina sull’etichettatura possa diventare realtà, ma non poniamo limiti alla provvidenza. Anzi, alla forza persuasiva dei consumatori italiani. Condannati ad un beffa colossale: la pasta è il piatto principe della dieta mediterranea, ma di mediterraneo, quella industriale, ormai ha ben poco.

“Si tratta di un provvedimento fortemente sostenuto e atteso dalla Coldiretti- ha affermato il direttore di Coldiretti Grosseto, Andrea Renna-  per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione”.

“La mancanza dell’etichetta di origine non consente – sottolinea la Coldiretti – di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia nazionale. ’81 % dei consumatori italiani ritiene che la mancanza di etichettatura di origine nella pasta possa essere ingannevole secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole”.

“Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese. In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”.

Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: ma la Coldiretti Sicilia si è accorta del problema? La questione del grano non è essenziale anche per l’economia della nostra Isola e per la salute dei consumatori siciliani? Non abbiamo sentito una parola in merito, nonostante questo blog, accusato da una multinazionale della pasta di “accanita difesa del grano del Sud”, si sia intestato questa battaglia da più di un anno. Probabilmente è solo un caso: magari la costola siciliana dell’associazione non ha il nostro indirizzo email, eccolo: inuovivespri@gmail.com. Mentre quelli delle agenzie di stampa- dove non ci pare di avere letto qualche dichiarazione in merito-  sono facilmente reperibili.

Sulla questione abbiamo, invece, registrato una chiara presa di posizione del leader di Confagricoltura Sicilia e della Coldiretti Calabria. 

Anche se -è doveroso precisarlo- a condurre la guerra sono stati i comitati di produttori, come Granosalus e altri.

Non a caso, nei giorni scorsi, a Matera si è svolta una grande manifestazione di protesta. Su iniziativa della Rete dei comuni rurali e del Movimento Riscatto è stata approvata la Carta di Matera e Altamura dei principi in difesa del grano italiano.

La Carta di Matera non sarà – ha detto Gianni Fabbris, animatore del Movimento Riscatto – una semplice e un po’ accademica proclamazione di principi. Il nostro intendimento è farne un manifesto di lotta, lo strumento di un’iniziativa che porteremo nel cuore delle istituzioni, dal Parlamento nazionale all’Unione Europea.”

La politica – hanno detto i partecipanti sembra volerla assecondare la speculazione: la recente modifica del Don (che eleva il tasso di micotossina ammesso da 750 a 1750) unita all’abbattimento dei dazi, toglie in pratica ogni limite all’invasione del grano canadese.

Magari –ha detto il Prof. Alberto Ritieni, chimico degli alimenti dell’Università Federico II di Napoli, secondo quanto riportato da Il Velino.it – un elevato tasso di micotossina non costituisce problema per un irlandese o un tedesco che consuma in capo all’anno poche centinaia di grammi di pasta. Ma si può dire lo stesso di un italiano che di pasta ne mangia mediamente un piatto al giorno?”.

Il consumo di pasta pro-capite – giova ricordarlo – in Italia è di 29 Kg/anno.

“Senza considerare – aggiunge il prof. Ritieni – che da noi la pasta la mangiano anche i bambini. E di certo sarebbe bene, cautelativamente, limitare l’ingestione di pasta ad alto tasso di micotossine almeno per i piccoli fino ai dieci anni”. Tema che abbiamo già affrontato qui. 

 

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