A Trapani elezioni comunali ‘surreali’: Fazio e D’Alì restano candidati anche se…

21 maggio 2017

Alla fine, in questa storia, i due candidati sindaci di Trapani coinvolti in due diverse vicende giudiziarie restano in sella. Cosa succederebbe se uno dei due dovesse risultare eletto. Per gli elettori di questa città le anomalie elettorali non sono una novità. E’ nel collegio della Camera di Trapani, infatti, che si consumò la vicenda di Nunzio Nasi. Anche se il ‘caso’ Nasi ha poco o nulla a che vedere con le vicende di Fazio e D’Alì  

La  ‘corsa’ alle elezioni per il sindaco di Trapani non si ferma. La storia è nota. Sulla città si è abbattuta una bufera giudiziaria. E’ l’inchiesta sui trasporti marittimi tra la Sicilia e i propri arcipelaghi. Indagini partite grazie alla denuncia di una dirigente della Regione siciliana, Dorotea Piazza. Una vicenda che ha portato all’arresto dell’armatore della Liberty Lines, Ettore Morace, e del parlamentare regionale Domenico ‘Mimmo’ Fazio (finito ai domiciliari), già esponente di Forza Italia, oggi nel gruppo misto dell’Ars, candidato a sindaco di Trapani.

Su questa vicenda si innesta anche la richiesta di soggiorno obbligato per il senatore Antonino D’Alì, esponente di Forza Italia, anche lui candidato a sindaco di Trapani.

Vista la particolare situazione in cui si è venuta a trovare la città, era stata chiesta una sospensione delle elezioni. Ma la presidenza della Regione siciliana non ha accettato la richiesta (per la cronaca, anche il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, è indagato in questa vicenda.

Per Trapani si profila un finale di campagna elettorale particolare, con esiti che potrebbero essere particolari, sintetizzati in modo chiaro, sulla propria pagina facebook, dal bravo collega Gianfranco Criscenti:

“D’Alì e Fazio ufficializzano che andranno avanti. A Trapani, se il Viminale non sospenderà le elezioni, con molta probabilità, si tornerà alle urne nel 2018. Se Fazio fosse eletto e le accuse confermate, in virtù della legge Severino, verrebbe sospeso. Nell’ipotesi in cui vincesse le elezioni D’Alì, e qualora la richiesta di soggiorno obbligato venisse accolta, ci troveremmo con un sindaco con la libertà gravemente condizionata: impossibilità di partecipare alle adunate pubbliche; divieto di varcare i confini della città; obbligo, dopo aver firmato la presenza, ogni sera in Questura, di rientrare a casa entro le 20,00. Situazioni surreali che potrebbero però presentarsi!”.

La vicenda giudiziaria di Fazio è nuova, anche se le polemiche sui trasporti marittimi tra la Sicilia e i suoi arcipelaghi vanno avanti da decenni. La novità è che una dirigente regionale si è messa di traverso e ha fatto ‘inceppare’ una macchina che sembrava ‘perfetta’.

A giudicare da un lancio dell’ANSA che riporta le dichiarazioni della dirigente Dorotea Piazza, sembrerebbe che al centro di questa vicenda ci sia uno scontro tra politica e burocrazia. Da cosa lo deduciamo? Dal fatto che la dirigente dice di essere stata sempre difesa da due dirigenti generali, Giovanni Arnone e Fulvio Bellomo.

Vero è che nei guai è finito anche un funzionario regionale. Ma il fatto che chi ha fatto scoppiare questo ‘caso’ dica di essere sempre stata difesa da due dirigenti generali, beh, sul piano logico, non può che fare ipotizzare diversità di vedute tra politica e burocrazia. Per la precisione, alta burocrazia.

Diversa la vicenda di Antonino D’Alì, esponente di una famiglia molto in vista della provincia trapanese. I D’Alì, infatti, sono noti come imprenditori nel settore agricolo, nella gestione delle saline e anche come banchieri (erano i titolari della Banca Sicula).

Antonino D’Alì è stato tra i primi ad aderire a Forza Italia negli anni ’90 del secolo passato. E’ stato sottosegretario agli Interni. Poi presidente della Provincia di Trapani e quindi ancora parlamentare nazionale.

L’attuale senatore azzurro ha alle spalle una lunga e tormentata vicenda giudiziaria.

E’ stato sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, accuse che D’Alì ha sempre respinto. Nell’ottobre 2011 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio. Nel maggio 2012 ha subito un processo con rito abbreviato davanti il tribunale di Palermo.

Nel giugno del 2013 i Pubblici ministeri hanno chiesto la condanna di D’Alì a 7 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il 30 settembre 2013 il Gup di Palermo, Gianluca Francolini, ha assolto il senatore D’Alì per i fatti successivi al 1994 e ha dichiarato la prescrizione per quelli precedenti.

La Procura ha presentato ricorso in appello.

Il 23 settembre 2016 la Corte d’Appello di Palermo ha assolto D’Alì per i fatti successivi al 1994 e ha dichiarato prescritti quelli precedenti. Di fatto, ha confermato quindi la sentenza di primo grado.

Siamo arrivati ai nostri giorni. Mentre è in corso la campagna elettorale – con D’Alì candidato sindaco di Trapani- la DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) chiede per lui il soggiorno obbligato, in quanto “socialmente pericoloso”.

Che dire? Che storicamente, per Trapani e per gli elettori di questa città, le anomalie politiche ed elettorali non sono una novità. Proprio a Trapani si consumò la vicenda di Nunzio Nasi, un parlamentare trapanese perseguitato dal sistema di potere di Giovanni Giolitti e da una corrente della massoneria a lui avversa.

Nasi, docente universitario di Filosofia del diritto, fu un esponente dei democratici del lavoro. Dal 1883 fino ai primi del ‘900 fu più volte consigliere comunale della sua città e presidente della Provincia. Poi, tra vicissitudini e interruzioni, fu deputato alla Camera, eletto a Trapani, dal 1886 al 1926. Ricoprì la carica di Ministro nei Governi Pelloux e Zanardelli.

La particolarità della vicenda di Nunzio Nasi – che rende la sua storia attuale, anche se molto diversa dai ‘casi’ di Fazio e D’Alì – è che venne rieletto dai trapanesi anche negli anni in cui era interdetto dai pubblici uffici.

Nasi era anche un massone. E sembra che dietro le sue vicissitudini abbiamo avuto un peso anche le lotte interne alla stessa massoneria.

In politica, come già accennato, Nasi fu sempre contro Giovanni Giolitti che, come dimostrò Gaetano Salvemini nel celebre saggio Il Ministro della malavita, nel Sud Italia non andava tanto per il sottile.

Nel 1904 Nasi fu accusato di peculato nell’esercizio delle sue funzioni ministeriali. Accuse un po’ inverosimili, in verità, per un Ministro: sottrazione di materiale di cancelleria e altro ancora.

Nel maggio 1904, dopo un’inchiesta parlamentare, la magistratura ottenne dalla Camera dei deputati l’autorizzazione all’arresto di Nasi, che fuggì in Francia e a Londra. Fuga che gli costò l’espulsione dalla massoneria.

Rientrò in Italia nel 1907 e fu condannato dal Senato, costituitosi in Alta corte, a 11 mesi di reclusione, più quattro anni e due mesi di interdizione dai pubblici uffici.

Nel frattempo era stato rieletto al Parlamento. Ma nel febbraio 1908 decadde da parlamentare.

Gli elettori di Trapani non lo abbandonarono e continuarono ad eleggerlo sempre alla Camera dei deputati, nel collegio di Trapani. Elezioni sempre annullate dalla giunta delle elezioni della Camera.

Nunzio Nasi tornò alla Camera nel 1913, eletto in due collegi: a Trapani e a Palermo. E venne rieletto nel 1919 e nel 1921, aderendo a Democrazia sociale.

Dopo essere stato perseguitato da Giolitti, Nasi si scontrò anche con i fascisti. Nel 1924 si candidò contro il listone fascista e venne eletto. Aderì all’Aventino, la protesta dei parlamentari contro i fascisti. Nel 1926 venne dichiarato decaduto dal regime fascista, insieme con gli altri deputati antifascisti.

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