L’Autonomia siciliana compie 71 anni. E noi siamo qui a combattere: gli ascari non l’avranno vinta!

15 maggio 2017

Stanno cercando, in tutti i modi, di cancellare la nostra storia: la storia della Sicilia che, da oltre 150 anni, combatte contro la ‘colonizzazione’ italiana. Roma, oggi più che mai, può contare sugli ascari presenti in Sicilia con i rappresentanti dei partiti politici nazionali, PD renziano in testa. La nostra Isola ha già sconfitto Renzi lo scorso 4 dicembre, in occasione del referendum sulle riforme costituzionali truffaldine. E lo sconfiggeremo ancora, così come ci libereremo dei partiti politici nazionali

di Ignazio Coppola

Oggi, 15 maggio 2017, cade il 71° anniversario della proclamazione dell’Autonomia siciliana e dell’attuazione dello Statuto. Un avvenimento che progressivamente, anno dopo anno, da parte delle istituzioni, si celebra senza il rilievo dovuto e con meno attenzione che un avvenimento storico di questo genere meriterebbe. Una pagina della storia siciliana che si vorrebbe cancellare e relegare nel dimenticatoio della storia.

E proprio per non renderci complici di questa “damnatio memariae” credo valga la pena ricordare, a beneficio di quanti, compresi coloro che fanno a gara a voler rottamare l’istituto autonomistico, come si ottennero l’Autonomia e lo Statuto siciliano: con la conquista, il 15 maggio del 1946, della piena autonomia politica, legislativa, amministrativa e fiscale, grazie alla strenua lotta di uomini integerrimi che facevano l’interesse e volevano il bene della loro terra. Uomini che rispondevano ai nomi di:

Giuseppe Alessi, Salvatore Aldisio, Gaspare Ambrosini, Antonio Canepa, Attilio Castrogiovanni, Ettore Cipolla, Pompeo Colajanni, Andrea Finocchiaro Aprile, Giovanni Guarino Amella, Enrico La Loggia, Franco Restivo, Girolamo Li Causi, Mario Mineo, Vincenzo Purpura, Luigi Sturzo.

Uno Statuto, inteso appunto come conquista del popolo siciliano e non come concessione dello Stato italiano, che porta la firma di Umberto II e la controfirma del guardasigilli di allora, Palmiro Togliatti e, quindi, di fatto precedente alla Costituzione della stessa Repubblica italiana che lo recepirà per intero con legge costituzionale n° 2 del 1948.

La Regione siciliana nasce, quindi, da un accordo “pattizio” ancor prima della nascita della Repubblica tanto che, forzando il concetto e facendo proprio il pensiero di uno dei padri della nostra Autonomia e primo presidente delle Regione siciliana, Giuseppe Alessi, si può affermare che la Regione siciliana non si può definire, in senso stretto, una Regione a Statuto speciale, essendo nata prima della Repubblica e il suo Statuto precede la Costituzione repubblicana, portando la firma di Umberto II.

La Regione siciliana, per quanto detto, si può, in linea di diritto, definire non italiana, ma legata all’Italia da un patto federativo, essendo la sua Carta costitutiva precedente di due anni alla nascita delle Repubblica.

Lo Statuto siciliano fu dunque un accordo di origine pattizia. Pacta servanda sunt. Ma via via i patti da parte dello Stato Italiano e da parte del potere centrale nei confronti della Regione siciliana, superata l’emergenza del separatismo, saranno puntualmente disattesi nella maggior parte dei punti fondamentali dello Statuto; e tutto con la complicità, più o meno recente, della classe politica siciliana, figlia degenere dei nobili padri dell’autonomismo, che per ascarismo e servilismo al potere centrale ha avuto anch’essa interesse a disattendere lo Statuto e a tradire e svilire l’Autonomia.

Una Sicilia tradita e uno Statuto tradito e, in buona parte, mai applicato. Se ne facciano, loro malgrado, una ragione i potenziali rottamatori in tredicesima che dimostrano, nel migliore dei casi, di non conoscere la storia della propria terra. E proprio dalla disattesa e non applicazione dello Statuto, rendendosi servili ascari e accondiscendenti al potere e allo Stato centrale che non ha mai avuto interesse all’attuazione dell’Autonomia regionale, i politici siciliani hanno fatto le loro fortune, ottenendo tornaconti, riconoscimenti e prebende a discapito della loro terra.

Ecco perché lo Statuto e l’Autonomia, che sono un patrimonio inalienabile del popolo siciliano, frutto delle sue lotte e delle sue conquiste, non vanno aboliti o svenduti, ma difesi strenuamente come nel passato faceva Pio La Torre, da tutti noi e con tutte le nostre forze. Difenderla soprattutto da chi, prono ai voleri e ai desiderata dei poteri centrali e dei partiti romano-centrici, ha interesse a cancellarla e annullandone progressivamente, come anzidetto, la memoria storica.

Tutto questo della cancellazione dell’Autonomia e dell’abolizione dello Statuto funzionale a disegni strategici e agli interessi delle oligarchie e dei partiti nazionali e di un’Italia che, nei confronti della Sicilia, da 157 anni a questa parte, è stata sempre matrigna trattandola da colonia.

L’Autonomia e l’identità di un popolo non si cancellano con un colpo di spugna come si proponeva di fare il governo Renzi con le riforme costituzionali per fortuna bloccate dal referendum del 4 dicembre scorso. E un gioco al massacro ormai scoperto al quale i Siciliani, nella loro piena capacità di intendere e di volere, si opporranno con tutte le loro forze, per dire No, come lo hanno detto in occasione del recente referendum, ad un preciso e sempre più evidente disegno che intende, annullando la loro identità, la loro sovranità e la loro autonomia, soggiogarli ed asservirli definitivamente ai voleri del potere centrale. E speriamo per questo che gli ascari non l’abbiano ancora vinta. I veri Siciliani non lo permetteranno.

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