Comuni in rivolta: “La Regione rende impossibile i bilanci, ma punisce i sindaci”. La rivolta degli schiavi?

18 aprile 2017

Un partecipatissimo Consiglio regionale dell’ANCI Sicilia dichiara guerra alla Regione sulla norma che prevede la decadenza dei sindaci di quei comuni che non hanno i conti in ordine. Non hanno torto, se sono nei guai è colpa dei tagli. Ma perché protestano solo ora e non quando i Governi a trazione PD scippavano alla Sicilia tutte le risorse possibili causando il tracollo dei Comuni?

La dichiarazione di guerra, un po’ tardiva a dire il vero, è arrivata stamattina nel corso di un partecipatissimo Consiglio regionale dell’ANCI Sicilia – l’associazione dei Comuni- allargato a tutti i sindaci dell’Isola. Casus belli: la decadenza di sindaci e giunte per mancata approvazione dei bilanci nei termini di legge, prevista dalla legge regionale 29 marzo 2017 n. 6.

Che si tratti di una norma discutibilissima lo abbiamo già sostenuto: la maggior parte dei Comuni siciliani non può approvare i bilanci in tempo perché in cassa non è rimasto un euro. E se è così è, lo si deve, soprattutto, ai tagli dei trasferimenti statali e, di conseguenza,a quelli regionali.

Tagli che equivalgono a 600 milioni di euro in cinque anni: ecco perché i Comuni siciliani sono sull’orlo del dissesto. Una amara realtà certificata anche dalla Corte dei Conti e che i cittadini vivono ogni giorno sulla propria pelle: tagli ai servizi, anche quelli essenziali, pressione fiscale alle stelle.

Sembra assurdo, dunque, punire i sindaci per una situazione che, nella maggior parte dei casi, non è ascrivibile a loro. Ma tant’è. Così ha deciso l’Ars e così sia.

Ma fino ad un certo punto. L’ANCI, come detto, promette battaglia: “Faremo una impugnativa dei decreti di decadenza come ANCISICILIA anche ad adiuvandum a quelle dei 7 sindaci decaduti – ha dichiarato Leoluca Orlando, presidente dell’Associazione al termine della riunione – e in contemporanea chiederemo un incontro urgente al presidente dell’Ars invitando tutte le forze politiche, entro il 30 di aprile, a modificare gli articoli che prevedono la costituzionalmente illegittima decadenza di sindaci e consigli con una inammissibile sfiducia con maggioranza diversa da quella ordinariamente prevista per tale istituto”.

I sette Comuni sui quali si è già abbattuta la scure sono: Casteldaccia, Calatafimi Segesta, S. Piero Patti, Castiglione di Sicilia, Valdina, Monforte S. Giorgio e Monterosso Almo.

“Chiederemo un incontro urgente al Ministro Costa- prosegue Orlando- per sollecitare la impugnativa governativa delle norme regionali e un incontro al Commissario dello Stato chiedendo lo scioglimento dell’Ars per ormai persistente e acclarata violazione dello Statuto e della Costituzione”.

Parla anche Mario Emanuele Alvano, segretario generale di ANCI Sicilia ed è altrettanto duro:
“La Regione siciliana con la stessa mano con cui impedisce di fare i bilanci ai Comuni punisce i Sindaci e ci fa tornare alla instabilità della situazione politica e amministrativa pre 1992 quando era il consiglio comunale e non i cittadini ad eleggere il sindaco”.
Per il vice presidente dell’Associazione siciliana dei comuni, Paolo Amenta “questa è la goccia che fa traboccare il vaso.  Non abbiamo il decreto di riparto dei trasferimenti regionali per gli enti locali. Non esiste nessun impegno di spesa per investimenti e a causa di una legge incomprensibilmente retroattiva veniamo dichiarati decaduti se non approviamo il bilancio entro i termini”.

Il loro ragionamento non fa un piega. Ma una domanda sorge spontanea: perché protestano solo ora? La grave situazione finanziaria dei Comuni è nota da tempo e pure le cause. Eppure, prima di adesso, la protesta non aveva mai raggiunto questi livelli. Amenta, a dire il vero, non le ha mai mandate a dire. Ma, in generale, mai vista tanta enfasi e tanta unanimità dopo una riunione dell’Anci.

Che dire? Secondo i malpensanti, siamo alle solite: adesso rischiano la poltrona e adesso trovano la forza di farsi sentire.Tutti uniti.

Ipotesi amarissima, perché ad occhio e croce, è più grave lasciare i cittadini senza servizi, stressarli con l’aumento dei tributi e con le anticipazioni di cassa (gli interessi li pagheranno i cittadini) che perdere la poltrona.

Magari sarà una ipotesi estrema, eppure non possiamo fare a meno di chiederci: dove erano i sindaci siciliani mentre il PD del Governo nazionale, coadiuvato da quello regionale, scippava alla Sicilia i soldi dei contenziosi con lo Stato? Parliamo di ingenti risorse che la Sicilia avrebbe potuto incassare grazie ai pronunciamenti favorevoli della Corte Costituzionale, ma che il Governo Crocetta ha regalato al Governo Renzi.

Dove erano mentre i magistrati contabili ( delibera della Sezione di controllo depositata lo scorso 23 Dicembre), parlavano di entrate che sono state trattenute, in maniera unilaterale, dallo Stato “privando conseguentemente la Regione della liquidità necessaria per fare fronte ai pagamenti della PP.AA”?

Dove erano mentre la Corte dei Conti parlava di uno Stato che stressa i conti della Sicilia? Dove erano mentre il Governo nazionale decideva di aumentare i prelievi forzosi per il fantomatico ‘risanamento della finanza pubblica italiana”?

Non lo sapevano che tutti questi scippi di risorse regionali si sarebbero riversati sui loro Comuni?  E, se sì, perché non hanno protestato in tempo?

Siamo dinnanzi alla rivolta degli schiavi? Ha ragione chi sostiene che sindaci e consiglieri – tranne qualche eccezione, ovviamente-  hanno sopportato scippi e furti legalizzati perché a pagare erano i cittadini e adesso cambia tutto perché in ballo c’è la loro poltrona?

Possibile?

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