Lombardia e Veneto pronti al referendum sull’Autonomia: il modello Sicilia senza gli ascari siciliani

16 marzo 2017

Anche dal Governo centrale arrivano apertura dinnanzi alla determinazione mostrata dai politici di queste regioni. Voterà si anche il movimento indipendentista veneto, ma per ragioni particolari. Tutto il contrario di quanto avviene in Sicilia dove una pessima politica ha portato disaffezione verso uno strumento che nelle mani giuste garantirebbe sviluppo ed equità…

“Noi il referendum per l’autonomia della Lombardia lo faremo comunque e insieme al Veneto. Abbiamo chiesto al governo di darci l’abbinamento o con il referendum abrogativo o con le elezioni amministrative, facendo quindi
l’election day”. Il governatore Roberto Maroni tira dritto per la sua strada convinto come è che quella del riconoscimento dell’Autonomia sia l’unica strada per garantire sviluppo ed equità alla sua regione.

La sua aspirazione è nota da tempo e spesso ha parlato dello Statuto Speciale Siciliano indicandolo come il modello ideale: “Io vorrei lo Statuto della Sicilia, che, oltre a dire che il 100% delle tasse pagate dai siciliani rimane in Sicilia, prevede che, se c’è una società che ha un’attività produttiva in Sicilia, ma la sede legale è fuori della Sicilia, per il reddito prodotto in Sicilia paga le tasse in Sicilia” ha detto Maroni in più occasioni. La differenza è che, mentre in Sicilia queste norme statutarie rimangono inapplicate a causa del servilismo della classe politica siciliana, l’ormai famigerato ‘ascarismo’, in Lombardia, c’è da scommetterci, nessun diktat romano riuscirebbe a bloccarne la piena applicazione.

Il modello Sicilia, dunque, piace, ma senza gli ascari siciliani.

Maroni lancia la sua proposta in tandem con il Veneto. Anche Luca Zaia persegue, infatti, l’obiettivo della territorializzazione delle imposte e del graduale distacco dal centralismo romano. Le due regioni parlano all’unisono e la loro voce è talmente determinata da spingere lo stesso Governo centrale ad una apertura:”Ho convocato per venerdì un tavolo tecnico presso il Dipartimento degli Affari regionali – ha annunciato ieri il ministro Enrico Costa – per avviare un confronto tra il ministero dell’Interno e le Regioni Lombardia e Veneto circa le questioni relative alla richiesta, da parte delle due Regioni, di abbinare le elezioni amministrative o il referendum nazionale con le consultazioni referendarie che le due Regioni intendono promuovere nel corso del 2017″.

Va da sé che si tratta di referendum consultivi, ma la strada sembra ormai segnata.

In Veneto, però, non c’è unanimità, nel senso che nella regione c’è una forte aspirazione all’indipendenza. A questo proposito, il leader del movimento Indipendenza Veneta, Alessio Morosin dice a Linkiesta.it: “Noi sosterremo con tutte le forze il referendum, voteremo sì. Ma lo faremo per togliere il giocattolo a chi sta illudendo i veneti. Noi ci stiamo preparando già alla fase due: preparare una nuova legge che eserciti il diritto di autodeterminazione del Veneto. Il nostro modello è la Catalogna”.

L’illusione cui si riferisce Morosin è la trattativa con lo Stato, che pure con un eventuale trionfo del sì al referendum, sarebbe necessaria per il riconoscimento dei diritti autonomisti: “Dopo aver raggiunto un’intesa con la Regione, per ratificarla serve una legge dello Stato, che dovrà essere votata dalla maggioranza assoluta dei componenti delle Camere. Non accadrà mai, lo Stato non se lo può permettere. E sarà la tomba di una grande illusione”.

Interessante notare che anche per gli indipendentisti veneti -assolutamente critici con la Lega Nord oltre che con gli altri partiti italioti – così come per quelli catalani e quelli scozzesi, il problema non è né l’euro, né l’Europa: “Se fossimo indipendenti, potremmo rispettare i parametri di Maastricht. In Veneto abbiamo credito, non debito”.

Comunque al momento, l’indipendenza resta un progetto lontano e difficile da realizzare.

Quali analogie con la Sicilia?

Inutile ripetere che il mondo indipendentista siciliano è talmente frazionato da risultare ininfluente. Ma anche qui, chi sogna l’indipendenza, scende con i piedi per terra e propone soluzioni intermedie che vanno dalle zone economiche speciali alla piena applicazione dell’Autonomia. L’indipendenza, insomma, viene proposta come l’ultima tappa di un viaggio che deve ancora iniziare o come un ideale che deve ancora maturare nella coscienza dei Siciliani. Certamente esistono movimenti indipendentisti che non prospettano alcun compromesso (sono pochissimi e fuori da ogni circuito mediatico), ma per quanto si apprezzi la loro purezza ideologica, al momento rimaniamo nel campo della filosofia politica o, comunque, lontanissimi da un reale processo politico.

E non è un caso. A differenza di altre regioni europee, in Sicilia, infatti, manca ancora il popolo. Perché la maggioranza dei catalani è per l’indipendenza? Perché come ci ha spiegato un politico catalano, tutti si accorgono che le leggi catalane sono più eque per i cittadini di quelle spagnole. In Catalogna si vive meglio. 

Ai Siciliani manca ancora questa evidenza così come la consapevolezza delle potenzialità dell’Autonomia speciale, e se è vero che negli ultimi anni si è accresciuta, non è ancora un tema nazional popolare. Al contrario, grazie agli ascari di cui sopra, è passato il messaggio che l’Autonomia sia servita solo a garantire i privilegi della casta. Il che è vero, ma è un messaggio monco che deforma la realtà: liberarsi della casta non significa liberarsi di uno Statuto che, in mano alle persone giuste, potrebbe portare al decollo economico della Sicilia.

Ricordiamo che tra i difensori dell’Autonomia ci siano stati illustri uomini politici siciliani: “L’Autonomia regionale speciale che costituisce la risposta democratica ed unitaria del nuovo Stato repubblicano alle istanze della Sicilia del dopoguerra rimane patrimonio inalienabile di cui siamo e saremo sempre gelosi custodi” diceva Piersanti Mattarella.

Mentre per Pio La Torre, gli attacchi all’Autonomia erano un attacco alla democrazia: “La svolta drammatica che vive oggi l’Autonomia siciliana non è che il risultato più evidente della volontà del Governo di mortificare gli istituti democratici del nostro Paese,  per fare passare le linee di sviluppo del capitalismo monopolistico”.

Troppo tardi per chiedere la piena applicazione dell’Autonomia? Dipende certamente da chi i Siciliani sceglieranno di mandare al Governo. Con la classe politica che ci ha governato finora non sarebbe tardi, ma inutile.

 

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