Le denunce di GranoSalus, il sistema CETA, le navi al veleno e la pasta al glifosato e alle micotossine ‘made in Italy’…

3 marzo 2017

Vi raccontiamo uno dei più grandi intrighi ‘pilotati’ dall’Unione Europea dell’Euro. Il CETA – approvato qualche mese fa dal Parlamento Europeo con il voto favorevole dei Popolari e dei Socialisti europei – affonda le radici in un sistema che è già operativo da tempo. Di fatto, contro gli stessi regolamenti comunitari, è stato creato un sistema grazie al quale il grano ‘estero’ pieno di sostanze velenose viene tagliato con il grano duro del Sud Italia. Ci guadagnano le multinazionali. Ci rimettono – in salute – milioni di cittadini. La ‘latitanza’ del Governo regionale. L’attacco di Cosimo Gioia all’assessore Antonello Cracolici e agli europarlamentari siciliani di Forza Italia

Lo spettacolo che l’attuale Governo regionale, a tutti i livelli, continua a dare di sé è deprimente. Ieri sera abbiamo dato notizia del fallimento dell’Associazione Regionale Allevatori della Sicilia. Un fatto gravissimo. Un atto che abbandona gli allevatori della nostra Isola in un momento economico difficilissimo. Stupisce e sconcerta il silenzio del presidente della Regione e dell’assessore all’Agricoltura davanti a una vicenda così grave.

Benessere degli animali – si pensi alle malattie che possono colpire gli stessi animali – ‘tracciabilità’ dei prodotti zootecnici (si pensi all’abigeato, cioè al furto degli animali, e alla macellazione clandestina), produzione di latte, formaggi, carne: ebbene, tutte queste cose che riguardano la vita di ogni giorno dei Siciliani non sembrano interessare all’attuale Governo.

Non c’è da stupirsi. Da qualche giorno in tutta Italia si parla dei controlli avviati sulla pasta industriale da GranoSalus, l’associazione che raccoglie produttori di grano duro di tutte le Regioni del Sud Italia e tanti cittadini. E’ venuto fuori che i più noti marchi di pasta industriale italiana presentano glifosato e micotossine DON.

Ebbene, la Sicilia si trova nel bel mezzo di questa bufera. La nostra Isola e la Puglia producono la maggior parte del grano duro italiano. Nel Sud Italia, per la coltivazione del grano duro, non si usa il glifosato: quanto meno possiamo affermare senza tema di smentite che questo micidiale diserbante non si usa nella fase di maturazione di questa coltura. Dalle nostre parti il grano duro matura naturalmente: il sole e le temperature estive fanno maturare il grano in modo naturale e impediscono la formazione di micotossine DON.

Insomma, se la pasta industriale italiana fosse prodotta con il grano duro delle Regioni del Mezzogiorno d’Italia questo prodotto non dovrebbe contenere né glifosato, né micotossine.

Invece – come hanno certificato le analisi effettuate, per conto di GranoSalus, da un laboratorio estero – la pasta industriale prodotta in Italia contiene glifosato e micotossine.

C’è chi nega l’evidenza, contestando le analisi di GranoSalus. E chi, invece, ammette la presenza di glifosato e micotossine nella pasta che produce, ma, aggiunge, tale presenza è “nei limiti di legge”.

Eh sì: importando grani duri dall’estero è inevitabile produrre pasta con queste sostanze inquinanti. Ma niente paura, niente allarmismo: un po’ di glifosato e un po’ di micotossine DON, nei nostri piatti di ogni giorno – questo è, sostanzialmente il ragionamento di certi industriali della pasta – non fa male alla nostra salute. Perché a noi ha pensato la ‘Grande Unione Europea dell’Euro’ che ci protegge e che ha fissato dei limiti alla presenza di questi veleni.

Ma le cose stanno proprio così? Spiega sulla propria pagina facebook il micologo Andrea Di Benedetto:

“A proposito dei grani esteri importati dai mugnai e i pastai nazionali… si tenga ben in mente che in Canada il limite degli alimenti per maiali, per il DON è 1000 ppb… mentre in Europa per il grano duro ad uso umano è stato fissato, nel 2006, a 1750 ppb. Per cui succede normalmente che tutto quello che in Nord America non si può utilizzare nemmeno per gli animali, trova facile collocazione in Italia”.

Insomma, l’Unione Europea ha stabilito che i cittadini europei possono mangiare un grano duro che in Canada e in Nord America viene considerato così tossico, ma così tossico che non viene dato agli animali per non avvelenarli. Invece in Europa questo grano avvelenato, secondo gli ‘scienziati’ di Bruxelles, può tranquillamente essere utilizzato per la produzione della pasta, del pane, delle pizze, dei biscotti che finiscono ogni giorno sulle nostre tavole!

Fine della follia? No. La ‘Grande Unione Europea dell’Euro’ ci dice che sì, anche se questo grano ‘estero’ contiene glifosato e micotossine, beh, lo possiamo mangiare. L’importante è miscelarlo bene con un grano duro non contaminato. Evitando, comunque, di mangiare più di 5 chilogrammi di pasta al glifosato e alle micotossine all’anno, ci dicono sempre da Bruxelles. Non si sa mai…

Peccato che in Italia il consumo di pasta sia, in media, 4-5 volte superiore a quello raccomandato dalla UE. Morale: ci stanno avvelenando a norma di legge. Ma non ci dobbiamo lamentare.

Non è che possiamo mettere in discussione il business delle grandi industrie della pasta? Siccome si è scoperto che ci stanno avvelenando blocchiamo le importazioni, in Europa, di grani duri al glifosato e alle micotossine? Non se ne parla nemmeno!

Perché a guadagnare, con questo business, non solo solo le grandi industrie della pasta. In cambio di 4-5 milioni di tonnellate di grano duro al glifosato e alle micotossine che, ogni anno, arrivano in Europa, c’è chi, dalla stessa Europa esporta chissà quali prodotti in Canada.

E’ uno scambio alla pari: tu, ‘Europa Unita dell’Euro’, ti prendi il nostro grano duro che noi, qui, non diamo nemmeno agli animali e noi Canada, in cambio, ci prendiamo alcuni dei tuoi prodotti. E magari consentiamo a qualche multinazionale europea, magari tedesca – magari a qualche gruppo che opera nella farmaceutica – di venire da noi a fare business. E consentiamo pure a qualche altra multinazionale di ‘beccarsi’ gli appalti & forniture canadesi nel settore dei servizi (Consip insegna).

Signori, ecco a voi il CETA, il trattato commerciale internazionale che penalizza l’Italia, ma che, nel Parlamento Europeo, è stato voluto e votato da due forze politiche italiane: il PD e Forza Italia!

Per ciò che riguarda l’Italia il sistema si regge sulla riduzione della superficie coltivata a grano duro. E siccome l’80% del grano duro si produce nel Sud Italia (sul restante 20% del grano duro che si produce nel Centro Nord Italia non ci pronunciamo: saranno le analisi di GranoSalus a raccontarci, speriamo presto, la qualità di questo prodotto), ecco che per giustificare l’importazione, nel nostro Paese, di grano duro canadese bisogna fare sparire il grano duro del Mezzogiorno d’Italia.

Come? Semplice: convincendo, con le buone o con le cattive, gli agricoltori del Sud Italia ad abbandonare la coltura di grano duro. E, in effetti, se andiamo a dare un’occhiata alle statistiche ci accorgiamo con, negli ultimi anni, circa 600 mila ettari di seminativi del Sud Italia sono stati abbandonati.

Perché? Risposta altrettanto semplice. Da una parte l’Unione Europea dell’Euro, con un regolamento che si chiama Set-Aside (che in inglese, letteralmente, significa mettere da parte), ha pagato gli agricoltori del Sud Italia per abbandonare i seminativi. Dall’altra parte il mercato del grano di Chicago (ovvero gli Stati Uniti d’America) fa in modo che il prezzo internazionale del grano duro si mantenga basso, per ‘convincere’ i produttori di grano duro del Sud Europa ad abbandonare questa coltura, favorendo i loro amici canadesi.

Ovviamente, il grano duro del Sud Italia non deve sparire del tutto. Non dobbiamo dimenticare che il grano duro estero che arriva con le navi è tossico (in Canada, l’abbiamo ricordato, non lo danno a mangiare nemmeno agli animali). Per potere rendere il grano estero commestibile – cioè per portare la presenza di micotossina DON sotto i limiti di 1750 ppb fissati dalla ‘Grande Europa dell’Euro’ – bisogna miscelarlo. Con quale grano duro? Con quello del Sud Italia che contiene zero micotossine.

Si può fare? No:

“La prassi di miscelare grani contaminati con grani privi di contaminazione al fine di ottenere partite mediamente contaminate (sia pur entro i limiti di legge) è vietata dall’Europa”, si legge sempre nel sito di GranoSalus. Ma la ‘Grande Europa dell’Euro’ chiude un occhio, anzi li chiude tutt’e due… In pratica s’inni futti, come si direbbe dalle nostre parti.

Commenta ancora il micologo Di Benedetto:

“Ecco come si spiega l’invasione in italia di grano di terza, quarta e quinta categoria attraverso i porti dell’intera penisola…”. I milioni di quintali grano duro che arrivano con le navi, dice sempre Di Benedetto, servono “in primis a calmierare il prezzo interno del grano del Sud Italia, ormai relegato a tagliare le nefandezze dei grani per altri usi importati dai campioni del made in Italy”.

Già, perché dopo tutti queste ‘stranezze’ non avallate, ma volute dalla ‘Grande Europa dell’Euro’, la pasta rimane il simbolo del made in Italy! ‘Stupendo’, no?

Già il made in Italy. Perché la pasta industriale italiana non è che finisce solo sulle tavole degli italiane, ma va sulle tavole dei consumatori di mezzo mondo. Mangia che ti passa…

E la Sicilia, la Regione siciliana, il Governo della Regione siciliana – e soprattutto il Parlamento siciliano, che dovrebbe essere il centro delle scelte politiche della nostra Isola – che cosa fanno? Una mazza!

Cosimo Gioia, produttore di grano duro e già dirigente generale del dipartimento Agricoltura della Regione siciliana, messo alla porta qualche anno fa dall’Amministrazione regionale retta, allora, dall’ ‘Autonomista’ Raffaele Lombardo, sempre su facebook, commenta così:

“Mi chiedo: ma cosa sta facendo il Governo regionale sul problema del grano alle micotossine importato? Ho letto e riletto lo Statuto della Regione siciliana e in diversi punti si parla di tutela della salute dei cittadini e di difesa dei prodotti agricoli regionali su cui il Governo regionale ha la piena responsabilità. Cosa fa Crocetta tal proposito? Tace e lo stesso Cracolici… Anzi, il primo – il presidente della Regione Rosario Crocetta – va a collezionare magre figure da quello sfacciato di Giletti che se lo lavora per bene e lo mette in stato confusionale fino a fargli offendere la terra da lui governata; il secondo – l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici – gira per fiere e campagna elettorale annunciando mirabilie del suo operato che vengono poi, puntualmente, smentite dai fatti”.

“Ma sul grano – aggiunge Gioia – la salubrità ed il tramonto della cerealicoltura siciliana che è l’asse portante dell’agricoltura regionale, SILENZIO ASSOLUTO… Io, se fossi stato in lui, me ne sarei andato a Bruxelles ad incatenarmi per chiedere il perché il limite dei contaminanti è fatto per un consumo europeo pro capite di 5 Kg di pasta all’anno, quando da noi se ne consumano 30 Kg a testa annui. E i parlamentari europei siciliani che fanno? Votano il CETA che sarà la tomba della granicoltura siciliana…”.

A questo punto Gioia sferra un attacco all’europarlamentare siciliano di centrodestra, Giovanni La Via, ex assessore regionale all’Agricoltura e docente universitario presso la facoltà di Agraria di Catania:

“Non mi meraviglia il voto di alcuni completamente ignoranti della materia, ma La Via, ex assessore all’Agricoltura, come fa a votarlo? E Cicu (Salvatore Cicu, europarlamentare di Forza Italia eletto nel collegio Sicilia-Sardegna ndr) che si dice presente alle problematiche agricole della nostra Isola come fa? Boh, non ci sono parole per definire questi comportamenti ed ogni spiegazione sfugge alla normale ragionevolezza. Intanto il nostro grano continua ad avere un prezzo irrisorio e molti hanno preferito non seminare… Non ci si spunta con i costi perché il costo mezzi tecnici continuano ad aumentare. Lo capiscono questi signori, o no? Io personalmente sono furiosamente incazzato ed aspetto tutti alle prossime elezioni. Vedremo chi avrà il coraggio di votarli, Forza Italia compresa, partito in cui ho militato, che in Europa ha votato in massa sì al CETA”. 

 

P.S.

Come potete notare, il CETA – approvato qualche mese addietro dal Parlamento Europeo – ha alle spalle un lavoro lobbing che affonda le radici negli anni passati. Perché 600 mila ettari di seminativi del Sud Italia non si abbandonano in un anno. C’è, alla base, un disegno criminale che va avanti da tempo. Gli europeisti…

Chi oggi si scaglia contro i dato diffusi da GranoSalus dovrebbe rispondere a una semplicissima domanda: che fine fa tutto il grano che arriva con le navi nei porti italiani?

Da leggere anche:

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