Tremonti: “L’Italia rischia di fare la fine del Regno delle due Sicilie”. Ma i politici meridionali lo sanno che fine ha fatto il Sud?

6 febbraio 2017

Parlando dell’Europa “a due velocità” invocata dalla Germania, l’ex ministro ricorda  la condanna alla miseria che l’Unità d’Italia ha imposto al Sud. Ma non possiamo certo aspettarci che sia lui a cambiare le sorti del Mezzogiorno. Dove ancora a dominare è una classe dirigente di ascari che ci condanna alla miseria e all’emigrazione nel nome di carriere personali tanto remunerative quanto inutili…

Il professor Giulio Tremonti non finisce mai di stupirci. Da ministro dell’Economia del Governo Berlusconi denunciò la “debancarizzazione del Sud”, “l’unica area del Paese sprovvista di grandi banche territoriali”. La sua azione politica non è mai stata meridionalista, ma quella denuncia è passata alla storia dando ragione a chi nelle grandi operazioni bancarie cominciate negli anni ’90, fatte di acquisti e svendite delle grandi banche del Mezzogiorno, vide una vera e propria colonizzazione selvaggia di uno dei settori più importanti del Sud.

Emblematiche le ‘truffe’ che portarono, con una mirata azione politica, allo scippo del Banco di Sicilia. Ve ne abbiamo parlato qui dettagliatamente. 

Ieri, l’ex ministro, oggi Senatore del gruppo GAL (dopo il divorzio con Forza Italia ha ricevuto ospitalità dalla Lega ottenendo una candidatura al Senato), ospite di In 1/2 ora di Lucia Annunziata, è tornato a parlare del Sud e di come sia stato trattato.

Lo ha fatto commentando le ultime mosse della Germania che, alla viglia di importanti elezioni interne, invoca una Europa a due velocità: “Ci vogliono far fare la fine che i piemontesi hanno fatto fare al Regno delle Due Sicilie”. Ovvero, una spoliazione di tutte le risorse meridionali. a cominciare dalle riserve del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli, per risanare i conti piemontesi. Ve lo abbiamo raccontato qui. 

Tremonti che di recente ha dato alle stampe “Mundus Furiosus. Il riscatto degli Stati e la fine della lunga incertezza”, edito da Mondadori, in cui invoca una nuova fase sovranista per l’Italia, ha spiegato che “non vuol dire chiudersi ma difendere quello che hai e valorizzarlo sull’esterno. Lo stanno facendo Usa e Germania, lo deve fare l’Italia. Non possiamo continuare a farci portar via la nostra roba”. Il riferimento, va da sé, è alle privatizzazioni dei principali asset italiani finiti in mano straniera.

Per il professore “nel 2011 bisognava andare a votare, non dare vita a uno zombie che ci ha tolto i soldi per conto della Germania. Abbiamo perso sovranità quando con una violentissima torsione politica ci siamo sottomessi al dominio di Germania e Francia, sto parlando del governo Monti”.

Difficile dargli torto e non solo sul Sud.

Detto questo, aspettiamo ancora che siano i politici meridionali a dire queste cose e ad agire di conseguenza. Non possiamo certo aspettarci che sia Tremonti a lottare per noi.  Perché ormai sono sotto gli occhi di tutti i danni prodotti dall’Unità d’Italia al Sud, danni che sono diventati strutturali e che continuano a manifestarsi ancora oggi perché dopo la fine del regno piemontese e con l’avvento della Repubblica italiana, la linea non è cambiata.

Quando finirà l’era di una classe politica meridionale, che non a caso Salvemini definiva ‘ascara’ (mercenaria), piegata agli interessi del Governo centrale e del Nord?

Il  Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella, era consapevole del principale problema del Sud:“Occorre creare una forza di pressione capace di controbilanciare le spinte e le sollecitazioni che sull’apparato politico-burocratico esercita la struttura socio finanziaria del Nord. Così diceva uno dei migliori Presidenti che la Sicilia abbia mai avuto. 

Così come ne era consapevole Pio La Torre e pochi altri ancora nel resto delle regioni del Sud. Ognuno con la propria ideologia, ognuno con le proprie proposte. Ma ad unirli era  la reale preoccupazione per le sorti del Mezzogiorno.

La misura, oggi, è colma. Non a caso in tutto il Sud  stanno riprendendo piede movimenti indipendentisti e autonomisti. E meno male.

Resta il pesantissimo problema di una classe dirigente che ancora fa finta di niente e ancora svende i nostri interessi nel nome di carriere personali. Resta il problema di una stampa asservita alle lobby del Nord che di questione meridionale non parla o non ne parla nei giusti termini.

La speranza è che alle prossime elezioni i Siciliani (e i meridionali) chiudano definitivamente con la stagione di una politica ascara che porta solo miseria ed emigrazione.

Ai 2 milioni e 200 Siciliani che alle regionali nel 2012 non hanno votato: solo voi potete cambiare la Sicilia!

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