Ambiente, le Regioni del Sud: “Quali soldi gestirà il Commissario unico?”

20 gennaio 2017

In un documento consegnato alla Commissione Bilancio della Camera tutti i dubbi sulla scelta del Governo di affidare ad un suo nominato le emergenze ambientali del Mezzogiorno. In particolare il capitolo finanziario: non si capisce se saranno trasferite alla contabilità statale solo i fondi per gli interventi specifici o anche altro: “L‘articolo del decreto è ambiguo e troppo generico”

La Conferenza delle Regioni dice la sua sull’istituzione di un Commissario unico, da parte del Governo centrale, che dovrebbe occuparsi di tutte le emergenze, soprattutto al Sud, e soprattutto in tema ambientale. Parliamo del decreto legge 29 Dicembre 2016, N. 243 con il quale il Governo avoca a sé i poteri riguardanti i casi più scottanti: dalla cessione dei complessi aziendali dell’Ilva, alla bonifica di Bagnoli. Il provvedimento interessa da vicino anche la Sicilia e ha suscitato più di una polemica.

Il Commissario unico, infatti, si occuperà di interventi in materia di collettamento, depurazione e fognatura mettendo fuori gioco l’assessore regionale, Vania Contrafatto, alla quale era stato assegnato il ruolo di commissario regionale in questo campo. Da qui le proteste della deputata regionale del PD Marika Cirone che, come potete leggere qui, ha accusato il Governo di avere preso tale decisione in maniera unilaterale e senza tenere conto dei lavori già svolti dall’assessore.

Ieri le Regioni sono state ascoltate in Commissione Bilancio della Camera dei Deputati e le critiche, seppur addolcite da “una condivisione dell’analisi delle problematiche sottese all’adozione del decreto legge nonché l’esigenza espressa di individuare misure straordinarie necessarie a contrastare l’attuale situazione di criticità evidente” non sono mancate.

La più sostanziosa riguarda il capitolo finanziario: quali soldi gestirà il Commissario unico?

Su questo aspetto, infatti, “l’articolo del decreto è ambiguo e troppo generico” – si legge nel documento consegnato ai parlamentari di Montecitorio.

Ovvero, alla contabilità del Commissario unico andranno solo i fondi previsti dalla delibera Cipe 60/2012 e solo quelli destinati agli interventi specifici “ed effettivamente trasferiti”, o cosa?

“Non è chiaro quale sia l’intento del comma 4, ultimo periodo, dove si dispone il trasferimento di “tutte le risorse finanziarie pubbliche, nazionali e regionali, nonché quelle da destinare agli interventi di cui al comma 2” (infrazioni c565/10 e c85/13). La congiunzione “nonché” fa pensare a trasferimenti di fondi anche di altri interventi oltre a quelli del comma 2″.

E ancora:

“La formulazione del comma 6 dell’art. 2 è ambigua e troppo generica, non è specificato infatti se si riferisca indistintamente a tutti i fondi CIPE 60/2012 o solo a quelli destinati alla realizzazione degli interventi di cui al comma 2 (ovvero gli interventi specifici in tema collettamento, depurazione e fognatura, ndr). 

Si propone pertanto- dicono le Regioni- l’inserimento nel comma 6 di tale indicazione al fine di circoscriverlo, così come verosimilmente era nelle intenzioni del legislatore, ai soli fondi della CIPE 60/2012 stanziati per la realizzazione degli interventi
oggetto del decreto (infrazioni C565/10 e C85/13, sono le multe dell’Unione europea).

Non solo. Le Regioni non hanno apprezzato l’unilateralità della decisione e la loro totale estromissione se è vero che, sempre nel documento consegnato a Roma, suggeriscono “che la segreteria tecnica sia definita, nella composizione e per le professionalità occorrenti, dal Ministero dell’Ambiente d’intesa con la Conferenza delle Regioni, tenendo conto dei risultati già eventualmente conseguiti dalle procedure commissariali in essere, esplicitando l’esclusione del commissariamento per le Regioni che hanno già provveduto ad ottemperare al disposto delle sentenze della Corte di Giustizia”. Inoltre, “si segnala l’opportunità che periodicamente il Commissario relazioni sull’attività alle Regione”.

Insomma, il rischio è che l’innegabile emergenza di alcune situazioni dia al Governo nazionale l’alibi per trasferire nel bilancio statale risorse assegnate al Sud che nulla hanno a che fare con gli interventi specifici oggetto delle infrazioni Ue e del decreto.

D’altronde, chi conosce il latino, sa che la formulazione ambigua e generica di un articolo di legge non è mai casuale. E le regioni del Sud hanno ottimi motivi per mettere le mani avanti. Non sarebbe la prima volta, infatti, che risorse a loro destinate finiscano, in un fiat, nelle casse romane.

Il caso più famoso è il finanziamento degli sgravi contributivi delle assunzioni fatte al Nord con i soldi che erano destinati al Sud. Magistrale la ricostruzione della vicenda fatta su La7 da Paolo Pagliaro (potete vedere qui il servizio).

Prima c’era stata la questione dei fondi FAS (Fondo aree sottoutlizzate) che col governo Berlusconi erano diventati il bancomat del Governo per ogni evenienza.

Ancora di recente, i famosi Patti per il Sud, ovvero risorse che già spettavano al Mezzogiorno e trasferiti solo in minima parte: arrivano dal Fondo di sviluppo e coesione che, secondo la legge italiana, ammontava a 58 miliardi di Euro, poi scesi a 38 e, infine, la suddivisione per i patti del Sud di soli 12 miliardi.

Ovvio che adesso si pretenda chiarezza.

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