Toponomastica in Sicilia 3/ Pietro Pisani e la sua Real Casa dei Matti di Palermo

4 gennaio 2017

Oggi vogliamo ricordare un personaggio che, nei primi dell’800 – con i fatti e senza chiacchiere – ha fatto di Palermo una città europea. Il barone Pietro Pisani diceva che, per guarire i pazzi, ci vogliono amore e comprensione. Ed è stato il primo a curarli costruendo nel capoluogo dell’Isola un ospedale dove i matti non venivano maltrattati, ma curati con amore. Primo esempio, in Europa, di civiltà in un mondo che, quasi un secolo dopo i ‘Lumi’, si ostinava in molti casi a considerare la pazzia non una malattia da curare, ma una porta aperta verso il male 

Il corso Pietro Pisani, a Palermo, va dalla Piazza Indipendenza alla piazza generale Turba.

Pietro Pisani fu un filantropo, un  erudito, un archeologo di fama e grande esperto di pittura  e di musica, ma soprattutto, fu il fondatore, nel 1824, l’organizzatore e il direttore della Real Casa dei Matti di Palermo, un luogo di cura delle malattie psichiatriche.

In quello Stato, il Regno borbonico, che, secondo il primo ministro inglese Gladstone, interessato a gettare discredito su re Ferdinando II che aveva disdetto il contratto a suo tempo stipulato con  compagnie inglesi per lo sfruttamento dello zolfo, per affidarlo ai francesi, che offrivano condizioni migliori, in quello Stato, che a suo dire era l’abominio della società civile, l’ospedale psichiatrico fondato da Pietro Pisani rappresentò uno dei primi esempi in Europa di struttura psichiatrica espressamente dedicata a questo scopo, ed è stato tra i primi ad applicare  metodi di cura basati sull’approccio psicologico prevalente rispetto a quello farmacologico

Contrariamente a quanto avveniva nella maggior parte delle strutture europee consimili, nella Real Casa fu abolita la pratica della segregazione dei malati, dell’uso delle catene e delle bastonature. Al contrario, si diede spazio al cosiddetto “trattamento morale”, vale a dire all’approccio psicologico basato sulla separazione dei pazienti psichiatrici dagli altri ammalati, dalla loro osservazione, e dall’applicazione terapeutica di divertimenti e svaghi, nonché dell’ergoterapia.

Anche la struttura fu concepita in maniera tale da poter riuscire di supporto rispetto al nuovo approccio. Basata su una rigorosa divisione dei sessi, posta allora immediatamente al di fuori della cerchia urbana di Palermo, era provvista di giardini ed orti, dove i pazienti potevano passare del tempo all’aria aperta e, ove ne fossero capaci, dedicarsi alla coltivazione di alimenti poi usati nell’istituto, secondo il succitato principio ergoterapico.

La struttura veniva tenuta in condizioni perfette di pulizia, e gli stessi pazienti collaboravano a questo lavoro, nonché alle operazioni di cucina, manutenzione, o persino all’acquisto di quanto necessario. Ove possibile, i pazienti venivano portati a fare lunghe passeggiate in campagna, e persino a feste campestri, dove essi restavano in grande tranquillità.

L’approccio innovativo del barone Pisani, la grande accoglienza degli ambienti, la serenità dei pazienti, fu riportata da Nathanien Parker Willis nella sua opera The Madhouse to Palermo, pubblicato su The Metropolitan Maganine, come esempio da seguire per le erigende case di cura negli Stati Uniti. Da quest’opera, e grazie anche alla sua amicizia con Willis, Edgar Allan Poe trasse ispirazione per il suo racconto The system of Dr. Tarr end Professor Fether.

Alessandro Dumas lo ricordò con ammirazione ne Il Conte di Montecristo.

I Savoia, con la  loro trucida concretezza, nel 1870 ne fecero un carcere militare.

In questi giorni in cui è viva l’emozione per il trattamento disumano cui in una struttura di ricovero  sono stati sottoposti dei poveri ammalati, è di consolazione ricordare le parole con cui Pisani definiva il senso della sua  missione:

“Io reputo affidato a me un deposito sacro, la ragione di questi disgraziati, a cui debbo renderla a poco a poco”.

Qui trovate le prime due puntate del nostro ‘viaggio’ nella toponomastica della Sicilia

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