Referendum, spaventare il Paese equivale al reato di “Alto Tradimento”. Guerre?”Deciderà il Governo”

21 novembre 2016

Il generale di Corpo d’Armata, Fabio Mini, spiega le ragioni del suo NO ad una riforma voluta da una maggioranza che segue il modello Cina dove “c’è un partito che occupa tutto e impone la propria politica a tutti”. E accusa l’esecutivo di avere tradito il proprio ruolo istituzionale con un marketing che ha gettato scompiglio tra gli italiani

“Penso che sia stata una grossa sciocchezza legare il Referendum alla sopravvivenza politica del capo del Governo: un narcisismo inopportuno che non è finito con la tardiva e strumentale ammissione dell’errore. Anzi è stato fatto qualcosa di peggio, perché tutto l’esecutivo, a partire dal suo vertice, ha riversato sull’Italia la prospettiva di fallimento e sfascio nazionale in caso di prevalenza del No, alimentando così la disunione all’interno e i sospetti d’instabilità nazionale all’esterno. Viste le conseguenze in campo internazionale e nella speculazione economica a danno dell’Italia, questa operazione, in altri tempi e Stati, sarebbe stata considerata e perseguita come “Alto tradimento”. Da noi è una furbata”.

A parlare non è il capo di un partito o di un movimento di opposizione, ma il generale di Corpo d’Armata Fabio Mini, ex capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa.

In una intervista rilasciata ad antimafiaduemila.com, il militare espone le ragioni del suo NO al referendum costituzionale del 4 Dicembre, soffermandosi sullo stato in cui è stato ridotto il nostro Paese dal “marketing” del Governo. Un Paese diviso, rissoso e nervoso oltre ai i danni provocati da una speculazione finanziaria alimentata dallo spauracchio dell’instabilità: di tutto questo è responsabile un esecutivo che ha perseguito fini politici e non istituzionali. Operazione che, per il generale, come detto, equivale al reato più infame per gli esponenti delle istituzioni democratiche.

Ma non solo. Parlando dello squilibrio dei poteri in favore del Governo che questa riforma crea, il generale Mini si sofferma su un aspetto delicatissimo: “Come uomo, soldato e cittadino con oltre 46 anni di servizio nell’ambito di una istituzione fondamentale come le Forze Armate, deputate alla difesa della Patria, anche in guerra, non posso condividere una riforma che sottrae al Parlamento la decisione sulla più drammatica evenienza di uno Stato: la dichiarazione di guerra. La norma proposta indica infatti nel Governo, attraverso la sua ovvia e artificiosa maggioranza monocamerale, il responsabile di tale decisione”. 

“Se la norma- continua il generale-che equipara la dichiarazione di guerra a qualsiasi altro atto amministrativo può sembrare ininfluente sul piano pratico, non lo è affatto sul piano istituzionale e della filosofia del diritto. In questo caso, l’abolizione del bicameralismo perfetto è la chiara manifestazione della volontà di banalizzare il ruolo delle istituzioni a partire dall’atto più drammatico delle loro funzioni: la deliberazione sulla guerra. Il Parlamento riformato ha uno squilibrio a favore della Camera e questa, per effetto della legge elettorale maggioritaria e dei premi di maggioranza esagerati, ha uno squilibrio a favore del Governo. Di fatto, il nuovo Parlamento e lo stesso Governo cessano di essere organi legislativi rappresentativi di tutto il Paese e perdono la qualità fondamentale per autorizzare la guerra in nome del popolo italiano e quindi anche la facoltà di assumere ogni altra decisione che comporti analoghi sacrifici per tutta la popolazione e il trasferimento di risorse, poteri e funzioni da una istituzione all’altra”.

Il militare, nell’intervista, parla anche di come i partiti si siano impossessati del ruolo dei cittadini, del bluff della governabilità, degli abusi all’orizzonte e di quelli già perpetrati, di come questa riforma avvicini l’Italia al modello cinese (“In Cina c’è un partito che occupa tutto e impone la propria politica a tutti”), e di come la vittoria del Sì, equivarrebbe alla fine dell’essenza stessa della Costituzione che vuole gli italiani uniti nei principi fondamentali e democraticamente rappresentati a tutti i livelli.

Potete leggerla integralmente qui.  

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