I manganelli della Polizia contro gli studenti: la verità del professore Ignazio Buttitta

24 ottobre 2016

Dalla pagina facebook di Pino Apprendi riprendiamo e pubblichiamo la testimonianza del professore Ignazio E. Buttutta, che era presente alla manifestazione studentesca di sabato scorso a Palermo. E’ una testimonianza – autorevole – che fa giustizia di tutte le fesserie che sono state dette sui ragazzi presi a manganellate dai poliziotti in tenuta antisommossa. Gli studenti erano privi di caschi e di corpi contundenti: sono stati colpiti per disposizioni superiori. Insomma dovevano essere bastonati

“Mio padre Antonino – scrive il professore Ignazio Buttitta (il papà è il professore Antonio ‘Nino’ Buttitta ndr) – è andato all’inaugurazione dell’anno accademico dietro esplicito invito del rettore (la cui candidatura ha sostenuto al contrario di me che sostenevo Vito Ferro); b) è favorevole a Renzi e vuole votare sì al referendum; c) il pomeriggio del 21 abbiamo avuto, in proposito della manifestazione, un animato scambio di idee”.

A questo punto il professore Buttitta si rivolge al suo interlocutore su facebook:

“Quelli che tu chiami ‘i miei studenti’ sono i ragazzi del Collettivo Autonomo Universitario di lettere cui io ho chiesto, non avendoli frequentati in precedenza, di potermi associare nel corteo (questa storia del plagio del ‘cattivo maestro’ è grottesca). In quanto al resto restituisco il mio punto di vista fondato sulla diretta partecipazione agli eventi (sono quel signore in giaccone marrone che si vede, nel video più esteso che circola in rete, dinanzi ai poliziotti dopo il primo contatto: gridavo loro di lasciarci passare per raggiungere i margini della piazza secondo quanto programmato: qui potete vedere il video): considerata la consistenza numerica dei manifestanti e il fatto che questi fossero del tutto privi di qualsivoglia corpo contundente e di protezioni (caschi, scudi, ecc.) e considerato il cospicuo numero delle forze di polizia presenti in tenuta anti-sommossa, la polizia avrebbe potuto, se non altro in un primo momento, limitarsi a interporsi con gli scudi.

Io sono stato sottotenente di complemento. Mi è stato insegnato che la reazione deve essere commisurata all’offesa. Ecco, a mio avviso (non ritengo di essere latore di verità), la reazione è stata ‘non commisurata’ e ho buone ragioni di credere che questo sia accaduto in conseguenza di precise disposizioni superiori.

Colgo l’occasione per precisare che: non erano presenti alla testa del corteo facinorosi esponenti dei famigerati centri sociali; non c’è stato nessun lancio preliminare di lacrimogeni (qualcuno ha scritto che la polizia ha reagito a questa provocazione); i petardi, in numero di 4 o 5, erano quelli che generalmente i ragazzi sparano a capodanno e sono stati tirati, ad altezza dei piedi, al momento in cui il corteo si ritirava (non voglio così giustificare un fatto comunque deprecabile, ma precisare la successione dei fatti).

Infine desidero osservare che il dibattere sui torti e le ragioni di manifestanti e forze di polizia ha finito con l’oscurare le ragioni della protesta (le pessime e penalizzanti per le accademie meridionali politiche universitarie sostenute dal governo) e il fatto che il dissenso sia sempre più marginalizzato e represso e mediaticamente oscurato e mistificato. Quest’ultimo fenomeno credo che debba preoccupare tutti”.

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