Veleni a tavola/ Anche Quinta colonna (Mediaset) accende i riflettori sui grani che arrivano con le navi

21 ottobre 2016

Ormai la notizia che i grani che arrivano nel nostro Paese dall’estero non sono il massimo della salubrità è diventata di dominio pubblico. Ne ha parlato lo Speciale TG1. E ne ha parlato anche Quinta colonna (Tv Mediaset). In quest’ultimo servizio si sottolinea un punto cruciale di questa bruttissima storia che riguarda la salute di milioni di persone: l’Unione Europea che non ne vuole sapere di introdurre la ‘tracciabilità’ dei derivati del grano, per mettere i consumatori nelle condizioni scegliere tra prodotti fatti con grani duri del Sud Italia e prodotti fatti con i grani duri esteri

Non siamo i soli a manifestare dubbi sul grano duro che arriva dall’estero e finisce sulle nostre tavole sotto forma di pasta pane, pizze, farina, semola, dolci. Ieri, in un articolo che parla del un intervento del Governo nazionale che, proprio in materia di grano duro, viola le regole della concorrenza, abbiamo postato un video di Speciale TG1 (qui ci sono articolo e video). Oggi offriamo ai nostri lettori un video tratto dalla trasmissione televisiva Quinta colonna di Mediaset (che potete vedere qui).

In questo video di Quinta colonna si parla del grano – supponiamo duro – che arriva nel porto di Bari, in Puglia. Grano, viene detto nel servizio, che non si sa nemmeno da dove arriva: forse dal Canada, forse dal Messico.

Vengono inquadrate anche le modalità con le quali il grano viene prelevato dalle navi e caricato sui silos o su mezzi di trasporto. Sottolineando che la salubrità non è proprio il massimo…

C’è un agricoltore che, a un certo punto, afferma:

“Il mio grano, dopo la raccolta, percorre appena cinque chilometri. Il grano che arriva con le navi attraversa due oceani: eppure ha un prezzo inferiore al nostro. Com’è possibile?”.

Sui prezzi del grano duro e su altri argomenti vi consigliamo la lettura di questo articolo:

Il prezzo del grano duro del Sud Italia sale: merito di GranoSalus e delle battaglie contro glifosato e micotossine

La spiegazione è semplice: a manovrare i prezzi del grano, a livello internazionale, sono le multinazionali (leggere Chicago Board of Trade, che è il punto di riferimento mondiale del commercio di prodotti agricoli). Con il gioco dei prezzi le multinazionali – che già controllano buona parte del mercato mondiale del grano – sono in grado di gettare sul lastrico gli agricoltori di una certa parte del mondo per imporre certi prodotti.

E’ il caso dell’Italia. O meglio, del Sud Italia, dove si produce la gran parte del grano duro del nostro Paese.

Quest’anno – grazie al prezzo di mercato internazionale – il prezzo del grano duro, in Italia, è precipitato a 14 Euro al quintale. A questo prezzo, per gli agricoltori, non è conveniente raccogliere il prodotto, perché il processo produttivo diventa diseconomico.

Poi, con il passare delle settimane, il prezzo è aumentato, grazie all’attenzione mediatica.

Il prezzo è salito, anche se non sono mancati problemi, come potete leggere in questo articolo:

Aggiotaggio per tenere basso il prezzo del grano duro del Sud Italia?

Il tentativo di mettere in gravi difficoltà i produttori di grano duro del Sud Italia – e, in particolare, di Puglia, Sicilia e Basilicata – è in corso da tempo. Basti pensare che, negli ultimi anni, nel Mezzogiorno del nostro Paese, circa 600 mila ettari di seminativi sono stati abbandonati.

E’ il gioco perverso delle multinazionali: fare in modo che gli agricoltori abbandonino i terreni agricoli (magari per acquisirli in un secondo momento) e imporre i prodotti di altri Paesi: nel caso del grano duro, imporre quello prodotto in Canada, come hanno fatto e continuano a fare in Italia.

Tutti temi che I Nuovi Vespri tratta già da tempo. E li tratta anche Quinta colonna: nel servizio, infatti, si parla anche della qualità scadente dei grani che arrivano con le navi: grani conservati in presenza di umidità: umidità che significa presenza di funghi e di micotossine.

Micotossine che, invece, sono del tutto assenti nei grani duri del Sud d’Italia.

Nel servizio c’è anche la testimonianza di alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. Che raccontano di aver sequestrato 10 mila quintali – 10 mila quintali! – di grano arrivato con le navi.

Se ne deve dedurre che l’allarme lanciato negli anni passati dall’ex dirigente generale della Regione siciliana, Cosimo Gioia, e rilanciato in questi mesi da I Nuovi Vespri – sui rischi sanitari del grano duro che arriva con le navi anche in Sicilia non sono campati in aria.

Ultimo passaggio: la tracciabilità. Si tratterebbe di indicare, con chiarezza, su ogni prodotto derivato del grano la provenienza dello stesso grano. Per lasciare scegliere ai consumatori tra pasta, pane, pizze, farine, semole, dolci prodotti con il grano duro del Sud Italia e gli stessi prodotti fatto con grani duri canadesi, messicani e via continuando.

Cosa pensate che sceglierebbero i consumatori italiani se correttamente informati?

Invece, dal servizio di Quinta colonna – quindi non lo diciamo solo noi – scopriamo che è l’Unione Europea che non ne vuole sapere di introdurre la tracciabilità nei prodotti che derivano dal grano. E perché, secondo voi, la UE non vuole fare chiarezza su un punto cruciale che riguarda la salute degli italiani?

Risposta semplice: perché deve tutelare gli interessi delle multinazionali.

Cosa, questa, che potete leggere anche in questo articolo:

Grano duro, Saverio De Bonis: “L’UE non tutela la salute degli italiani”

 

 

 

 

 

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