Lo Statuto siciliano ci difende dall’invasione di prodotti avvelenati che arrivano dal resto del mondo

18 ottobre 2016

Si tratta dell’articolo 14, lettera e del nostro Statuto. Basta applicarlo per tutelare i Siciliani dagli effetti criminali della globalizzazione dell’economia. Perché questi prodotti carichi di metalli pesanti, di micotossine e di altri veleni arrivano sulle nostre tavole grazie a una criminalità organizzata che trova varchi sempre più estesi nella “sensibilità” politica dei rappresentanti dell’Unione Europea e dello Stato italiano. Ce li propinano con la scusa che costano meno. Tutto falso: spenderemo invece di più, perché nel conto andranno messi anche i soldi per curare le malattie che colpiscono il nostro organismo!

Al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio la Coldiretti ha presentato la classifica dei cibi più pericolosi (per la salute,ovviamente). Sono tutti cibi di importazione. Si va dalle nocciole turche e all’altra frutta secca e ai peperoni contenenti pesticidi, dalle arachidi cinesi contaminate da aflatossine cancerogene alle spezie provenienti  dall’India affette da contaminazioni biologiche e da residui chimici in eccesso. E, ancora, dalla curcuma alle bacche di goji, dai fagioli azuchi allo zenzero, anche questi di provenienza cinese. Né va meglio col pesce importato dalla Spagna,  contenente metalli pesanti oltre la norma. C’è anche la frutta secca proveniente dall’India, con l’allarme salmonella nei semi di sesamo, e i pistacchi provenienti dall’Iran. Dall’Egitto arriva frutta e verdura contenente pesticidi (olive e fragole). Ma con l’Egitto governato da torturatori di italiani bisognerebbe chiudere le frontiere non solo alimentari. E invece non si chiudono per il business, lo sporco business. Anche i pistacchi provenienti dagli Usa sono pieni di aflatossine  cancerogene. Importiamo pure pesce dal Vietnam con troppi metalli pesanti.

Per concludere e non fare torto a nessuno, non trascuriamo il pollame proveniente dalla Polonia non esente da contaminazioni biologiche. Sono cibi che hanno avuto un boom nel nostro Paese, sopratutto per il loro costo, assai inferitore a quello dei corrispondenti prodotti italiani.

Curiosamente, la Coldiretti ha omesso di presentare i dati relativi al  grano di importazione (come potete leggere qui). Ma per fortuna su questo versante questo blog sta conducendo una battaglia quasi quotidiana, sì, quotidiana, perché, anche se a qualcuno non interessa, in Sicilia il pane è ogni giorno sulla nostra tavola.

Come è possibile questa invasione barbarica per terra, cielo e mare?

Come è possibile che alimenti chiaramente dannosi e riconosciuti come tali varchino i nostri confini e finiscano sulle nostre mense?

E’ la globalizzazione, bellezza, direbbe qualcuno.

NO! E’ criminalità organizzata che trova varchi sempre più estesi nella “sensibilità”politica  dei rappresentanti dell’Unione Europea e dello Stato italiano.

Gli interessi in ballo sono giganteschi, gli attori in scena di alto bordo. Le transazioni commerciali nell’ordine di milioni di tonnellate di schifezze sono in grado di cambiare status economici di parlamentari e funzionari comunitari, e scendendo “per li rami”, di ministeriali, e locali. E così si arriva ai supermercati e ai negozi, si diceva una volta, di coloniali e droghe.

Ma questi governanti e amministratori pubblici sono mai stati in India, hanno mai visto i paria al lavoro nella trasformazione dello sterco di vacca in fertilizzanti e materiale di riscaldamento? Sono mai stati sul delta del Mekong, dove transitano centinaia di barche di pescatori con motori a scoppio altamente inquinanti? Da questi Paesi con questa mentalità e con questo senso dell’igiene arriva quel cibo, commerciato da persone che nemmeno si chiedono se le loro manipolazioni possano nuocere alla salute degli altri.

E noi, invece, del pistacchio di Bronte, delle nocciole del Messinese, o degli altri prodotti di casa nostra compriamo queste schifezze perché costano di meno.

Che geni! Il risparmio di Giufà: risparmiamo al supermercato e spendiamo i nostri risparmi in cure sanitarie per porre rimedio, quando è possibile (certe allergie alimentari, infatti, non guariscono più), ai guasti che quegli alimenti producono nel nostro corpo.  

A parte il cancro, le parole “contaminazioni microbiologiche” o “residui chimici” o “metalli pesanti” accostati al nostro fegato non vi fanno preoccupare?

Che rimedio c’è?, mi chiede subito un lettore pronto a pentirsi.

Lo abbiamo a casa nostra, e forse solo a casa nostra, il rimedio.

In Sicilia il rimedio c’è e si chiama “difesa dei prodotti agricoli”. Questa frase è contenuta nel nostro Statuto, lo Statuto speciale della Regione siciliana, all’articolo 14, lett. e).

Questa difesa è una competenza esclusiva, nel senso che compete alla Regione, e solo alla Regione di esercitarla nel modo che ritiene più efficace. Questa “difesa” è una legge costituzionale, il che significa che ha la stessa forza di una qualunque norma della Costituzione, la stessa forza, ad esempio, dell’art. 3: “Tutti i i cittadini sono  uguali”.

C’è qualcuno o qualcosa nel pianeta, tranne noi stessi, che può modificare questa legge? NO. E così nessuno, si chiami Unione Europea, Stato italiano o Produttori & Distributori associati possono impedire alla Regione di farla valere sul proprio territorio.

Quali mezzi ha la Regione per esercitare questo suo diritto alla difesa dei suoi prodotti?

In primo luogo la possibilità di approvare leggi apposite per organizzare il sistema e fissare i livelli di salubrità e sicurezza alimentare validi per la produzione interna e per quella di importazione.

Poi gli operatori. La Regione ha un suo corpo di polizia, il Corpo forestale (non i cosiddetti ”forestali”, che sono operai stagionali). Nessuna nave da carico o altro mezzo di trasporto potrà far sbarcare un solo chicco di grano o un solo pistacchio, né altri prodotti sul nostro territorio se tali prodotti preventivamente non sono sottoposti ad un controllo capillare attraverso gli istituti preposti alla sicurezza alimentare presenti sul territorio. State sicuri che a nessuno verrà più in mente di avvelenarci o intossicarci.

Vi dirò di più, nessuno nemmeno ci penserà ad esportare in Sicilia, perché questi “signori” non sanno coltivare prodotti agricoli senza l’uso di pesticidi e diserbanti assortiti, cosa che invece sappiamo fare benissimo noi. Noi siciliani se vorremo gustare il pistacchio o altre delicatezze ci dovremo “accontentare” di quelli nostri, che, statene certi, senza una concorrenza sleale e criminale, saranno in grado di rifornire i nostri mercati a prezzi ragionevoli.

E poi, credetemi, senza zenzero cinese o indiano si può sopravvivere, con quello zenzero forse no.

Cari agricoltori siciliani, dite questo a quelli che verranno a portarvi, come fossero dei santini, qualche bando di gara di fondi del Piano di Sviluppo Rurale, inutile a voi ma utilissimo a loro.

Foto tratta da laviadscita.net

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