Ars, oggi tocca al ‘controllo del voto a norma di legge’ con la doppia preferenza di genere

9 agosto 2016

Piaccia o no a chi la sponsorizza, ma la doppia preferenza di genere rende il voto riconoscibile e agevola chi fa ‘operazioni’. Vedremo oggi cosa si inventeranno i ‘califfi’ dell’Ars per giustificare una norma che, se approvata, agevolerà la vita a ‘certi’ settori della società siciliana. Per il resto, la legge di riforma elettorale dei Comuni rimane un po’ grottesca, visto che gli stessi Comuni dell’Isola sono sull’orlo del default. In ‘pista’ anche una mini-finanziaria (ma i soldi dove sono?) con un bizzarro mutuo da 19 milioni di Euro per privatizzare le Terme di Sciacca e di Acireale

Come da tradizione, a Sala d’Ercole i più grandi brogli & imbrogli legislativi vanno in scena qualche giorno prima di Ferragosto, nella speranza che l’attenzione sia bassa. Ma forse perché le piogge estive di questi giorni hanno rinfrescato l’aria, forse perché la rete, benché meno frequentata, è comunque presente, sono in tanti ad osservare quello che succede nel Parlamento siciliano. Dove due forze politiche – il PD e l’UDC – si stanno esibendo, ormai da circa una settimana, in un lungo e goffo canto del cigno. Convinti – e forse i dirigenti di questi due partiti non hanno torto – che nei prossimi anni gli elettori siciliani li butteranno fuori dalla Regione, si sono concentrati sui Comuni, nella speranza, che in verità sembra un po’ mal riposta, di continuare almeno a controllare e a condizionare la vita dei sindaci.

E’ in questo scenario che si inserisce una bizzarra e a tratti tragicomica riforma elettorale dei Comuni, che l’Ars, con la regia dei parlamentari del PD e dell’UDC, sta per approvare proprio mentre 350 Comuni dell’Isola, o giù di lì, sono sull’orlo del dissesto economico. Un fallimento, questo non finiremo mai di ripeterlo, provocato dagli scippi finanziari del Governo Renzi, che ha ridotto all’osso le finanze regionali e comunali (le ex Province, benché ‘riformate’ con un altisonante cambio di nome, sono già fallite).

Perché sta succedendo tutto questo? In parte abbiamo provato a rispondere a tale domanda in un articolo pubblicato la scorsa settimane (che potete leggere qui). Ma c’è un’altra motivazione, meno politica e più umana. Nella prossima legislatura all’Ars si passerà da 90 a 70 deputati. Già la riduzione è nei numeri. Ma gli attuali parlamentari di PD e UDC, che da quattro anni appoggiano l’attuale Governo regionale, sono pienamente coscienti del proprio fallimento. Sanno che gli elettori li puniranno. Soprattutto per i danni finanziari che hanno provocato a 5 milioni di Siciliani.

In prospettiva gli rimane ancora un anno di legislatura. Così si comportano come tanti Mazzarò, il protagonista di una celebre novella di Giovanni Verga, il ricco contadino che, vedendo avvicinarsi la sua fine, “andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini”, al grido di “Roba mia, vientene con me!” ( noi la preferiamo in dialetto siciliano: “Roba mia venitinni cu mia!“.

Per i parlamentari del PD e dell’UDC, in questo momento, le anatre e i tacchini sono i Comuni e i sindaci. Non gli basta averli lasciati senza soldi. Non gli basta averli messi nelle condizioni di non potere più erogare alcuni dei servizi essenziali ai cittadini. La meta-riflessione degli attuali parlamentati di PD e UDC in uscita di Sala d’Ercole è la seguente:

“Noi non saremo più né deputati, né sindaci: ma resteremo nei partiti da dove nessuno ci potrà buttare fuori, stante che sono cosa nostra. E con i partiti noi continueremo a controllarvi”.

Da qui la grottesca ‘riforma’ elettorale che il Parlamento siciliano si accinge a varare mentre 350 Comuni, o giù di lì, come già ricordato, stanno fallendo.

Tutti molto ‘intelligenti’ i cambiamenti introdotti. Addirittura ‘epica’ sarebbe stata la norma – ‘purtroppo’ non approvata – che avrebbe provocato la decadenza del sindaco e quindi nuove elezioni nel caso di mancata approvazione del Bilancio da parte del Consiglio comunale.

Notare la ‘lungimiranza’ della norma: la Regione non eroga ai Comuni il Fondo regionale per le Autonomie locali, non li mette nelle condizioni di approvare i Bilanci, ma manda a casa il sindaco e il Consiglio del Comune senza Bilancio! Eccezionale, no? (ancora le norme di contabilità pubblica non prevedono l’approvazione di Bilanci senza soldi: ma con Renzi al Governo tutto è possibile…).

Questa norma – che avrebbe fatto sognare i Carnelutti e i De Marsico per la ‘profondità’ con la quale è stata ‘pensata’ – come già ricordato, non è stata approvata. Ma già il fatto che sia stata presentata e discussa da Sala d’Ercole dà la vera misura dell’acume e dell’intelligenza di certi parlamentari dell’Ars di questa legislatura, con riferimento, soprattutto, al PD e all’UDC. ‘Giganti’ della logica prima che del diritto!

E’ passata, invece, la norma sulla mozione di sfiducia al sindaco. Con la vecchia legge per mandare a casa il primo cittadino ci voleva il voto dei due terzi del Consiglio comunale. Con la nuova legge basterà il 60%. Un modo improprio per introdurre i contrappesi ai poteri del sindaco. Ma ognuno, si sa, dove arriva mette punto. Articolo di legge contestato dai sindaci in carica e, in generale, dall’ANCI Sicilia (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani).

Alle novità di ieri si sommano le novità approvate la scorsa settimana. Tra queste ci si attendeva l’abolizione del ballottaggio partorita e sponsorizzata dalle menti ‘eccelse’ di Forza Italia in coppia con il PD. Poi i piddini se ne sono pentiti e dall’Aula è venuto fuori solo un abbassamento della soglia che ‘riscrive’ l’aritmetica elettorale: per diventare sindaco basterà il 40% dei voti con in più il premio di maggioranza del 60% in Consiglio comunale.

Della serie, si scrive 40, ma si legge 60…

Nel caso in cui due candidati supereranno il 40 per cento, risulterà eletto sindaco il candidato più votato. Nel caso di parità – grazie a un emendamento presentato dai grillini e approvato dall’Aula – risulterà eletto il sindaco più giovane.

Niente da fare, invece, per il terzo mandato. I parlamentari possono essere eletti anche dieci volte. I sindaci solo due volte. Due pesi e due misure.

Con la nuova legge viene reintrodotto il cosiddetto ‘effetto di trascinamento’: il voto espresso in favore di un consigliere comunale viene automaticamente esteso al sindaco a cui è collegata la stessa lista.

Si tratta, in questo caso, di una norma ‘disegnata’ su misura per penalizzare il Movimento 5 Stelle. Questo perché favorisce i partiti che si apparentano, mentre dovrebbe sfavorire che, come i grillini, vanno sempre da soli.

Ma non è detto che le cose vadano così. Questa norma semplifica le operazioni di voto per gli elettori dei quartieri popolari dove la vecchia politica ‘entra’ qualche volta per fare ‘shopping’…

Lei avi a vutari sulu a mia, a ‘ restu ci pinsamu niautri“: questa la formula linguistica che accompagna l’attesa ‘escatologica’ del ‘trascinamento’ nei quartieri popolari delle città siciliane.

La norma, però, potrebbe anche favorire chi nei quartieri popolari va a fare attività sociale e politica e non ‘altro’.

Innalzata da 10 a 15 mila abitanti la soglia per i Comuni ai quali viene applicato il sistema elettorale maggioritario.

La riforma prevede anche che al primo dei non eletti fra i candidati alla carica di sindaco sia riservato un seggio in Consiglio comunale.

Non è stata approvata la norma che avrebbe istituito le circoscrizioni anche nei Comuni con più di 30 mila abitanti.

Si discuteva di nominare un solo revisore dei conti per ogni Comune. Invece nei Comuni medi e grandi i revisori resteranno tre.

Per il resto, solita gestione approssimativa dell’Aula da parte del presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, che, forse innervosito dalle già citate suggestioni ‘verghiane’ – e forse anche dal fallimento preventivo della Città Metropolitana di Messina – non riesce ad essere al di sopra delle parti.

Oggi Sala d’Ercole dovrebbe esaminare alcuni emendamenti a questa legge. Tra questi, quello sul voto di preferenza di genere. Ovvero l’obbligo, per gli elettori che intendono esprimere un secondo voto di preferenza, di votare per una donna. Ufficialmente, si punta a valorizzare la presenza delle donne nei Consigli comunali. Di fatto, c’è chi vede  nella doppia preferenza di genere un modo per mettere sotto controllo il voto. Nel caso ci compravendita di voti – piaccia o no – la doppia preferenza di genere rende il voto riconoscibile.

Su tale argomento questo blog ha pubblicato un articolo (che potete leggere qui).

Entro domani l’Ars dovrà varare una mini-finanziaria. O meglio, una nuova legge di variazioni di Bilancio. Si tratta di un’anomalia, perché una legge di variazioni di bilancio è stata approvata qualche settimana fa. L’ennesima forzatura da parte di una presidenza del Parlamento che non riesce a organizzare i lavori d’Aula in modo razionale.

In questa mini-finanziaria – con molta probabilità – i parlamentari ‘infileranno’ tutto e il contrario di tutto. Insomma, si dovrebbe arrivare alla solita legge omnibus. E i soldi dove sarebbero? Domanda inevitabile, visto che i 500 milioni di Euro promessi da Roma non sono arrivati e non arriveranno.

All’interno di una legge di variazioni di Bilancio anomala segnaliamo un’ulteriore anomalia: un mutuo di quasi 19 milioni di Euro per consentire alla Regione di rientrare nella piena disponibilità dei beni immobili delle Terme di Sciacca e di Acireale. Con l’obiettivo di cedere i due stabilimenti termali ai privati.

La Regione siciliana ha già sul ‘groppone’ oltre 8 miliardi di Euro di mutui. Oltre 2 miliardi di Euro di tali mutui sono stati contratti in questa legislatura per fronteggiare i tagli del Governo Renzi. Per pagare le rate di tali mutui i cittadini siciliani pagano le addizionali IRPEF e IRAP più alte d’Italia.

Dopo di che si prevede un ulteriore mutuo – che non sembra in linea con le previsioni della legge di contabilità dello Stato – per poter vendere ai privati le terme di Sciacca e le Terme di Acireale. Le pubbliche amministrazioni possono indebitarsi per effettuare investimenti, non per vendere i propri beni!

 

 

 

 

 

 

 

 

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