A proposito delle pagliacciate metropolitane di Palermo, Catania e Messina

9 giugno 2016

Ai tempi delle monarchie erano complicati processi dinastici che portavano un semplice conte a diventare re. Ai tempi del colera-Renzi basta l’unzione di un ministro, Del(i)rio, perché un sindaco (quel sindaco!) diventi capo di una Provincia. Che ha solo cambiato nome. Alla faccia della democrazia. E con la ‘benedizione’ degli ascari che governano la Sicilia

E così, alla chetichella, in una luminosa giornata di Giugno, gli archimandriti Leoluca Orlando, Enzo Bianco e Renato Accorinti sono diventati sindaci delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina.

“D’amblé, senza diri cu ccè”, direbbe Pino Caruso, è avvenuta una transustanziazione politico-amministrativa di cui i siciliani non hanno avuto alcuna informazione e che cambia d’imperio, l’imperio statale, il volto politico, istituzionale e territoriale della Sicilia che, ormai in mano a servi sciocchi e interessati di Roma, ha rinunciato, oltre che alle proprie prerogative costituzionali, alla propria dignità.

Le Province che dovrebbero essere scomparse in Sicilia da almeno 60 anni per la loro manifesta inutilità sono tornate gloriosamente dalla finestra per un mix fatale.

Da un lato, i politici siciliani che si permettono di trattare le autonomie locali come Roma si permette di trattare la Regione e che, invece di lasciare i “Liberi Consorzi,” di autodeterminarsi, li hanno vestiti da Province e, dall’altro lato, il diktat statale, cui i nostri ascari, che ormai escono da casa già piegati a 90 gradi per non perdere tempo in ossequi, hanno detto bovinamente di sì.

Ai tempi delle monarchie erano complicati processi dinastici che portavano un semplice conte a diventare re. Ai tempi del colera-Renzi basta l’unzione di un ministro, Del(i)rio, perché un sindaco (quel sindaco!) diventi capo di una Provincia. Che ha solo cambiato nome.

Adesso, con le città metropolitane la vita di noi cittadini cambierà. Così come è cambiata (??) in tutte quelle parti d’Europa in cui sono state introdotte da tempo e che noi abbiamo  cervelloticamente scimmiottato.

L’Italia è l’Italia, non è gli altri Paesi. Se fosse gli altri Paesi non sarebbe l’Italia. Non è un gioco di parole: è un serio argomento di riflessione. Ma questo è tempo di pagliacci e potere.

 

 

 

 

 

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