Precari siciliani: lettera a un precario mascalzone Atto secondo

16 maggio 2016

La nostra prima lettera sul precario mascalzone ha suscitato un bel dibattito. La maggioranza dei lettori si è detta d’accordo con noi. Poi ci sono quelli che hanno alzato i toni. E altri che hanno trovato una giustificazione nel fatto che tutti gli assunti alla Regione sarebbero raccomandati. Non è così. Ma è noto che i mediocri, abbassando il livello degli altri, si sentono rinfrancati. Un modo auto-accomodante per giustificare i propri limiti

“Necesse est ut veniant scandala”, è necessario che avvengano scandali (Matteo, 18,7)

La  nostra lettera sul precario mascalzone (che potete leggere qui) che si diceva pronto a bruciare le macchine ha provocato un putiferio. Siamo soddisfatti  prima di tutto che la maggioranza dei commentatori si è dichiarata d’accordo con quanto abbiamo scritto, mentre una minoranza ha dato vita una seria dei reazione offensive e isteriche.

Due fili rossi reggono tutti i commenti  contrari alla lettera.

Il primo, che nessuno, dico nessuno, ha preso le distanze da quel mascalzone, il che la dice lunga sulla veridicità della sua affermazione: “Noi siamo pronti (a bruciare le macchine)”. Il secondo, che nessuno dei commentatori ha affrontato il merito delle questioni aperte con la lettera.

Tutti si sono detti lavoratori, che pagano le tasse, che pagano le medicine e le utenze. Ci mancherebbe! Mi pare però che far diventare virtù ciò che è dovere è un indizio grave del degrado morale cui siano piano piano giunti in questa Regione.

Altri hanno detto: “Siamo precari, e allora?”

Essere precari non è una condizione esistenziale. Si può esserlo e non esserlo. E’ questione di volontà. E se si può non esserlo, bisogna chiedersi perché si è diventati e si resta precari. Se si è precari e non avvocati, notai, magistrati, dirigenti pubblici, dirigenti d’azienda, medici, ingegneri, matematici, professori e professionisti in genere, un motivo ci sarà e ognuno dovrebbe rifletterci con cuore puro e in buona fede. Solo allora capirebbe che non è colpa di un destino cinico e baro, ma è colpa di se stessi.

Poi c’è un’altra questione. Mascia Maslova è un personaggio di Resurrezione, il grande romanzo di Tolstoy. La Maslova, per una serie di circostanze sfortunate, è vittima della sua debolezza, così finisce con il fare la prostituta. Tolstoy interroga i suoi lettori: pensate che tutte le donne che   finiscono così passino ogni giorno della loro vita a disperarsi per la propria condizione, di cui avvertono l’orrore? No, risponde lo scrittore. Ognuno trova una giustificazione per quello che fa e per quello che è, e si consola. E’ un kit di sopravvivenza.

Vi faccio un esempio. Molti di voi hanno sostenuto che alla Regione chi ha superato un concorso pubblico era al 100% raccomandato.

E’ un giochetto psicologico quasi infantile.

Abbassando il livello degli altri, noi ci sentiamo meglio, e giustifichiamo tutto quello che facciamo, la nostra posizione, i nostri errori, i nostri limiti e tutto quello che ci ha condotto a essere quello che siamo.

Ma non è difficile controbattere, nel caso. Che qualcuno o tutti siano entrati nei concorsi per raccomandazione è tutto da dimostrare. Che i precari, tutti, siano stati assunti per raccomandazione è un fatto. A questo riguardo vi sottopongo a un giochetto. Se qualcuno vi confermasse di essere stato raccomandato, e da chi, in un concorso alla Regione, voi fareste il nome degli onorevoli mascalzoni che vi hanno favorito?

Un’ultima cosa, noi non abbiamo scritto che i precari sono tutti mascalzoni, abbiamo scritto che uno di voi è un mascalzone, e lo confermiamo.

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