Palermo: passate o, peggio, vivete all’Addaura? Se un masso vi ucciderà sono fatti vostri. Parole del Comune…

5 aprile 2016

Certo che a Palermo se ne sentono e se ne leggono di cose strane. Come l’avviso posizionato oggi all’Addaura, la via che collega i popolari quartieri dell’Arenella e dell’Acquasanta con Mondello. Il Comune fa sapere che i massi in caduta libera da monte Pellegrino possono distruggere le abitazioni e ammazzare le persone. Sarebbe solo questa la “Protezione Civile” dell’Amministrazione comunale? Sembra proprio di sì…

Scrive Renato Renato Campisi su facebook:

“Ecco, finalmente ho capito cosa vuole dire il sindaco quando parla di città eccitante e sicura. Questa mattina in zona Addaura sono apparsi questi avvisi. Si mette in guardia la popolazione avvertendola che, a causa della caduta massi, si può anche morire. Bene, al posto di mettere in sicurezza la zona (se ne parla da un decennio), i cittadini sono invitati a camminare con gli occhi rivolti verso l’alto. Eccitante. Se dovesse cadere un masso di trecento chili dovranno fermarlo con le mani. Quelle di Ponzio Pilato”.

In effetti, quanto scritto in questo manifesto dell’Ufficio Protezione Civile e Sicurezza del Comune di Palermo è un incredibile:

“Avviso ai cittadini

A causa del contino rilascio di massi, anche di notevoli dimensioni, provenienti dalle pendici di monte Pellegrino, quest’area è stata individuata come zona ad alto rischio la Piano per l’assetto idrogeologico. E’ pertanto possibile la perdita di vite umane e gravi danni agli edifici e alle infrastrutture. DPRS n. 91 del 27/3/ 2007″.

Quindi il finale: “Transitare con prudenza”.

Per la cronaca, dalle parti dell’Addaura – strada che collega i popolari quartieri dell’Acquasanta e dell’Arenella con Mondello – transitano e vivono migliaia di persone. La strada dell’Addaura, se la memoria non ci inganna, doveva essere una Regia trazzera che, negli anni del ‘Sacco’ edilizio di Palermo ha subito una ‘cementificazione’ quasi integrale. Le abitazioni si susseguono in ambo i lati della strada: a sinistra, proprio sotto la montagna di monte Pellegrino, arrivando dall’Acquasanta; e a destra, proprio a due passi dal mare (arrivando sempre dal quartiere dell’Acquasanta).

Avvisare la gente – cioè chi si trova a passare dalla strada e, soprattutto, chi abita nelle case costruite a ridosso della montagna – che i massi in caduta libera potrebbero travolgere case e persone non sembra, come dire?, molto risolutivo.

Campisi cita, non a torto, Ponzio Pilato, passato alla storia per una celebre lavata di mani. E le mani si sta lavando l’amministrazione comunale di Palermo che avverte i cittadini: “Signori, passando dall’Addaura o, peggio, abitandoci, rischiate di lasciarci le penne. Noi vi abbiamo avvertito”. Come Protezione civile non c’è male…

Che dire? Forse i palermitani che passano dall’Addaura – o che vivono nelle abitazioni sotto la montagna – si consoleranno pensando a una massima di Seneca:

“Non temiamo la morte, ma il pensiero della morte”.

Insomma, popolo dell’Addaura, basta non pensarci.

Se poi volete optare per il fatalismo si può rispolverare Girolamo Savonarola: “Ricordati che devi morire!”.

A Sciacca – quando chi scrive era bambino – in una situazione per certi versi simile, l’avvertimento era più centrato. Succedeva pochi minuti prima del via de La cursa cu ‘i schecchi (La cosa con gli asini). Beccarsi un calcio da un asino non era proprio piacevole. I vecchi raccontavano di gente che aveva perso la vita.

Così il banditore – che a Sciacca si chiamava abbanniatore (da abbanniare) – pochi minuti prima della corsa percorreva la strada dove gli asini di lì a poco avrebbero misurato le proprie capacità spazio-temporali e, rullando sul tamburo, gridava (abbanniava, in sciacchitano stretto):

“‘A cursa è abbanniata, cu mori e a cuntu soi. E ‘u sinnacu si la senti scutulari“.

Traduzione: “La corsa degli asini sta per partire, state attenti perché se un asino vi colpirà saranno solo cavoli vostri, perché il sindaco vi ha avvertiti e non si sente responsabile”.

Ecco, nell’avviso dei “massi in caduta libera” dell’Addaura forse l’ultima parte, da “E ‘u sinnacu…” in poi…

 

 

 

 

 

 

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