Ecco perché l’Italia non ‘regala’ la Sicilia agli USA

18 febbraio 2016

Un interessante articolo pubblicato da un giornale online catanese pone quesiti e questioni che meritano una riflessione. Anche se le conclusioni a cui giunge non  convincono del tutto. Il dibattito è aperto…

Navigando qua e là, abbiamo letto un articolo interessante oggi. A pubblicarlo è il giornale online cataniaoggi.it  ed il titolo è: Perché l’Italia non cede totalmente la Sicilia agli USA?

Chiaramente si tratta di una provocazione. L’autore (Salvo Barbagallo) fa una considerazione che possiamo riassumere così: visto che gli Stati Uniti d’America fanno praticamente quello che vogliono sull’Isola– e chiaramente il riferimento è alle basi militari- perché non se la prendono del tutto?

Le risposte fornite meritano una riflessione. Secondo il collega, il motivo è semplice: non gli conviene. Fanno già quello che vogliono tramite il Governo italiano che garantisce carta bianca, non hanno bisogno di assumersi responsabilità dirette:

“Una situazione paradossale, per quanti vedono nell’invadente e crescente presenza militare statunitense, un pericolo e non un beneficio. E ciò in quanto di questa presenza stabile USA in Sicilia (a quel che risulta) i Siciliani non ne hanno mai tratto alcun vantaggio” si legge nell’articolo.

Non possiamo che essere d’accordo con queste considerazioni e anche con quella secondo cui “la situazione attuale all’Italia porta solo benefici”. Nell’articolo si parla però di benefici difficili da individuare, ma cosi non è. L’Italia si tiene stretta la Sicilia per potere usufruire delle nostre risorse oltre che del nostro territorio. Cosa che fa da più di 60 anni.

Non siamo del tutto convinti dalle conclusioni cui si arriva nell’articolo. Secondo l’autore, infatti, farebbe parte della strategia americana il risveglio del sentimento indipendentista: “L’indipendenza della Sicilia è uno spauracchio che viene fatto aleggiare ogni qual volta gli USA notano che possa essere messa in dubbio (o in difficoltà) la loro presenza nell’isola. Accadde negli Anni Ottanta quanto si “risvegliò” all’improvviso (almeno apparentemente) il “sentimento indipendentista siciliano” su spinta dell’allora leader libico Muammar Gheddafi: immediatamente sorsero gruppuscoli indipendentisti di chiara intonazione filoamericana. Poi, le spinte si esaurirono”.

Ebbene, innanzitutto è bene precisare che, tra gli indipendentisti siciliani ci saranno pure i filo americani, ma non mancano i filo sovietici. E questo potrebbe farci pensare che se gli americani agitano lo spauracchio dell’indipendenza favorendo la nascita di gruppi a loro vicini, allora lo stesso stanno facendo i sovietici.

Ma,se guardiamo alla storia entrambe le tesi crollano: né gli Usa, né l’allora Unione sovietica all’indomani della seconda guerra mondiale hanno fatto nulla per favorire l’indipendenza della Sicilia. Ricordiamo che dal 1943 al 1948, la maggioranza dei siciliani era separatista. E se è vero che all’inizio gli americani, sbarcati in Sicilia nell’estate del 1943, mostrarono simpatia per la causa, è ancor più vero che poi, quando il sistema dei partiti, con in testa la Dc, garantì agli USA “ordine e disciplina”, fecero di tutto per sedare il fermento indipendentista. Così fecero le altre potenze.

Oggi poi gli Usa avrebbero pure un motivo in meno (se mai ce ne fossero stati di concreti) per favorire l’indipendenza della Sicilia: la protesta contro il Muos di Niscemi (che al presidente onorario della corte dei conti siciliana, Antonio Sancetta ha fatto venire in mente i Vespri siciliani) gli ha fatto capire che i Siciliani hanno una loro testa. Ed è anche dura quando serve.

Certo, l’esortazione all’indipendenza della Sicilia del politologo americano Edward Luttwak – citato nell’articolo- ha fatto riflettere anche noi. Ma, al di là del fatto che si tratta di un personaggio assai sui generis, il suo appello ha potuto affascinare i filoamericani, categoria che non comprende tutti gli indipendentisti siciliani.

Al contrario, negli ultimi tempi assistiamo al fiorire di gruppi indipendentisti nati dalla società civile – professionisti, studenti, disoccupati- che nulla hanno a che fare con i movimenti tradizionali, più o meno attivi e più o meno liberi. Sono siciliani che hanno capito che la Sicilia legata all’Italia (e ai suoi alleati) è condannata a morte, sotto tutti i punti di vista.

Ci sembra dunque riduttivo ridurre gli indipendentisti a delle appendici americane. Non è così. Per fortuna sempre più gente si sta svegliando e sempre più gente sa fare i conti e sa capire che per l’Italia e per l’America siamo solo una colonia da spremere. Possiamo parlare di un indipendentismo che sta nascendo dal basso.

I problemi degli indipendentisti siciliani sono altri, e i filo americani e i filo sovietici sono tra questi. Per non parlare di quelli che pensano di avere ‘la verità rivelata’ in tasca e che si limitano a criticare, ad insultare e a spaventare le personalità più moderate con prese di posizioni assurde.

Ma se questi sono i problemi è anche vero che sempre più gente si avvicina alla causa indipendentista realisticamente e senza ideologie assurde. Questa nuova linfa spazzerà via gli inutili radicalismi degli inconcludenti che ammorbano il mondo indipendentista siciliano. 

Certo, ha ragione Barbagallo quando dice che “l’ultimo sognatore rivoluzionario indipendentista, Antonio Canepa, venne eliminato nel lontano 1945, e oggi non c’è nessuno disposto a sacrificarsi per interessi altrui”.

E’ vero, non c’è un nuovo Antonio Canepa- che però non era un sognatore, come dimostra il suo pragmatico manifesto La Sicilia ai Siciliani – ma chissà, magari tra un giorno…

La parola a voi, il dibattito è aperto.

 

 

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