Il problema è l’Europa o chi ci rappresenta?

16 gennaio 2016

La difficoltà di andare avanti nel processo unitario postula necessariamente come risultato il ritorno al passato? Ma lo sanno i nostri governanti giovani e freschi, senza memoria e senza letture, che cos’è stato il passato?

Ha aperto le danze Giuliano Amato, che in un’intervista ha affermato candidamente che il nostro ingresso nell’euro è stato il frutto di una mistificazione, che creare una moneta unica senza uno stato unico è follia, e altre perle di saggezza.
Ma lui, quando si è consumato questo misfatto, dov’era? In letargo, in Borneo, nella foresta pluviale, in viaggio in lande desolate o fu magna pars di quella follia? Ricordate sue dichiarazioni di ieri uguali alle sue confessioni di oggi? Io no e allora delle dell’una: o era scemo allora o è scemo adesso.
Che ci viene a raccontare? E’ impazzito? No, il doctor subtilis ha in mente qualcosa. Forse ha nostalgia dell’Italia al tempo della lira, con l’inflazione al 20 %, con i tassi bancari del 25%; forse rimpiange il tempo delle svalutazioni a tradimento, delle rapine sui conti correnti degli italiani e vorrebbe tornare a quel periodo beato che lo vide protagonista di ruberie e vessazioni fiscal tributarie.
Troppo poco per una mente raffinata come la sua. E allora? Forse ne capiamo di più se spostiamo la nostra attenzione sullo “scontro”(forse, considerata la statura di uno dei duellati, sarebbe più appropriato parlare di scontrino) tra Junker e Renzi a proposito della flessibilità. I due rivendicano a sé il merito di avere consentito all’Italia di certificare attraverso lo sforamento del limite del rapporto del tra PIL e indebitamento l’incapacità del governo italiano di fare le vere riforme, di fare una reale revisione della spesa, di diventare insomma una nazione virtuosa. L’aver chiesto e lottato per ottenere la deroga non ha avuto dignità e l’averla concessa è stato un segno di debolezza che, come per i figli viziati, autorizza altre richieste.
Su questo scontro tragico e titanico si innestano le farsesche dichiarazioni di alcuni nostri politici e governanti PDisti.
“Primo venne il corvo” dice la poesia. Padoan, ministro dell’economia del governo italiano, di un paese aderente all’Unione europea dice che i rapporti con la Ue sono cordiali. Dunque, facciamo o non facciamo parte dell’UE? Forse ne siamo fuori ma per fortuna abbiamo rapporti cordiali. Ma nessuno al ministero degli esteri gli può dedicare qualche ora di lezione di diritto internazionale? E che, siamo tra vicini di casa o in un condominio?
La Mogherini, commissario UE per la politica estera, una delle belle di Renzi, per difendere “l’omo suo” non si perita di insultare dal suo scranno il suo diretto superiore con la lapidaria dichiarazione che è stupido creare divisioni ( si riferiva allo scontro tra Junker e Renzi) e quindi, escluso che lo stupido possa essere Renzi, “ per la contraddizion che nol consente”, lo stupido è Junker. Anche qui, alla faccia della diplomazia!
E allora, che cosa bolle in pentola? Cerchiamo come diceva Kipling, di mantenere il coraggio e il senno quando tutti gli altri lo perderanno. Che facciamo, sbaracchiamo? La difficoltà di andare avanti nel processo unitario postula necessariamente come risultato il ritorno al passato? Ma lo sanno i nostri governanti giovani e freschi, senza memoria e senza letture, che cos’è stato il passato?
Farò nel mio piccolo un tentativo per ricordarlo.
L’estate scorsa ho fatto un breve viaggio, una settimana in Alsazia, Foresta nera e Svizzera. L’Alsazia e la Lorena!! Quanti ricordi dai libri di storia! Una terra di confine contesa tra due nazioni nemiche assetate di “grandeur” e “Lebensraum”,  grandezza e spazio vitale. Una regione tormentata, passata di mano tante volte tra l’uno e l’altro dei contendenti.
Da Strasburgo, in Francia, a Friburgo, in Germania, dove un tempo non tanto lontano si uccideva e si moriva, oggi, senza soluzione di continuità si entra e si esce dai due stati quasi senza accorgersene, se non fosse per i cartelli che ti dicono dove sei con lingue diverse. Il resto è terra senza confini, senza dogane, senza sbarre, senza presidi né poliziotti; da un pezzo di Europa ad un’altra parte di Europa.
Debbo confessare che un po’ mi sono commosso. Questo è quello che siamo riusciti a fare, dopo un orrore che pareva non dovesse finire, in appena settanta anni, la vita di un uomo, ma appena un fiato, un sospiro, nel tempo e nella storia.

Qualcuno vorrebbe porvi fine? A qualcuno non sta bene? Se ne faccia una ragione! Qualcuno nega che questo sia un valore per il quale battersi? Ma questo qualcuno è sicuro che i rapporti tra gli stati e le persone in Europa, senza l’Unione commerciale e monetaria sarebbero gli stessi? Imbecilli!! Nessuno di loro ha imparato che le guerre hanno un fondo causale di natura economica? E’ così difficile capire che l’avere creato il mercato comune e l’aver eliminato la concorrenza è stata un’intuizione geniale che ha posto fine ai conflitti in Europa? E c’è in giro in politica qualche bestia che assecondando qualche idiota di commerciante o di agricoltore che è convinto di potersi arricchire tornando al protezionismo spara cavolate in libertà.
Ricordiamo che l’Europa siamo anche noi, che le istituzioni non sono né contro né a favore di alcuno. Solo gli uomini fanno la differenza. Il nostri politici nazionali, e ancora di più i meridionali e di più i siciliani devono prendersela con se stessi perché mandiamo in Europa a difendere e tutelare i nostri interessi, a difendere la nostra particolarità e le nostre peculiarità produttive, a lottare contro la nostra marginalità geografica tromboni a fine corsa, oscar alla carriera, ignoranti e incapaci. Facciamo la guerra con le fionde, mentre gli altri usano i cannoni. Noi mandiamo quelli che “si sanno fare a capire a gesti”, che si autoescludono da ogni attività lobbistica, non potendo sedere e discutere ai tavoli dove si tratta, si negozia e si costruiscono alleanze. Andatevi a legge i nomi dei nostri eletti al Parlamento europeo dalla sua costituzione ad oggi. Salvo rare eccezioni, squallidi personaggi, da premiare con una sinecura, incapaci e inadatti a svolgere il ruolo che il posto impone.
Concludo con un aneddoto tratto dalla mia esperienza personale.
La deputazione siciliana al Parlamento europeo una volta si era riunita a Bruxelles, in un bistro nella Grand Place, sotto un tendone. Ad un tratto si sente un rumore strano, continuo, ritmico. Ci misero un bel po’, loro, gente del solare sud, dove il sole splende tutti i giorni dell’anno a capire che stava a cominciando a piovere.

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