Perché la Sicilia deve celebrare Giovanni Meli a 200 anni dalla sua morte

13 novembre 2015

Ricordare oggi l’Abate Meli significa, in primo luogo, difendere le nostre radici culturali da un ‘ascarismo’ che rischia di annientare non soltanto l’Autonomia siciliana, ma anche la nostra cultura. L’appello del professor Gaetano Cipolla da New York. E la speranza nei giovani siciliani

di Giuseppe Scianò

La ricorrenza del 200° anniversario della morte di Giovanni Meli deve diventare un’occasione per la salvaguardia della lingua siciliana e per il recupero della nostra indennità storica. E non solo. Sono state troppo poche (e forse anche INADEGUATE ) le iniziative dedicate, fino a questo momento, alla celebrazione della ricorrenza del 200° anniversario della morte del grande poeta siciliano GIOVANNI MELI, avvenuta a Palermo il 20 DICEMBRE del 1815

Si prospetta, quindi, il pericolo che possa cadere nel vuoto l’accorato e significativo “appello”che, da diversi mesi, è stato lanciato (dagli USA) dal Professor Gaetano CIPOLLA, “docente emerito” dell’Università SAINT JOHN di NEW YORK e Presidente dell’Associazione Culturale ARBA SICULA affinché le istituzioni culturali operanti in Sicilia dessero all’anniversario la rilevanza che merita. E si cogliesse l’occasione per conoscere meglio il “personaggio”, GIOVANNI MELI, nato a Palermo nel 1740. L’appello di Gaetano CIPOLLA è rivolto ovviamente anche al “mondo politico” siciliano, che purtroppo è in tutt’altre faccende affaccendato. E che ormai ha preso l’abitudine di lasciare la “QUESTIONE SICILIANA” fuori dalla porta, in ogni suo aspetto.

Peccato! Sarebbe stata (… l’anno 2015 è ormai quasi alla fine) un’occasione, questa, per rivisitare e per far conoscere meglio, in Europa e soprattutto in Sicilia, quello che era stato il Regno di Sicilia sia nel Settecento, sin agli inizi dell’Ottocento, con i suoi “PRIMATI” politici, culturali, economici, scientifici e militari. Un periodo – ci preme sottolinearlo – nel quale la Sicilia fu protagonista di primo piano. E non semplice spettatrice, cosi come non pochi esponenti della cultura ufficiale vorrebbero oggi farci credere. La Sicilia fu “soggetto” attivo della propria storia e non “oggetto” passivo, della storia altrui.

L’Abate Meli fu anche scienziato, medico, letterato, linguista ed attento osservatore e “critico” della “politica” della sua epoca. Fu soprattutto un grande POETA, che usò la LINGUA SICILIANA con orgoglio e con competenza insuperabili e che intuì, per tempo, anche il pericolo di arretramento, se non di scomparsa, che questa correva. E altresì importante il fatto che alcune sue liriche siano state tradotte in tedesco da WOLFANGO GOETHE ed italiano da UGO FOSCOLO. Traduzioni ne furono fatte anche in LATINO, in GRECO, in INGLESE ed in FRANCESE.

A proposito dell’importanza del nostro “VATE”, dobbiamo evidenziare che, tanto nell’OTTOCENTO, quanto nella prima metà de NOVECENTO, in Sicilia, ed in modo particolare a Palermo, pregevoli monumenti e lapidi gli hanno reso onore. Ed hanno dimostrato che il Popolo Siciliano, ad ogni livello, aveva compreso e condiviso l’esempio ed il messaggio del MELI che ostinatamente aveva sempre usato la LINGUA SICILIANA, rivalutandone la funzione di DIFESA della DIGNITA’, nonché della specifica IDENTITA’ CULTURALE e NAZIONALE del Popolo Siciliano. Valori, questi, ieri come oggi messi in serio pericolo dai “militanti” dell’ANTISICILIA, e dell’ ASCARISMO politico e culturale.

Una importantissima ulteriore ragione, però, quest’ultima, per non fare passare INOSSERVATA la ricorrenza del 200° anniversario della morte di Giovanni MELI, grande POETA e grande SICILIANO (lo ripetiamo).

Un’ultima precisazione: se dovessero cadere nel vuoto, come temiamo, le raccomandazioni del Professor CIPOLLA o questa nostra modesta ma “decisa” e sincera presa di posizione, non significherebbe che abbiamo perso la BATTAGLIA per il recupero della memoria storica, per la difesa ed il rilancio della Cultura Siciliana e della LINGUA SICILIANA. La nostra lotta contro l’ASCARISMO CULTURALE continuerà con maggiore impegno. Esistono infatti forti prese di COSCIENZA e tante valide testimonianze di “resistenza siciliana e sicilianista” alle trame ed alle manovre di militanti dell’ANTISICILIA e dell’ASCARISMO ORGANIZZATO.

Un esempio, minimo apparentemente, ma significativo, è il fatto che la lingua siciliana sia ancora molto usata all’interno delle famiglie e non solo. Anche a livello popolare, sopravvive l’abitudine di citare e talvolta di recitare strofe ed intere poesie del MELI. In Siciliano si ripetono, il più delle volte, anche i proverbi non siciliani in origine.

Ma c’è di più (e di più recente). I giovani siciliani, infatti, sempre più di frequente, rivendicano il “piacere” di esprimersi pubblicamente in LINGUA SICILIANA sia in campo musicale ed artistico, sia nella vita di ogni giorno. Non è poco.

Anzi: è un “fatto” che ci autorizza a ritenere che le nuove generazioni siciliane, con il recupero della LINGUA SICILIANA, vogliano anche intraprendere in modo originale il CAMMINO per la RINASCITA e la RISCOSSA del Popolo Siciliano, della Nazione Siciliana.

ANDUTU!

 

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