Dopo governo e Ars anche la Corte dei Conti per la Sicilia allineata & coperta con Roma

12 novembre 2015

Ieri audizione dei vertici della Corte dei Conti per la Sicilia presso la Commissione Bilancio dell’Ars. Ci si sarebbe aspettati una relazione scoppiettante, alla luce degli scippi operati da Roma ai danni delle ‘casse’ regionali. Invece dai giudici contabili è arrivato solo una ‘lezione’ sul decreto 118 del 2011. Insomma: nessuno difende l’Autonomia dal governo Renzi che vuole sbaraccare gli articolo 36,37 e 38 dello Statuto

Se proprio dobbiamo essere sinceri, non abbiamo capito il motivo per il quale, ieri, i vertici della Corte dei Conti per la Sicilia si sono recati a Palazzo Reale, sede del Parlamento siciliano. Per quello che ci risulta, sono stati gli stessi magistrati contabili a chiedere di essere ‘auditi’ dalla Commissione Bilancio e Finanze dell’Assemblea regionale siciliana. Pensavamo – a quanto pare sbagliando – che almeno questa istituzione avrebbe stigmatizzato gli scippi finanziari che Roma ha operato e continua ad operare ai danni di 5 milioni di siciliani. Invece dobbiamo prendere atto che, dopo il governo regionale e l’Ars, anche la Corte dei Conti per la Sicilia è ‘allineata & coperta’ con gli equilibri romani.

Alla fine, la visita dei magistrati contabili al Parlamento dell’Isola a cos’è servita? A dare modo ai giudici di illustrare decreto n. 118 del 2011? A ricordarci che a Roma – ma quanto sono bravi! – ormai fanno il Bilancio dello Stato a partire dai soldi che rimangono dopo la ‘tosatura’ delle ‘casse’ italiche ad opera dell’Euro-massoneria finto europeista? A ribadirci l’importanza dei “Programmi” e delle “Missioni”?

E’ vero, in Sicilia, per fare il Bilancio si parte ancora dalla spesa storica a legislazione vigente: da una parte le entrate (massacrate da Roma) e dall’altra parte quello che non si può fare più, che eufemisticamente viene chiamato “disavanzo”. E invece cosa dovrebbe fare quello che resta – in verità molto poco – della politica siciliana? Scrivere che i precari che la stessa politica siciliana ha creato d’accordo con Roma debbono essere licenziati (non dimentichiamo che tantissimi precari della Sicilia, ‘stabilizzati’ e non, li ha creati lo Stato per poi ‘sbolognarli’ alla Regione: a cominciare dagli Lsu di fine anni ’90)? Dovrebbe essere questa una delle “Missioni”?

Anche sui numeri ci si sarebbe aspettati maggiore chiarezza di prospettive. I giudici della Corte dei Conti, citando i ‘numeri’ del DPEF presentato dal’assessore Alessandro Baccei, scrivono che il disavanzo della Regione, nel 2016, si attesta intorno al miliardo e mezzo di Euro. A noi il ‘buco’ risultava attestarsi intorno al miliardo e 700 milioni di Euro. Ma è arrivato uno ‘sconto’ di 200 milioni di Euro. Meglio così. E poi? Ci sarebbe anche da tenere conto che, per il 2016, il governo Renzi tratterrà dai conti della Regione un miliardo e 400 milioni di Euro. Si tratta dell’obolo imposto alle Regioni non per ‘risanare’ i conti dello Stato, come cercano di farci credere, ma per pagare le ‘rate’ degli interessi del debito pubblico del nostro Paese, calcolato da quei ‘banditi’ dei tedeschi: debito pubblico italiano che aumenta di anno in anno nonostante i sacrifici e le tasse pagate degli italiani: tasse che il governo Renzi non ha ancora abbassato.

Ebbene, se mettiamo assieme il miliardo e mezzo di disavanzo, più il miliardo e 400 milioni di Euro che il governo nazionale ha già scippato alla Sicilia (a questa ‘bisogna’ provvede l’Agenzia delle Entrate, a tipo self service) arriviamo a un ‘buco’ di 2 miliardi e 900 milioni di Euro sui conti regionali 2016. Se poi prendiamo per buono quanto affermato la scorsa settimana in Aula dal parlamentare regionale di Forza Italia, Marco Falcone – un deputato che conosce molto bene tale argomento – lo Stato, il prossimo anno, scipperebbe alla Regione 300 milioni di Euro in  più del previsto: in questo caso il ‘buco’ sarebbe di 3 miliardi e 200 milioni di Euro e non di un miliardo e mezzo, come scrivono i giudici contabili.

Non stiamo dando i numeri, così come non li dà l’onorevole Falcone: ci atteniamo a quanto letto sui giornali dopo la presentazione del disegno di legge di stabilità da parte del governo Renzi. Se non ricordiamo male, i presidenti delle Regioni hanno detto che, con i tagli previsti dal disegno di legge di stabilità nazionale, le stesse Regioni non saranno più nelle condizioni di erogare alcuni servizi di primaria importanza, a partire dalla sanità. O abbiamo letto male?

Non ci convince anche l’appello della Corte dei Conti per il rafforzamento degli uffici dell’Ars che si occupano del Bilancio. Gli uffici del Parlamento siciliano funzionano: semmai a dare i numeri sono gli uffici dell’assessorato all’Economia, che hanno ‘addomesticato’ le ‘carte’ a proposito della cancellazione di 5,3 miliardi di crediti vantati dalla Regione (anche se una relazione ufficiale, che dice la verità su questi 5,3 miliardi di Euro, c’è: gli uffici dell’assessorato hanno fornito tale documento ai giudici contabili?).

A proposito di crediti cancellati, ricordiamo che, nella scorsa Primavera, i magistrati contabili hanno parlato di rapporti non sempre leali tra Stato e Regione. Dove la slealtà non sembrava essere solo siciliana. Ci saremmo aspettati qualche segnale su questo fronte. Anche perché, se non abbiamo letto male, il decreto 118 dice che vanno cancellati i residui attivi dei quali è stata accertata l’inesigibilità. Ora: siamo sicuri che tutti i 5,3 miliardi di Euro cancellati dal Bilancio 2015 erano inesigibili? Evidentemente questo tema non è stato trovato interessante. Peccato.

Ma stiamo divagando. Il tema – prima della digressione sui residui attivi che, a nostro modesto avviso, tanto residui attivi non erano – erano gli uffici dell’Ars. Che, come già ricordato, a detta dei giudici contabili andrebbero rafforzati. Nutriamo un presocratico dubbio che, in quanto tale, speriamo non offenda nessuno: non è che ai giudici contabili, magari, non vanno tanto a genio i nuovi vertici burocratici di Palazzo Reale? Forse erano migliori gli uffici del Parlamento siciliano dei tempi dell’ex segretario generale, Giovanni Tomasello, e dei suoi ‘contabili’ che quando governava il centrodestra dicevano una cosa e quando governava il centrosinistra dicevano l’esatto opposto? Nostalgie neo-sofistiche-contabili? E in ogni caso, come organizzare i lavori parlamentari non dovrebbe essere incombenza dello stesso Parlamento?

Insomma, una relazione deludente su tutta la linea, quella della Corte dei Conti per la Sicilia. 

Che dire di tutta questa storia? Che emergono due dati politici. Il primo l’abbiamo già segnalato all’inizio: a difendere l’Autonomia siciliana dall’aggressione di Renzi e dei poteri forti che stanno dietro questo personaggio non c’è né l’amebico Parlamento siciliano, né un governo regionale ‘ascaro’, né la Corte dei Conti per la Sicilia.

Il secondo dato politico è legato all’informazione. Sono sotto gli occhi di tutti gli attacchi mediatici che, da almeno due anni, colpiscono le istituzioni autonomistiche siciliane (l’ultimo attacco, qualche giorno fa, è arrivato direttamente dal servizio pubblico della Rai). In certi momenti il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha difeso l’Autonomia: e questo gli va riconosciuto. Ma rispetto ai temi finanziari Ardizzone ha taciuto, al pari di tutti gli altri.

Tutto questo succede mentre Roma ha deciso di smontare tre articoli dello Statuto autonomistico siciliano: il 36, il 37 e il 38. Perché il governo Renzi e i poteri forti che lo sostengono vogliono sbaraccare l’impianto finanziario dello Statuto siciliano? Forse  perché la Corte Costituzionale ha dimostrato a chiare lettere di essere indipendente dal potere politico e indifferente ai dettami massonico-finanziari dell’Unione Europea.

Sotto questo profilo, la sentenza dello scorso anno, favorevole alla Sicilia, in materia di territorializzazione delle imposte, costituisce un pericolo per uno Stato italiano ormai ‘risucchiato’ dalle banche e dalla finanza finto-europeista. Vero è che – a proposito di tale sentenza – a ‘risolvere’ il problema, a Roma, ha pensato il presidente Rosario Crocetta, firmando con Renzi un “patto scellerato” che ha regalato a Roma oltre 5 miliardi di Euro (la definizione di “patto scellerato” è dell’ex assessore regionale al Bilancio, Franco Piro, esponente storico della sinistra siciliana, che ormai non ci risponde più al telefono, forse perché, da esponente del PD, non sa più cosa dire per difendere il suo partito di ‘ascari’ che è ormai indifendibile). Ma c’è sempre il ‘pericolo’ che qualche futuro presidente della Regione siciliana possa non essere ‘ascaro’: così Roma ha deciso di eliminare il problema alle radici, sbaraccando i citati articoli dello Statuto.

Qui il testo dell’audizione (in .pdf)

 

 

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