La moglie di Cesare

26 ottobre 2015

Ogni persona che abbia a cuore le sorti della giustizia in Italia non deve restare insensibile al grido di dolore dell’Associazione magistrati. Ma, nello stesso tempo, anche i magistrati devono fare la loro parte per allontanare ogni sospetto. Ad esempio, tenersi lontano dalla politica e dall’amministrazione pubblica


“Non ci faremo intimidire”
Ogni persona che abbia a cuore le sorti della giustizia in Italia non deve restare insensibile al grido di dolore dell’Associazione magistrati,e deve combattere la propria personale battaglia contro chiunque tenti operazioni che mirino a quel risultato.
Ognuno deve fare la sua parte se crede, come ci credo io, che la giustizia sia il fondamento del vivere civile. E questo pur essendo consapevole che i magistrati, perché esseri umani, sono soggetti a sbagliare e che tutto l’apparato costruito intorno alla giustizia non fa che incarnare il nostro desiderio di giustizia più che la giustizia in atto.
E lo sa bene chi come me nella sua vita di lavoro è stato giudicato in due modi opposti per due identiche fattispecie.
Anche i magistrati, soprattutto i magistrati, devono fare la propria, essendo parte in causa. Per loro vale fortissimamente il detto che la moglie di Cesare non deve dare adito a sospetti.
Perché il sospetto, essendo l’arma dei meschini, ed essendo la meschinità merce assai diffusa, può arrecare gravi danni alla giustizia.
Bisogna evitare assolutamente che i magistrati, come il Podestà di manzoniana memoria, siedano alla tavola di don Rodrigo.
Alla tavola di Don Rodrigo non ci sono né Renzo né fra Cristoforo, ma quegli stessi ai quali ,per dirla con le parole di Manzoni “ sarebbe toccato, in teoria a far giustizia a Renzo Tramaglino e fare stare a dovere Don Rodrigo”.
Contro il sospetto credo che il primo presidio sia la rigorosa interdizione ai magistrati di candidarsi a qualsiasi elezione, anche se in pensione.
La candidatura di un magistrato o di un ex magistrato accende un riflettore, induce a rivedere tutto il percorso di lavoro del candidato, talune decisioni possono essere rilette come una chiave interpretativa di un percorso e non l’esercizio di un dovere. Il sospetto,appunto.
I magistrati devono sapere che una loro candidatura politica può inquinare il loro passato . E poi? Perché un magistrato dovrebbe candidarsi? La risposta è molto difficile. Mentre è più facile e più comprensibile per la sensibilità della gente l’affermazione che non si deve candidare.
Secondo presidio
Nessun magistrato deve prestare servizio a nessun titolo nell’amministrazione pubblica. Né nei ministeri né negli uffici.
Un magistrato che ricopra la carica di capo di gabinetto di un ministro, cioè di capo di un ufficio di collaborazione politica è un contro senso. Sia che sia u carica operativa perché inevitabilmente diventa di parte, sia che sia di mera rappresentanza, il che è peggio.
Molti magistrati poi diventano capi degli uffici legislativi e legali dei ministeri
Nella mia esperienza di lavoro non ho mai letto un parere pro veritate le cui conclusioni fossero in contrasto con le esigenze di chi lo richiede. Il che, se accade tra soggetti privati in una causa privata, non nuoce al pubblico.
Ma non deve capitare che i custodi della certezza del diritto possano trasformarsi in manipolatori del diritto.
Terzo presidio.
La vicenda Saguto ci insegna che gli incarichi fiduciari sono criminogeni. I magistrati debbono interporre uno schermo tra sé e l’incaricato. Quando il magistrato ha bisogno di professionalità deve rivolgersi all’Ordine professionale di riferimento. Sarà questo ad indicare di volta in volta i professionisti e sarà questo ad assumersi la responsabilità di eventuali abusi.
Qualcuno mi domanderà :Ma tu vuoi dei magistrati santi?
No: La santità è un eccezione. La giustizia è la regola.

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